Viaggiando per lavoro, si dà spesso l’impressione di essere in perenne vacanza. Questa vita così glamour, tra aerei, hotel e ristoranti. È vero che l’opportunità di viaggiare per lavoro ti porta a conoscere moltissime realtà.
È altrettanto vero che la dinamica tra “viaggio di lavoro” e “vacanza” è come portare pantaloni stretti o pantaloni larghi. I primi fanno figo ma non vedi l’ora di toglierteli e tornare a casa, i secondi stai talmente bene che non te li toglieresti mai.
Il viaggio di lavoro comincia ogni settimana o due (secondo quanto si viaggi) con “alzatina” alle 3:30/4:00 del mattino, secondo la partenza e della nostra abitazione. Tu hai cercato di andare a letto presto, ma è impossibile.
Uno deve comunque vivere, quindi un po’ di divano e tv, poi vai a letto ma eccolo lì, il telefono. Metti la sveglia, gli ultimi messaggi, poi ancora messaggi e un ultimo messaggio che dice: “Adesso vado che mi sveglio fra tre ore”.
Ecco, ti sei fregato da solo. Mai guardare il cellulare quando ti devi svegliare a orari che io definisco “illegali”!
Ah, e se ti capita che sia domenica sera, c’è anche “una pizza veloce, perché devo alzarmi prestissimo”. Se sei giovane fai tutto un dritto e se hai superato l’età per farcela, dormi sempre le solite tre ore. Quindi, ti conviene uscire, almeno te la passi.
Quando un volo parte alle sette, sembra un buon orario (considerando l’arrivo in aeroporto almeno un’ora e mezza prima) e, come dicono spesso le mie amiche: “Essendo uomini, almeno mezz’oretta in più ve la dormite”.
Il treno parte all’alba e anche prima, soprattutto se da Venezia hai un meeting a Roma alle nove. Chi viaggia per lavoro non si preoccupa, tutto è già pronto dalla sera prima e il “look” è circa sempre lo stesso.
La mattina è più complicata per chi è portatore di lenti a contatto. L’occhio non vuole aprirsi e la rifiuta, ma tu sei disposto a mettere dentro tutto il dito pur di farla entrare.
Colazione non se ne parla, si berrà un caffè in stazione, all’aeroporto. Ultimi ritocchi e ti trovi lì, davanti allo specchio, che non avevi alcuna intenzione di consultare. Che faccia, dormito niente, occhi ancora chiusi, borse che si connettono alle guance. D’altra parte cosa pretendiamo a quell’ora.
Chi ha un viso bello e fresco alle quattro della mattina? Neppure se fai turni tutta la vita, ti abituerai mai a uscire dal letto di notte. Di notte si dorme o si fa festa. Dovrebbe essere una legge. Lo schiaffo finale ti arriva quando esci di casa, se la stagione è quella autunnale o invernale. Nebbia, pioggia e freddo. Ma che meraviglia la vita, ti dici in quei frangenti.
Io non sono una persona mattutina. Invidio (in senso buono) quelle persone che aprono gli occhi e sono come Cenerentola. Si alzano, stiracchiano, aprono le finestre e cantano con gli uccellini.
Si sciacquano il viso e, piroettando, si vestono. Hanno questo viso così felice e sereno quando bevono il caffè e pensano a tutte le splendide cose da fare nella giornata.
Io non so neanche chi sono quando mi sveglio. Ho almeno due sveglie e metto l’orario in anticipo, perché quando una suona, so che ho ancora dieci minuti. Mi sveglio e ancora devo aspettare due minuti. Se poi è inverno, chi esce lì fuori.
Almeno nel Sud della California o in qualsiasi posto temperato, questo trauma te lo risparmi.
Come quando ho lavorato ai Caraibi: ti svegli la mattina, esci, mare turchese, un tuffo, nuotatina, ti guardi intorno e, sapendo che torni più tardi, vai anche al lavoro (quasi) volentieri.
Che tu viva da solo o con qualcuno, le luci le tieni basse, nessuno è pronto a uscire dal tunnel a quell’ora. I miei movimenti sono lentissimi, non parlo (cosa molto strana), non sorrido e, che conosca o no l’ambiente (casa o albergo), il dito mignolo del piede finisce sempre per infilarsi in un angolo del letto o della cassettiera, separandosi brutalmente dalle altre dita per un attimo.
Tutto questo spiega perché io mi sia lavato i capelli con la “cannetta” da usare nel water, i denti con la crema per le emorroidi (no comment) e abbia fatto la doccia con i boxer addosso o usato il gel come crema per il viso.
“La mattina ha l’oro in bocca”. Forse la mattina ha l’alito pesante, dico io.
Per quanto sia, quando si è seduti vicini in treno o in aereo, l’alitata mattutina può arrivare. Se poi come colazione (ai tempi), veniva servita una buona pasta con i peperoni, allora era festa per “Nenè e l’alitosi”.
Mi ricordo un caro collega, che faceva parte di quella categoria di persone che ti parlano a un centimetro dalla faccia. Quanto piacevoli sono?! Da esercizio: “Il mio spazio, il tuo spazio”. Il problema si poneva quando oltre al centimetro, l’alito era quello del mattino (anche se, povero caro, c’era anche quello del pomeriggio e della sera). Pensare che fosse l’unico a rifiutare le mentine.
Quando il viaggio di lavoro comporta il cambio di fuso orario, la situazione si fa più complicata.
Sveglia alle tre o quattro, aereo, se riesci dormi bene quattro ore, atterri che sei nel pieno della giornata e a casa è ora di andare a dormire. Tu no, vai avanti.
Sei in coda all’immigrazione con il resto del mondo: esci e, se ti va bene, vai in hotel, doccia e meeting. Altrimenti, dopo esserti “sistemato” un po’, nel pulitissimo e profumatissimo bagno dell’aereo (che sappiamo dopo otto/dieci ore rappresentare l’emoticon della cacca), vai direttamente al lavoro.
Riesci a reggere se parli. Se invece ti siedono e devi ascoltare, le palpebre a un certo punto scenderanno, pesanti, cercheranno di conquistare il loro diritto a chiudersi. La battaglia è dura e sai che dovrai vincere tu, con gli occhi viola, i sudori freddi e quando ti chiedono: “Sarai anche stanco?” (e visibilmente si vede che non sei Pierce Brosnan in 007), tu dirai: “No, assolutamente, sto benissimo (e nello stesso tempo gli occhi si crepano di rosso e cadono)”.
Ho visto, negli anni, tutti i tipi di “delirio” da sveglia “illegale”.
Passaporti dimenticati, scambiati con quello della moglie (che però è a casa), fedi nuziali sparite dal dito, trolley a due ruote trascinati al contrario con le ruote che guardano il soffitto (mi sono sempre chiesto ma non ci si accorge che c’è un po’ di attrito?), macchine parcheggiate nei grandi garage e ritrovate dopo “mesi” di ricerca. Ho sentito persone chiedere un posto finestrino lato corridoio, se a Londra parlavano l’inglese (per capire se era come negli altri Paesi dove parlano inglese, solo un malinteso), se l’ascensore una volta andato giù poi tornava anche su. Tutto questo e molto altro è il sonno del mattino, spero.
Ogni viaggiatore, in questo periodo, ha un po’ di nostalgia.
Il viaggio attiva sempre una certa adrenalina: quando si viaggia troppo ci si vuole fermare, quando si è fermi da troppo tempo, il viaggio diventa un desiderio e una necessità.
Quanti equilibri in bilico in questo periodo, coppie che non si sono mai viste così spesso, single che a questo punto cercano di accoppiarsi, tanto prima o poi si tornerà a viaggiare come ai “bei” tempi e non ci si vedrà tutti i giorni.
Chissà se anche noi “non mattutini”, quel giorno, canteremo all’alba come Cenerentola, con gli uccellini.
Andrea Colombera