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Il mito della “Stanza”

Cosa succede se per qualche incidente mistico Platone inciampa nella mente di Kafka? La risposta è: “La Stanza” di Jonas Karlsson.

Il libro già si presenta atipico solo nell’estetica. Due colori sono a predominare: un accecante bianco in lotta con un forte arancione. I bordi delle pagine non sono bianchi come al solito, ma in questo caso è l’arancione ad averla vinta.

Sfogliando il libro si ha lo stesso effetto che si prova sfogliando “Seta” di Alessandro Baricco. Testo breve, con capitoli brevi.

Entrando nel merito del racconto.

Noi odiamo il protagonista. Poi lo rispettiamo, comprendendolo. Poi lo difendiamo anche se, nel profondo, sappiamo che è una causa persa.

Quando il protagonista viene sconfitto ci dispiace. Ci sentiamo male. Ma non perché l’uomo ha perso la sua battaglia, ma perché l’individualità umana non ha più possibilità di poter esistere. E questo lo sottolinea anche il fatto che il nome dello sventurato attore principale non ci è dato saperlo per molte pagine. Alla fine viene dato come un’informazione aggiuntiva, inutile per la comprensione del testo.

Per chi volesse prendere tra le mani il libro consiglio di lasciare a questo punto l’articolo, poiché da questo momento in poi cercheremo di parlare più nel dettaglio, trattando la storia liberamente… insomma facendo spoiler!

Bjorn, nome del protagonista, è un personaggio al 100% kafkiano. Non c’è dubbio. Ovvero è una di quelle persone che fa coincidere il suo lavoro con la sua essenza. Farebbe di tutto per portare a termine i suoi incarichi ed essere una persona di rispetto collocata in una società. Ma qualcosa fa scuotere questo palazzo di vetro.

Bjorn viene assunto in un’azienda, anche di essa non sappiamo bene di cosa si tratti e, da bravo scalatore sociale, vuole puntare a spiccare tra gli altri pigri e perditempo lavoratori. Bjorn è come una macchina: ha il numero di minuti contati per le pause e ha degli orari prestabiliti da se stesso per poter andare al bagno. Durante un giorno di lavoro, mentre è alla ricerca di una fotocopiatrice, Bjorn entra dentro una stanza. Una stanza geometricamente perfetta, dove tutto è in ordine. Il locus amoenus di Bjorn, dove passa le sue pause pranzo a riflettere e rilassarsi. Inoltre, inizia a essere notato dai piani alti e viene indicato come il migliore dell’azienda anzi, come l’uomo che la sta salvando dal fallimento.

La realtà è che la stanza non esiste e che Bjorn rimane in piedi a fissare un muro tra il bagno e l’ascensore. I colleghi si lamentano e lo vogliono cacciare fuori.

Ed è qui che lo spirito kafkiano inizia ad abbandonare il corpo di Bjorn.

Si stipula un accordo: Bjorn può rimanere, a patto che non “entri” più in quella “stanza”.

Ma Bjorn non resiste e anche se potrebbe costargli il posto di lavoro, continua ad aprire la porta. Ha trovato il piacere e non lo vuole abbandonare. Lo stesso piacere che lo rende una persona migliore e più efficiente nel proprio lavoro.

Questo è il fulcro centrale della storia:

Anche se questa stanza renda Bjorn una persona migliore, i colleghi non lo vogliono tra i piedi.

Ma Bjorn non fa altro che fissare il muro. Non fa del male a nessuno. Non intralcia nessuno. E, anzi, il suo lavoro è migliore.

Comunque il pazzo deve essere buttato fuori dall’azienda.

Ed è infatti così che si conclude la storia.

Bjorn si ritrova per strada. Estraniato e impaurito. Senza un da farsi. Senza la sua stanza.

Traducendo: Si ritrova senza la sua individualità.

Indichiamo l’insieme dei colleghi di lavoro con “massa”. In questo caso la massa ha voluto eliminare un comportamento non conforme ai modi di fare, pur eliminando l’unico uomo in grado di poter salvare la massa stessa.

Il fatto che Bjorn rimanesse imbambolato a fissare il muro per minuti era un comportamento così “stupido”, da dover essere eliminato a ciascun costo.

Leggendo questo libro si ha tra le mani uno dei problemi più grandi dell’umanità, ovvero quello della contraddizione. Che viene sorretta da molti altri problemi come la stupidità e l’alienazione del lavoro.

Bjorn aveva trovato una personale uscita dalla caverna, ma visto che non era un’uscita convenzionale è stata sbarrata e distrutta.

Matteo Abozzi

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