Amicizia, coraggio, paure sono i protagonisti di questo romanzo di formazione.
È finita la scuola e si respira aria di vacanza.
La voce narrante è quella di un bambino di 10 anni che ci trasporta negli anni ’70. A breve raggiungerà la casa della nonna sulla riviera romagnola per trascorrere i mesi estivi al mare, dal momento che i suoi genitori, come ogni anno, si recheranno in Brasile per questioni di lavoro.
Christian è il suo migliore amico, e proviene da un contesto più disagiato.
«Noi comunque il portinaio non ce lo abbiamo. Mio padre dice che i portinai stanno nelle case dei borghesi. Tu ti consideri un borghese?»
«Non lo so» risposi.
Christian è anche un irresistibile cicciottello che soffre il complesso del suo sovrappeso ma soprattutto adesso, che è arrivata l’estate, sta vivendo un dramma: i suoi genitori vogliono mandarlo in colonia.
Il nostro protagonista, decide di salvare l’amico e convince i suoi genitori a portarlo con sé.
“Mia madre mi interruppe obiettando che al mare avevo già tanti amici.
«Sì, però Christian è il mio migliore amico, abbiamo la stessa mentalità…» spiegai «con lui mi trovo meglio che con tutti gli altri»”.
Quindi, ottenuto il permesso da entrambe le famiglie dei due bambini, la storia si trasforma in una meravigliosa avventura al mare alla quale si aggiungeranno nuovi amici: Sabina, Rin Tin Tin, e la misteriosa Igeia.
Il Bagno 86, le onde e il canotto, notti insonni a parlare dalla finestra, corse in go kart e soprattutto l’attesa del bagno, dopo lo spuntino, quando era necessario aspettare la digestione.
«A che ora fate il bagno?» Urlò lei. «Io ho finito di mangiare all’una e trentuno»
Rispose mia nonna dicendo che potevamo fare il bagno alle quattro e mezza.
«Io alle quattro e trentuno» rispose Sabina. «Devo far passare tre ore. Ho finito all’una e trentuno».
Ringrazio Matteo Materazzo perché, come in un viaggio nel tempo, mi ha fatto ricordare di quei preziosi minuti prima del tuffo, perché in fondo è questa la magia delle storie.
Perché i suoi personaggi, più di una volta, mi hanno inondato di tenerezza e strappato un sorriso.
Perché, con un lirismo delicato, mi ha riportato a un tempo in cui non c’era internet, né web, né ipod; in un tempo in cui bastava solo l’immaginazione per fantasticare su nuove missioni spaziali, un tempo in cui anche il mio unico pensiero era trovare un nuovo membro per l’equipaggio dell’Apollo 19, un amico in più che fosse capace di pilotare il modulo di comando consentendo al resto della comitiva di sbarcare sulla luna per tuffarsi infine in un Mare di tranquillità.
Maria Elisa Aloisi