La pigrizia va combattuta, quindi la decisione è presa: domattina sveglia alle 6,00, rapida sciacquata al viso giusto per nascondere i segni del cuscino ormai stabilmente residenti sulle guance, pantaloncini, maglietta da combattimento, fantasmini ai piedi e mitiche scarpe da jogging, di quelle hi-tech. Costano uno stipendio, ma vuoi mettere come abbracciano il piede e come si adattano alla nostra postura? E la leggerezza dove la mettiamo, praticamente è come non averle e con loro non si corre: si veleggia sull’asfalto.
E ora a letto presto, così il necessario riposo farà da carburante per la performance mattutina.
Ore 6,00 parte la sveglia.
Ore 6,01: un occhio prova ad aprirsi mentre il cervello si chiede ma che è ‘sto rumore? Ma ci vuole meno di un secondo per ricordarsi della cretinata che abbiamo fatto, purtroppo è tardi per tornare indietro, sarebbe come barare facendo un solitario con le carte.
Ore 6,31: Il programma segue le direttive prese il giorno precedente e in poco più di mezzora siamo in strada. Abbozziamo una sorta di stretching e poi si va!
Fantastici i primi metri fatti col fresco del mattino, le favolose scarpe super tecnologiche non ci fanno neanche accorgere che l’asfalto è totalmente disastrato e pieno di piccoli, minuscoli sassolini ai quali piace tantissimo saltare e infilarsi a saetta dentro le scarpe posizionandosi in ben distinti punti del piede: metatarso (cioè la parte “piatta” subito prima delle dita) e tallone. Impossibile correre o anche camminare, siamo costretti a fermarci, togliere la scarpa hi-tech e far uscire una infinitesimale bastarda scheggiolina di asfalto.
Ore 6,45: scarpa rimessa e pronti a ripartire. Trenta secondi esatti e tutta la voglia è scomparsa. Ci guardiamo intorno. Soli. Siamo soli in mezzo alla strada. Ed ecco che la domanda della vita arriva come una frustata: ma chi accidenti me lo ha fatto fare? E subito dopo, senza aspettare una risposta, la situazione ci appare chiarissima: dobbiamo anche tornare a casa rifacendo la stessa strada. Da soli, ma proprio soli.
Ore 6,50: una modesta sequela di insulti diretti verso noi stessi ci ingombra il cervello.
Ah se ci fosse stato qualcuno con noi. Sarebbe stato un incentivo a proseguire, a vincere quella pigrizia che sta aleggiando fin da quando la sveglia ha detto: te la sei cercata, quindi muovi il sedere e vai.
Ma chi sarebbe venuto con noi? Un rapido esame dei vari amici che forse sarebbero disposti e il risultato è immediato: vacci da solo, noi ti penseremo!
Ma una soluzione c’è, altamente tecnologica ma c’è. Si chiama Ghost Pacer, praticamente sono occhiali “intelligenti” in grado di proiettare sulle lenti un compagno di corsa in 3D. Insomma un avatar che ci precede di qualche passo col ritmo che gli abbiamo impostato. Finalmente abbiamo il nostro allenatore “dedicato”, il nostro personal trainer fatto di elettroni. I Ghost Pacer – ci dice la rivista Focus – si collegano tramite app dedicate ai nostri smartphone e smartwacht, registrando tutti i dati relativi ad allenamenti e prestazioni. Resistono all’acqua e alla polvere e pesano qualcosa come 90 grammi inclusa la batteria, che garantisce sei ore di autonomia. Purtroppo non garantisce la nostra.
Ettore Collini