Il delitto delle cartoline è il primo racconto che compone la raccolta. Il protagonista è un giovane scrittore e per narrare la storia scegli la prima persona. Come mai, quanto c’è di autobiografico?
La narrazione in prima persona è una scelta particolare, molto gettonata tra gli autori esordienti, e non è un caso che il protagonista de “Il delitto delle cartoline” sia proprio un aspirante scrittore. Tale tecnica permette l’immediatezza del racconto ma a patto che il protagonista sia interessante e le sue azioni coinvolgenti. “Il delitto delle cartoline” potrebbe definirsi un esperimento quasi meta letterario, nel quale allo stesso tempo ho cercato di inserire qualche pillola di narratologia, sottolineando i desideri del protagonista, la sua trasformazione nell’arco della storia e soprattutto l’idea di base della narrazione stessa, ovvero l’importanza della storia nella letteratura di genere. Vincenzo Cantone, il protagonista, vorrebbe scrivere un romanzo di assoluto livello ma difetta di ispirazione; allo stesso tempo, però, non si azzarderebbe mai di scrivere un solo rigo senza aver prima trovato la sua storia da raccontare. Ecco, ritengo che la scrittura sia uno strumento, un po’ come il fiato per un trombettista. Scrivere senza possedere una storia e sperare di trovarla in seguito è un atto onanistico. Posso confermare che io e Vincenzo abbiamo molto in comune: il percorso di studi, la passione per i grandi autori siciliani, l’amore per la propria città. È un personaggio al quale sono affezionato e che spero di utilizzare in futuro in altre storie.
Nelle tue storie spesso si rinviene un originale connubio tra delitto e mito. Come è nata questa ispirazione?
Bufalino, ne “La luce e il lutto”, sosteneva che la Sicilia è la terra in cui le leggende fioriscono sulle labbra in un’aria di mito, consigliando i visitatori di camminare con un vocabolario greco in tasca perché “potreste incontrare, emersa dalle acque e vogliosa di scambiare due chiacchere, Afrodite Anadiomene”. Ed è proprio vero, la Sicilia è la terra del mito. L’Isola vanta una tradizione millenaria, fatta di popoli, culture e dominazioni. Al suo mare, alla sua terra, alla sua natura, sono legati racconti del passato, antichi e fantastici, che ne raccontano la bellezza e le peculiarità. Le leggende di Sicilia rappresentano un patrimonio prezioso, da tramandare e fare conoscere, ma anche uno strumento per comprendere l’essenza multiforme di questa “Isola plurale”. Ho provato a narrare alcune di queste leggende a modo mio, ovvero attraverso delle indagini poliziesche “sui generis”. Ne cito soltanto una, quella della mia città, il mito ovidiano di Aci e Galatea, una delle più belle storie d’amore della mitologia, un sentimento che scorre ancora oggi fino al mare. Scriverci un racconto è stato per me davvero emozionante
Oltre che scrittore fai parte del collettivo di Sicilia Niura, descrivi ai nostri lettori un po’ il progetto e raccontaci cosa avete in mente per il futuro?
Riconoscersi in una idea comune, seguire una passione, affinare la tecnica narrativa attraverso lo scambio, è sempre stato per me qualcosa di fondamentale. Proprio da un collettivo, i Mama Sabot, è emerso uno degli scrittori più talentuosi che io conosca, Piergiorgio Pulixi. Allora è successo che nel marzo 2020, a Catania, è nato il collettivo SiciliaNiura, composto da me, Sebastiano Ambra, Gaudenzio Schillaci e Alberto Minnella. Quattro penne tutte siciliane, legate da una sincera e autentica amicizia e dall’amore viscerale e condiviso per la letteratura noir e per la propria terra. Il passo successivo è stato quello di fondare l’omonima collana editoriale all’interno della casa editrice Algra. Il nostro obiettivo è di poter coinvolgere quanti più bravi scrittori (siciliani e non) volessero raccontare la Sicilia attraverso le trame del giallo. “Effetti Collaterali” rappresenta la prima uscita della collana e questo per me è fonte di grande orgoglio, con l’augurio che possa essere la prima di una lunga serie di successi targati “Sicilia Niura”. Inoltre abbiamo in cantiere un progetto importantissimo, che a tempo debito sveleremo.
I tuoi racconti sono intrisi di sicilianità e spesso le tue storie sono impreziosite da citazioni che fanno parte del nostro patrimonio letterario. Facciamo un gioco. Giovanni Verga ti invita a mangiare una granita e brioche. Puoi fargli una domanda: qual è?
Beh, intanto lo avrei voluto incontrare a Catania durante i suoi ultimi anni di vita, quelli del ritorno in Sicilia e della rinuncia letteraria. Proprio lì, immersi nella “muddura” tutta meridionale, tra le strade e le piazze da sempre familiari, gli avrei chiesto se nonostante tutto si sentisse ancora un siciliano di mare aperto. Perché dentro il Verga continentale, l’uomo di mare aperto, si annidava inesorabile il siciliano di scoglio, e con esso la perenne illusione di aver preso il mare credendo di sottrarsi all’istinto che rende i siciliani “isole a sé”.
Cosa bolle in pentola? Hai già in mente qualche nuova storia?
Ho in mente una storia molto particolare, una indagine acese da affidare all’ispettore Traversa, ma per scriverla ho bisogno di studiare, di leggere, di affinare le mie capacità narrative. Insomma, ho bisogno di tempo. Nel frattempo parteciperò a una antologia di racconti gialli siciliani che verrà pubblicata da Delòs Digital, assieme a tanti autori bravi, tra i quali i ragazzi del collettivo. Il curatore sarà Roberto Mistretta, uno degli scrittori che apprezzo maggiormente, e lo ringrazio di cuore per avermi preso in considerazione.
Rosario Russo (1986) è uno scrittore siciliano che vive e lavora ad Acireale. Laureato in Lettere e Filosofia e appassionato di Storia, ha conseguito successi in numerosi premi letterari, presentando racconti di vario genere. Nel 2012 ha esordito con Il Martirio del Bagolaro, romanzo storico ambientato ad Acireale nel 1862. Il poliziesco Quattordici spine è il suo secondo romanzo.