Home / Arte & Cultura  / Libri  / Il giorno muore lentamente

Il giorno muore lentamente

Siamo a Napoli, 8 dicembre, giorno dell’Immacolata. Una donna decide di fare una passeggiata nel centro cittadino per fare gli acquisti natalizi e assiste ad un incidente in cui è coinvolta una moto. Questo l’incipit della storia Nello stesso giorno, una donna, arriva al Residence Carratelli sul Vomero. L’albergo, dato il periodo, non ha altri ospiti, ma alla donna non sembra importare. Ha con sé due pesanti valigie e prende una stanza per vari giorni.

Il 16 dicembre in una zona degradata di Napoli inizia una serie di delitti inquietanti. Le vittime, tutte accoltellate, presentano mutilazioni che potrebbero essere interpretate come segnali che l’omicida lascia sui loro corpi per portare a termine, forse, una forma di vendetta atroce e spietata. Il commissario Buonocore e l’ispettrice Garzya iniziano un’indagine che li farà risalire ad un fatto accaduto nel passato, un 8 dicembre di anni prima, quando nel pronto soccorso di un ospedale di Napoli, qualcuno era morto per l’incuria dei presenti.

A metà strada tra un giallo e un trhiller, Il giorno muore lentamente ha tutte le carte in regola per potersi definire un libro scritto bene e la cosa non può stupire dato che il suo autore, Enrico Luceri, ha alle spalle un background professionale di tutto rispetto. Oltre ad avere pubblicato per la Mondadori numerosi romanzi e racconti, è anche autore di diversi saggi, articoli, e sceneggiature cinematografiche. Quest’ultimo tipo di esperienza risulta palese nel giallo in questione dove il ritmo narrativo subisce specie nella parte finale una consistente accelerazione nel succedersi incalzante di scene e avvenimenti. Ne forniamo qualche esempio:

La Garzya chiuse la comunicazione e schiacciò il clacson, mentre correva tra un’auto e l’altra. Se l’avesse fermata una volante si sarebbe qualificata  e avrebbe ordinato di accompagnarla subito con la macchina di servizio. Premette a fondo il pedale dell’acceleratore.

 Intanto in un’altra parte della città Boncore si attiva:

Vai a Secondigliano, Micheli’, e metti il lampeggiante e sirena. Abbiamo i minuti contati.

  • Tutta questa gente per strada e il buio. Speriamo di passare in mezzo al traffico. Siete certo che essa sta là?
  • Dobbiamo rischiare-

[…]Bonocore si aggrappò alla maniglia mentre macchia superava le auto che si accostavano al marciapiede, quando sentivano il miagolare ossessivo della sirena.

 E ancora più in là:

Lina Garzya aveva visto la macchina[…] scomparire in lontananza […] quando la vide all’improvviso fare testa coda. Parve rotolare oltre la careggiata e infine si schiantò contro un lampione. Il cofano si accartocciò nello schianto pauroso e l’auto sembrò rimbalzare sull’asfalto con un fragore assordante.

A scene di tensione di questo genere se ne avvicendano poi altre di forte suspense emotiva.

 Da questo punto di vista primeggiano quelle che si svolgono nel residence e nella parte finale del thriller.

Altri spunti di questo genere sono affidati anche alle riflessioni e ai comportamenti degli stessi personaggi.

Ecco una pagina che vede come protagonista il commissario Bonocore, personaggio di per sé introverso, sempre alle prese con qualche bastoncino di liquirizia, con la strana abitudine di disegnare i volti degli interrogati, ma soprattutto  pronto ad afferrare il filo di un fantomatico aquilone che gli si presenta ogni qualvolta sta per arrivare alla conclusione di una inchiesta e di questa in particolare:

Oppure…sì. vedo il filo dell’aquilone spuntare dal buio.[…] l’aquilone sparisce rapido com’era apparso. Finisco di fumare la mia sigaretta, lentamente. Mi piace questa parola: lentamente.[…] l’assassino è un boia che esegue una sentenza, pronto ad uscire di scena non appena compiuta la sua missione. Una missione lunga come un’intera giornata. Un giorno che ora muore lentamente.

Sullo sfondo una Napoli con tutte le sue ambiguità, che si mostra ora nella sua veste più splendida ora in una profondamente ostile e misteriosa.

[…] sulla collina del Vomero. Da cui si godeva una vista spettacolare della certosa di San Martino e di Castel Sant’Elmo

Il commissario si allontanò di qualche passo e diede un’occhiata in giro. Capannoni industriali con tetti di lamiera ondulata, pali sbilenchi che sostenevano a stento coperture di officine improvvisate. […] l’angolo di un muraglione crollato e i mattoni spaccati sul terreno sassoso.

Una storia che malgrado l’apparente trionfo del bene sul male, lascia nel lettore un sentimento di tristezza e di pietà non tanto per le vittime quanto per il carnefice.

E intanto il giorno muore lentamente.

“La prof” Maria Lucia Martinez