Giulia: Ciao a tutti! Benvenuti a questo nuovo appuntamento con la rubrica Piccoli Lettori… come me!
Argo: Ciao a tutti! Giulia, di cosa parliamo oggi?
Giulia: In questa settimana ho letto Il visconte dimezzato di Italo Calvino.
Argo: Wow, anche io l’ho letto! L’ho dovuto svolgere come compito per il canliceo.
Giulia: Ti è piaciuto?
Argo: Molto! Ho trovato il ritmo leggero e scorrevole, un ritmo da balletto, come lo definisce Calvino, e mi sono anche divertito a cogliere il doppio senso delle allegorie, figure retoriche per mezzo delle quali si esprime un altro significato, oltre a quello letterale.
Giulia: Esatto. Anch’io adoro le allegorie!
Argo: Insieme a questo racconto, ho letto anche Il barone rampante e Il cavaliere inesistente.
Giulia: Bravo! Lo sai che questi tre racconti formano una trilogia che prende il nome de I nostri antenati?
Argo: Dicci di più.
Giulia: I nostri antenati è stata scritta tra il 1952 e il 1959. Comprende tre storie allegoriche, tramite cui l’autore critica la situazione dell’uomo contemporaneo. Il nucleo delle storie è una situazione semplice e grottesca, collocata in un periodo storico del passato.
Argo: Calvino considerava la comicità come un aspetto fondamentale della sua narrativa. Ecco la sua opinione in proposito: Io credo che il divertire sia una funzione sociale, corrisponde alla mia morale; penso sempre al lettore che si deve sorbire tutte queste pagine, bisogna che si diverta, bisogna che abbia anche una gratificazione… Io penso che il divertimento sia una cosa seria. Puoi farci un esempio?
Giulia: Ne Il visconte dimezzato Medardo di Terralba, il protagonista, viene colpito in pieno petto da una palla di cannone, durante la guerra contro i Turchi, e diviso nettamente in due. Il visconte viene mutilato nel corpo e nell’animo: la parte destra, la prima a fare ritorno a Terralba, possiede tutte le caratteristiche negative di Medardo e si diverte a compiere crudeltà e misfatti; il lato sinistro, invece, è disumanamente buono.
Argo: Questa scissione di bene e male mi fa pensare a Lo strano caso del dottor Jekyll e il signor Hyde di Stevenson.
Giulia: Esatto. Ecco un commento di Cesare Cases tratto da Calvino e il «pathos» della distanza: …l’uomo è mutilato, e si tratta di ricomporlo, ciò che non può avvenire che nella favola. Ed ecco quella del «Visconte dimezzato, che però staccava l’esperienza della mutilazione dalle sue premesse reali e ne faceva un’astratta separazione tra bene e male, un simbolo che le belle pagine e i miracoli stilistici non potevano redimere dal suo carattere di luogo comune stevensoniano.
Argo: Che allegoria si cela dietro questo personaggio?
Giulia: Medardo incarna l’incompletezza innata di ogni uomo, la difficoltà nel realizzarci completamente.
Argo: Sono curioso, puoi leggerci la frase che ti è piaciuta di più? Sono sicuro che ce n’è una.
Giulia: Lasciamela cercare… ecco: …questo è il bene dell’esser dimezzato: il capire d’ogni persona e cosa al mondo la pena che ognuno ha per la propria incompletezza. Io ero intero e non capivo, e mi muovevo sordo e incomunicabile tra i dolori e le ferite seminati dovunque, là dove meno da intero uno osa credere.
Argo: Ne ero sicuro! Amici, vi lasciamo con questa stupenda citazione.
Giulia: Buona lettura!