Inizio il commento al bel romanzo di Lidia Del Gaudio partendo dalle ultime pagine, dov’è riportato il Cinegiornale LUCE del 5 maggio 1938.
Sembra di sentire la voce impostata che racconta la visita del Führer a Napoli, con il Re Imperatore e il Duce pronti a mettere in scena la potenza della marina militare italiana.
Così si presenta la città al capitano Sorrentino, ma non basta l’atmosfera gioiosa che prelude il grande evento politico, né la festosa accoglienza del vicebrigadiere De Gennaro, a rendere meno penoso il ritorno nei luoghi dai quali Sorrentino si è allontanato, nel tentativo di dimenticare un periodo doloroso della sua vita.
Lidia Del Gaudio è molto brava a descrivere lo stato d’animo del commissario. Passeggiando con lui ritroviamo l’atmosfera autentica della città, indifferente, se non infastidita, dalla scenografia preparata dal regime per suscitare l’ammirazione dell’alleato tedesco. Questo contrasto tra la finta Napoli inondata di striscioni con le svastiche e la Napoli vera, che continua la sua solita vita, è sempre presente nelle pagine e aggiunge al dramma privato dei protagonisti, il preludio al futuro dramma collettivo.
In Questura c’è il colonnello Massari, ansioso di affidare a Sorrentino l’indagine riguardante un triplice omicidio. Il caso si presenta complesso e delicato: le vittime sono tre donne, vittime di un rituale misterioso, che nulla sembra avere a che fare con la loro vita tranquilla e anonima.
L’autrice cattura il lettore alternando le varie fasi dell’indagine alle vicende private del commissario, personaggio nei confronti del quale si prova un’immediata empatia.
Il romanzo, perfettamente inserito nel genere al quale appartiene, è sapientemente arricchito dalla ricostruzione accurata dell’atmosfera di una Napoli già segnata dalla consapevolezza dei ciò che l’attende. La città è descritta con la precisione di chi la conosce e l’attenzione di che la ama. I personaggi, descritti sempre con uno sguardo benevolo, sono scelti sia per rendere avvincente la trama, sia per ricreare le atmosfere a cui ci hanno abituati i grandi scrittori napoletani, da Eduardo alla Ortese, da Marotta a Rea.
Nel romanzo di Lidia Del Gaudio c’è molto di più delle vicende narrate, c’è la metafora della condizione umana, sempre in bilico tra dolore e speranza, giustizia e sopruso.
Renata Stoisa