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“Scusa il francesismo” e altri “scivoloni”

Si dice una parolaccia e poi ci si scusa per il “francesismo”, termine ormai usato come sinonimo di “parolaccia”, ma è davvero così?

Nel vocabolario, “francesismo” sta a indicare una parola francese entrata in un’altra lingua nella sua forma originale. Un esempio può essere touché.

Usare “francesismo” come sinonimo di “parolaccia” è sostanzialmente sbagliato, salvo che non sia in forma ironica, poiché il francese è una lingua “dolce” e le parolacce non lo sono per niente. 

Oltre a “francesismo”, espropriato del suo vero significato, esistono altre parole o espressioni entrate a far parte dell’uso comune con una declinazione diversa da quella con la quale sono nate, e sarebbero corrette, o sono state concepite.

Un altro esempio? “Piuttosto che”.

“Piuttosto che” è sinonimo di “anziché”, eppure è usato al posto di “oppure”. 

Vogliamo parlare di “alibi”?

“Alibi” deriva dal latino e significa “altrove”. Ecco perché ai sospettati è richiesto il famoso “alibi”: non è come si pensa la “scusa”, bensì la richiesta di dimostrare che si trovavano in un altro luogo, un “altrove”.

A questo punto la domanda è: perché le parole vengono storpiate nel loro significato? Non c’è un solo motivo!

Può essere per “licenza poetica”, per ignoranza, per sentito dire.

E una volta scoperta come siano spesso “maltrattate”, bisogna diventare puntigliosi e correggere a tutto spiano? Non necessariamente. 

La lingua è un qualcosa in continua evoluzione: parole nuove, neologismi, è normale che ci siano. 

Con questo si deve eccedere al contrario e non correggere più nulla perché – beh – potrebbe trattarsi di “licenza poetica”? Nemmeno. 

Come per ogni cosa, c’è una via intermedia. 

La lingua varia per necessità, però è bene conoscere il significato delle parole che si stanno per storpiare. 

“Aeroplano” in origine era un neologismo, poi inserito nei vocabolari, alla cui base vi sono due parole greche che significano rispettivamente “aria” e “errante, vagante”. L’aeroplano è quindi un oggetto che “vaga in aria”. Una parola inventata che ha un senso, seppure ne prenda due diverse e in qualche modo le “storpi”.

Giacché in media stat virtus, che la fantasia si scateni sulle parole!

A patto che vi sia una certa, fondamentale, informazione di base.

Silvia Costanza Maglio