L’omicidio di un adolescente a poche centinaia di metri dal commissariato lancia la sfida al vicequestore Placido Tellurico, chiamato, ancora una volta, a stanare il male nascosto nella tranquilla cittadina di Termini Imerese. Seguendo il filo delle indagini, Tellurico si imbarca su una nave da crociera, dove la cantante Robertina Taormina celebra il sessantesimo anniversario della canzone “La danza delle anime”. Quando la risoluzione sembra essere vicina, la donna muore sul palco durante l’esibizione, forse per un arresto cardiaco. Tellurico però decide di indagare: la tragedia potrebbe far parte dello stesso disegno criminale che ha portato all’uccisione dell’adolescente nei giorni precedenti. Per Tellurico queste non saranno le uniche sfide da affrontare: l’incontro con la sua ex moglie Federica e quello con Angelica, la seducente nipote della cantante deceduta, lo metteranno a dura prova e accompagneranno la sua discesa negli antri più bui della condizione umana, dove gli spettri del passato e del presente emergeranno, come in una danza, dagli anfratti dell’anima.
Recensione
Umanità.
Se dovessi usare una sola parola per parlare de La danza delle anime, dei suoi protagonisti, della storie che si intrecciano creando la trama, sarebbe umanità.
Umano è il vicequestore Placido Tellurico – sull’ossimoro che incarna a partire dal suo nome si è già discusso –, alla sua seconda indagine di carta, dopo La tana del polpo (ne ho parlato qui un paio di anni fa).
Umano è il suo modo di indagare: non infallibile, non uno sbirro tutto d’un pezzo – anzi, gli anni alla Questura di Palermo, in cui era ‘u mazzolu, gli pesano sul cuore come un macigno –, ma innanzitutto un uomo che conosce la sofferenza e la fiuta a chilometri, un uomo che è caduto tante volte, altrettante si è rialzato e ancora cadrà ma che chiama per nome le vittime e rispetta il dolore di chi è rimasto.
La vicenda è di quelle che sconvolgono: l’omicidio di un ragazzino, già orfano di entrambi i genitori. Michele è poco più grande di Frida, la figlia di Tellurico, e questo rende ancora più duro ciò che è già inaccettabile e incomprensibile.
Placido indaga, forte dell’appoggio della sua squadra: i fedelissimi Salvu’ Lo Presti – lo sbirro più inutilmente colto della Polizia italiana –, Elvira Germanà, Lucia Schinà, Cirivello e il medico legale Rachele Caetani, a cui si aggiungono il collega Morani e il finanziere catanese Vicata. Tutti i regular sono caratterizzati con attenzione, dimostrando il lavoro che ha sostenuto la stesura, ma anche i personaggi che hanno un ruolo secondario e che incontriamo per la prima volta in questo episodio sono ben riconoscibili: il bengalese Ravi, la nonna di Michele, i vicini di casa.
A quella sull’omicidio di Michele, si affianca una seconda indagine, relativa alla morte della cantante Robertina Taormina.
A fare da sfondo – anzi, da sottofondo – al giallo, i versi della sua canzone, La danza delle anime:
L’amore che brucia o scalda o uccide.
un grido nel silenzio, il mio,
ancora ti chiedo. Ancora, mi dai
mi strappi dalla pelle il tempo,
sai di spezie, di sale bianco,
albe stropicciate, tramonti a piedi scalzi nella sabbia…
Devo confessare che, a un certo punto, mi sono convinta che la cantante e la canzone esistessero davvero, tanto che mi sono stupita quando googlando non ho trovato riscontro.
C’è poi un’altra protagonista che non possiamo trascurare: è Termini Imerese, scenario delle vicende narrate e entità viva e pulsante.
Lo so, starete pensando: l’ennesimo giallo ambientato in Sicilia. A parte il fatto che c’è una tradizione letteraria legata al genere in Sicilia e che la colonia di giallisti siciliani è in salute e mai uguale a sè stessa, la Sicilia che viene tratteggiata da Lupo è una terra deturpata dall’industrializzazione, sfruttata e offesa, non certo una Sicilia da cartolina e, proprio per questo, viene fuori ancora più forte e fiera.
Il contrasto tra la cupola in maiolica azzurra dell’Annunziata e lo scheletro dell’ex stabilimento Fiat diventa l’emblema di una città sospesa tra il passato e il futuro, tra la bellezza e il degrado, e tra le righe l’autore grida l’amore per la sua città e lo sdegno per l’incuria di cui è vittima.
La struttura del romanzo è complessa. Viaggiamo su tre piani temporali: la contemporaneità, in cui si svolge la duplice indagine ma anche la quotidianità di Tellurico, alle prese con la gestione della figlia adolescente e il ritorno non gradito dell’ex moglie Federica; brevi flashback, funzionali a ricostruire la back story di Placido, con particolare riferimento alla tragedia familiare che ne ha condizionato la vita; un passato lontano, narrato in prima da una voce che rimane misteriosa fino all’epilogo e che ha a che fare con La danza delle anime.
Come in ogni giallo che si rispetti, prima di arrivare alla verità, Tellurico sbatterà contro piste che sembrano attendibili salvo scoprire che non portano a niente; affronterà lo sconforto proprio e, ancora più difficile da sopportare, quello dei suoi uomini, ma, quando avrà tirato le fila dell’indagine e ricostruito come sono andate le cose, in realtà non sarà tutto finito.
Il giallo è metafora della vita: l’indagine, la vittima, il colpevole: la verità è lineare? La verità è giusta? No, non sempre lo è, anzi: il confine tra ciò che è eticamente giusto e ciò che lo è per la legge spesso è labile e il detective – e con lui, il lettore – chiudono la vicenda lasciando aperti interrogativi di natura morale.
Il vicequestore seguì il profilo di una nuvola che si muoveva più veloce delle altre, spinta da un vento lontano. Somigliava a un piccolo angelo con una tromba.
Fece un passo, sotto la pioggia.
Lasciò che l’acqua scorresse sui capelli e gli colasse sul viso, portando via un po’ di pensieri.
Poi, si diresse verso la Panda. Rallentò, fino a fermarsi.
Chiuse gli occhi.
Sorrise.
Ci sarebbe stata sempre una pioggia per cui non avrebbe avuto l’ombrello. Prima o poi, però, il sole sarebbe tornato.
A questo punto, tanto valeva bagnarsi.
La danza delle anime riporta il giallo a una dimensione intima e umana e a voi non resta altro che leggerlo.
Claudia Cocuzza