Wilhelm Reich viene considerato il padre della bioenergetica. La sua più grande intuizione fu quella di capire che nella nostra società cosiddetta “moderna” siamo tutti prigionieri di una corazza, che limita e a volte impedisce la nostra emotività, i nostri sentimenti e la nostra libera espressione.
Reich fu discepolo di Freud, scoprì che l’energia orgonica, che altro non è che l’energia vitale, può bloccarsi in alcune parti del corpo e diventare il punto in cui si verificano tensioni e conflitti emotivi. L’insieme di queste tensioni forma una corazza muscolare caratteriale che, con il tempo, diventa un impedimento al raggiungimento della propria identità e della piena creatività. Questo perché il cronicizzarsi della tensione muscolare si accompagna ad un indurimento del carattere, limitando la comunicabilità, l’amore e la percezione del piacere.
Questa corazza che cresce attorno noi nel corso della vita, in conseguenza agli stati tensivi che si accumulano, difficilmente si può scrollare di dosso, anzi qualcuno non si accorge neppure di averla. Allora Reich, per aiutare chi vuole liberarsi dal peso della corazza e riconquistare se stesso, mise a punto quella che venne in seguito chiamata Analisi Bioenergetica.
L’Analisi Bioenergetica utilizza vari approcci terapeutici, dalla posizione allungata al massaggio, dalla possibilità di gridare all’impiego di forti pressioni. Ma la tecnica primaria è centrata sulla respirazione. Con un uso combinato della respirazione e dell’interpretazione analitica delle pulsioni e delle resistenze si arriva a realizzare contemporaneamente la presa di coscienza e l’analisi del carattere. Una respirazione profonda può provocare spontaneamente ricordi traumatici, modificando i meccanismi di difesa del corpo e della psiche.
La presa di coscienza di questi traumi, risolve il blocco del corpo. Infatti, le tensioni muscolari della corazza rappresentano le emozioni provocate, ma non espresse. Attraverso la respirazione, il nostro corpo assorbe l’ossigeno necessario ad alimentare le energie di cui abbiamo bisogno. Quando veniamo alla luce non abbiamo coscienza del respiro, lo facciamo spontaneamente nel modo più libero e gratificante possibile.
Nel corso della crescita però, l’educazione e le esigenze sociali ci costringono a conformarci a dei modelli di comportamento che implicano anche l’alterazione della respirazione naturale, a causa delle tensioni muscolari croniche che si sviluppano dai conflitti muscolari. Per fare un esempio: non riuscire a respirare pienamente può dipendere dalla paura di scoppiare a piangere lasciandosi andare alle proprie emozioni.
Lo schema di respirazione rilassata, al momento dell’inspirazione procede secondo due direzioni, in basso e in fuori: il diaframma si contrae e si abbassa permettendo ai polmoni di espandersi e gonfiarsi spingendo l’aria verso il basso e così l’addome si allarga con un movimento verso l’esterno. In questo modo si incamera il massimo di aria con il minimo sforzo.
Questo tipo di respirazione spontanea è salutare, è un’azione che coinvolge tutti i muscoli del corpo; in particolare sono interessati i muscoli pelvici, che ruotano leggermente all’indietro verso il basso, durante l’inspirazione per allargare la pancia, per poi ruotare in avanti, verso l’alto, durante l’espirazione per diminuire la cavità addominale. I movimenti respiratori possono essere immaginati come delle onde: l’ondata inspiratoria comincia profondamente nelle pelvi e fluisce verso l’alto fino alla bocca, e mentre avanza nel corpo, l’addome, il torace e la gola si espandono per accogliere l’aria.
In molte persone, tuttavia , la gola è fortemente contratta e impedisce l’espressione dei sentimenti che si possono manifestare con pianto e grida. Per questo talvolta riuscire a piangere sblocca la tensione nella gola lasciando arrivare più liberamente l’aria al ventre, l’espirazione provoca il rilassamento di tutto il corpo.
L’onda espiratoria incomincia dalla bocca e fluisce verso il basso, raggiungendo la pelvi che si muove in avanti dolcemente.
Chi ha paura di lasciarsi andare completamente, e persino anche dopo un’espirazione forzata, tratterrà ancora un po’ d’aria nel petto. Questo fenomeno è una difesa contro la paura di non essere capace di immettere abbastanza aria e di dover quindi soccombere.
Una persona in queste condizioni, costretta lasciar andare completamente l’aria, reagirà con panico, inspirando subito per riempire nuovamente il petto e acquistare una riserva d’aria di sicurezza. Le persone che hanno paura di prendere contatto con la realtà, hanno difficoltà a inspirare e, se aprono la gola per un respiro profondo, si sentono terrorizzate.
Poi c’è un altro modo di respirare quando il bisogno di ossigeno si fa più urgente, come ad esempio, in molte attività faticose. In questo caso sono impiegati i muscoli del torace e quindi nella respirazione è coinvolto il petto. In alcune persone quando il petto si espande per l’inspirazione, la pancia viene come inghiottita all’interno e questo produce un grave disagio perché il movimento verso il basso dei polmoni si blocca.
È il tipico respiro piatto e poco profondo in cui il petto si irrigidisce e la pancia si contrae. In questo modo è possibile controllare lacrime e singhiozzi, è la tipica sensazione che esprimiamo quando diciamo di “aver un nodo allo stomaco“.
Respirare poi è fondamentale nell’emissione della voce, che molti, educati fin da piccoli a non disturbare, soffocano in sé, producendo una forte chiusura della gola e limitando seriamente il respiro. Per questo motivo durante la terapia bioenergetica si incoraggiano le persone a lasciar andare il suono della voce mentre si effettuano gli esercizi di respirazione.
La libera emissioni del suono diminuisce sia lo stress che il dolore.
Maura Luperto