Nel tempo in cui viviamo è diventato estremamente necessario essere creativi. Infatti, sempre più sovente, per mantenere un’immagine di noi stessi sufficientemente buona, si avverte la necessità di possedere della creatività in ogni ambito, in qualsiasi momento della nostra vita, nello studio, nel lavoro, in ciò che indossiamo, nel tempo libero, nelle relazioni interpersonali, quando conversiamo con qualcuno, nella sessualità… Ogni giorno ci viene richiesta sempre più creatività, anche quando svolgiamo compiti lontani da ciò che il senso comune considera creativo.
Vediamo quali sono le ragioni di questo fenomeno e perché si è andato sempre più amplificando il quantum di creatività che viene richiesta per poter essere considerati, ma anche per sentirci adeguati, indipendentemente dagli ambiti e dai contesti di vita che ci troviamo a vivere.
In parte una spiegazione a tutto questo può essere ricondotta alla natura sempre più articolata del nostro quotidiano. Infatti ogni giorno siamo sempre più esposti a richieste sempre più impellenti perché si sappia far fronte all’imprevisto: tutto questo in tempi molto rapidi e di fronte a flussi ininterrotti di informazioni che amplificano continuamente il numero delle variabili da prendere in considerazione rendendo sempre più ristretto il margine di prevedibilità degli eventi. Anche se le teorie del caos e della complessità permettono di elaborarne affascinanti modelli matematici, dalla crescente complessità e imprevedibilità degli eventi quotidiani si originano vissuti d’ansia, che sempre più spesso accompagnano i nostri giorni sul lavoro come nel tempo libero e nella vita relazionale affettiva. Per far fronte all’imprevisto, ed evitare, o almeno contenere, l’ansia che l’accompagna, dobbiamo necessariamente essere creativi.
Mi sembra opportuno sottolineare il paradosso di questa “necessità” che risulta dalla crescente pressione socio-culturale che viene fatta alla creatività. Devi essere creativo, in quanto spinta conformistica all’anticonformismo, è infatti una classica ingiunzione paradossale alla quale è comunque impossibile rispondere adeguatamente. Infatti come posso essere creativo e soprattutto sentirmi tale, obbedendo a un comando?
Come si può sentirsi creativi, se la mia personalità deve esprimersi in ambiti, modi e tempi decisi dagli altri, predefiniti dalle esigenze di un apparato scientifico-tecnologico sempre più impersonale e disumanizzato? In secondo luogo, la natura paradossale dell’ingiunzione “devi essere più creativo”, nasce dall’applicazione di un pensiero quantitativo ad un fenomeno, la creatività, che si sottrae a qualsiasi misurabilità: come è possibile determinare quanto e in quali termini si è più o meno creativi?
Qual è l’unità di misura di riferimento? C’è commensurabilità tra il capolavoro di un grande artista e quella contenuta nel gioco di un bambino?
In conclusione, è bene ricordare che ingiunzioni paradossali ripetute, alle quali non sia possibile sottrarsi cambiando contesto, siano di per sé generatrici di sofferenza, e, a volte, concause di patologia. Alla natura paradossale di queste richieste si possono in parte ricondurre, i sempre più frequenti sentimenti di inadeguatezza personale e di disistima, che sperimentiamo ogni giorno nei vari ambiti del quotidiano.
Siamo di fronte ad un dilemma: per evitare l’ansia legata all’impossibilità di controllare eventi sempre più rapidi e complessi, si dovrebbe essere più creativi; ma se ci si sottomettesse allo sforzo di essere creativi, ci si troverebbe ancora di fronte al senso di inadeguatezza personale, quindi non si sarebbe mai creativi abbastanza.
Allora che si fa?
Come si individua quel quid che si sente venir meno davanti a questa esigenza?
A voi le risposte…
Maura Luperto