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Inland Empire: schiavi del Cristianesimo

Nel 2006 esce nelle sale un film che sconvolge tutti quanti: INLAND EMPIRE di David Lynch.

Lynch sarà probabilmente uno dei registi che più verrà ricordato della nostra epoca. Il Padre di Eraserhead, the Elephant Man, Strade Perdute, Twin Peaks e Mulholland Drive  – solo per citarne alcuni – si è sempre divertito a sfruttare al massimo il mezzo cinematografico, facendo sempre qualcosa di più oltre che a raccontare una semplice storia. I suoi controversi lavori non hanno vie di mezzo, o vengono odiati o amati alla follia. In molti optano per la prima opzione: puntano il dito contro Lynch accusandolo di girare film senza senso, inconcludenti e molto noiosi. Mai ci fu regista più spartiacque di questo.

La maggior parte delle persone non riesce a sopportare i film di Lynch; cerchiamo di abbozzare una giustificazione.

Intraprendiamo una terapia d’urto: riferiamoci al film più “complesso” di Lynch, ovvero INLAND EMPIRE. Saltiamo la trama, la quale serve solo per dare l’avvio alle vicende del film, giusto un pretesto che spinge per inerzia il resto della pellicola. Vi basta solo sapere che la protagonista è un’attrice la quale riesce a guadagnare una “rischiosa” parte in un remake di un film. La poverina si ritroverà nei meandri di un labirinto inestricabile: tra persone travestite da conigli, tizi che spuntano da dietro gli alberi con una lampadina in bocca, lunghi monologhi fuori luogo e salti spazio-temporali incomprensibili. Lo spettatore è traghettato in una sequela di immagini a bassa definizione senza la cognizione di un dove e di un quando. L’unico punto fermo sembra essere la protagonista, che però nel corso del film, cambia personalità e persona. È difficile parlare di INLAND EMPIRE, proprio perché è al 100% figlio dell’arte cinematografica. Sfrutta tutti i cavilli tecnici e artistici della settima arte per portare quella che è l’apoteosi del cinema.

Chiunque non avesse visto il film ma avesse letto queste parole, ci rimarrebbe sicuramente di sasso nonché giudicherebbe questo film inguardabile. Persino chi l’ha visto lo giudica inguardabile. L’aspetto che più salta agli occhi è il fatto di non star capendo la storia che viene raccontata. C’è un viaggio dell’eroe? È solo una rapsodia di “cose” a caso? In sostanza il problema più evidente è quello della narrazione. Del tempo. E qui ci colleghiamo al Cristianesimo.

Nel 1949 un filosofo ebreo, Karl Löwith, pubblicò il libro “Significato e Fine della Storia”. L’ipotesi che afferma il pensatore è quella della secolarizzazione del pensiero ebraico-cristiano: noi uomini moderni siamo intrappolati nella tradizione biblica, soprattutto per quanto riguarda l’interpretazione dello svolgersi del tempo. La Bibbia propone uno schema verticale: noi siamo uomini mortali, sporchi del peccato; ma su c’è una Civitas Dei, ovvero la salvezza, Dio. Nel tempo questo schema è diventato orizzontale, ovvero noi uomini non vediamo più la salvezza in su, ma in avanti. Il futuro è il luogo delle nostre speranze.

In sostanza siamo bloccati mentalmente nel ritenere che il susseguirsi degli eventi si svolga in modo razionale, ovvero in modo storico. Ci deve essere un rapporto di causa-effetto.

Löwith e Lynch vogliono smascherare questa visione.

Lynch vuole narrare… uno storia? No. Lynch probabilmente non vuole neanche narrare. Lynch ci pone di fronte ad un Insensato. Ci destabilizza. Lynch è molto più “greco” che “cristiano”, così come Löwith, l’inizio e la fine non vogliono dire nulla, non ci sono. Tant’è che il regista non aveva una sceneggiatura per il film; giorno per giorno girava ciò che gli passava per la mente, o ciò che aveva sognato durante la notte. Lynch nuota del subconscio, il quale, seguendo Lacan, ci spaventa. È un luogo senza regole. Senza tempo. Un mondo di istinti. È un sogno ad occhi lucidi, con un mondo latente ineffabile.

Lynch ci disturba perché è pura Arte.

L’arte non è godere di qualcosa. Arte è sentirsi male. Essere schiaffeggiati davanti a tutti.

Ma la nostra struttura cristiana ci impedisce di entrare nel mondo del Chaos.

Il modo più corretto per guardare INLAND EMPIRE è senza commentarlo. Sorbendolo. Rendendoci schiavi del film.

Senza cercare una continuità. Senza correre su internet a cercare: “Qual è il significato di INLAND EMPIRE?!?!?!?!?”

Accettiamo di non avere potere. Non facciamo lo stesso errore del protagonista di “Delitto e Castigo”: anche se tutto sembra razionale, alla fine quasi niente lo è.

Lynch esce dalla caverna della perfezione e vede l’Insensato. Ce lo mostra ma noi siamo più attratti dalle perfette e sistematiche figure proiettate sul muro della caverna.

Accettate il Chaos.

Matteo Abozzi