Notte e giorno abbiamo le nostre pagine profilo virtuali perennemente intasate da battute divertenti e foto buffe, le quali riescono a strapparci un sorriso. Questa nuova forma di umorismo si chiama “Meme”, ed è un fenomeno che non riguarda solamente i giovani, ma tutti gli esseri umani nel mondo. Lo studioso Richard Dawkins è una delle figure di spicco tra i vari intellettuali moderni ed è uno dei più importanti esponenti della “memetica”.
La memetica è una protoscienza che si occupa di studiare il rapporto tra i “geni” dell’uomo e l’evoluzione delle varie forme dei meme. I meme (la quale pronuncia in inglese corrisponde a: mims) sono le varie modalità in cui la cultura viene trasmessa. Questa scienza si occupa quindi di trovare le correlazioni tra l’essere dell’uomo e il suo modo di diffondere la cultura. Chiarito questo punto, passiamo a parlare dei nostri meme. Essi iniziano a vivere grazie alla forma di comunicazione che caratterizza questi anni: Internet. Difatti si possono riconoscere come primi meme gli Smiley, evoluti poi nelle Emoji.
Ma il passo più importante per la diffusione dei meme è stato il lancio di Facebook nel 2009, che permette di poter chattare (e diciamolo in italiano: chiacchierare), ma anche di postare foto e poterle commentare. I primi meme famosi sono i cosiddetti “meme muti” cioè nient’altro che facce disegnate che racchiudono un concetto. Per esempio la Troll Face (Fig. 1) significa: guarda quanto sono intelligente, ti ho fregato (trollato)! Ma poi le cose si complicano e non basta più pubblicare solamente la foto di un’emozione, si sente il bisogno di mostrare più di una situazione in una sola immagine. Quindi: i meme iniziano a fondersi per poter raccontare una piccola storia divertente. Ulteriore evoluzione dei meme è quella a mo’ di fumetto. Difatti i creatori sentono il bisogno di poter aggiungere qualche dialogo alle loro scene. Si viene a creare così una nuova tipologia di meme, tant’è che quelli muti diventano desueti.
Questi “comic meme” riportano una serie di parole sia sopra che sotto l’immagine centrale della foto. Questa formula ha avuto un tale successo che resiste ancora senza perdere un filo di pressione. In linea di massima tutti i meme si compongono in questo modo: un’immagine accompagnata da un testo. Chiusa questa piccola parentesi storica, andiamo a vedere dal punto di vista sociologico che carica ricoprono i meme. Innanzitutto sono la più grande forma di democrazia. Se qualcuno si ponesse la domanda: “ma chi ha fatto questo meme?”, non avrebbe risposta. La caratteristica dei meme è che sono orfani totali. Non hanno né padre e né madre. Ed è proprio qui la loro forza.
Nessuno può chiedere dei diritti d’autore per il proprio lavoro memetico, di conseguenza il meme potrà essere preso in mano da qualcun altro e rielaborato a piacimento. Il meme riesce ad avere una lunga vita proprio per questo processo memetico: la stessa immagine/battuta è in continua evoluzione e ognuno può crearsi il proprio meme senza restrizione di ogni genere. I meme vengono comparati alle note musicali: ogni meme è una nota a sé, e, mischiandoli insieme, si può riuscire a creare sempre nuove sinfonie. Una pagina di meme userà per molti giorni lo stesso prodotto, modificandolo sempre un po’ di più ogni volta. Non bisogna però pensare che la vita dei meme sia infinita. Arrivati a un certo punto il meme inevitabilmente passerà di moda. Molti, per esempio, sono i meme costruiti sui politici di turno e, come nella vita reale, prima o poi si smetterà di parlare di loro. Esiste una specie di “cimitero” dei meme, non è un luogo fisico ma è quello forma di memetica chiamata “Dank Memes” nella quale per mostrare quanto il meme di turno sia passato di moda, lo si porta a un totale nonsense per “distruggerlo dall’interno”. (Fig. 2) Nella figura 2 è stata portata all’esasperazione il concetto di Troll Face, facendo diventare la battuta del tutto nonsense. Un’altra caratteristica dei meme è che riescono a diffondere cultura; questa caratteristica è propria del concetto di meme proposta da Dawkins. Come detto, i meme riportano anche fatti accaduti realmente, rielaborati per creare ilarità.
Ad esempio, la maggior parte dei giovani ora sa chi sia Giorgia Meloni, dato che il suo intervento alla Camera ha creato molto scalpore e i memers (coloro che producono meme anonimamente) non sono riusciti a trattenersi dal creare battute sull’avvenimento. (Fig. 3) Tipico dei meme è sfruttare riferimenti a vari prodotti pop, in questo caso Shining. Particolarità dei meme è che non sono esaustivi. Per questo spingeranno l’utente ad informarsi sui fatti accaduti per riuscire ad avere una comprensione migliore della battuta. Dei meme moderni quindi non ci si può lamentare.
Come un tempo si vendevano libri di barzellette su Totti, oggi abbiamo gratuitamente un catalogo infinito di battute e immagini divertenti, che fungono anche da funzione di testimoni dei vari momenti storici. È praticamente scontato che un Boomer (cioè le persone nate e cresciute durante il boom economico degli anni 60/70) non apprezzi questo metodo di comunicazione. I meme sono veloci, si adattano al loro mezzo di condivisione, internet. È molto probabile che una volta visto un meme in una determinata forma, non lo si rivedrà più. Può sembrare un mondo molto sfuggevole, e in realtà lo è. Il Boomer non apprezzerà questa tipologia di comicità perché nato e cresciuto in un diverso ambiente culturale ed è giusto così. Ogni generazione ha la propria forma di condivisione e comunicazione.
Per concludere, inventare meme è una cosa giusta e sana. È lo specchio della nostra cultura, che volente o nolente è questa. Creare meme ci fa sentire parte di una comunità, una comunità dove nessuno è padrone e tutti valgono qualcosa. Per chi volesse divertirsi esiste un sito, Know Your Meme, il quale racchiude tutti i meme usciti.
Matteo Abozzi