Il 16 luglio apro gli occhi e il primo pensiero è: scappo in libreria.
E mio marito mi fa: «Scusa, ma che fretta c’è? Siamo in Italia, mica è l’ultimo iPhone!»
Eppure la sera mi collego a Facebook e sono inondata dalle vostre foto di Riccardino.
E sono felice come quando ci si sente in buona compagnia.
Detto questo, guardo il mio di Riccardino, è sul comodino e torreggia dall’alto di una pila di libri.
«Che faccio lo leggo subito?» mi dico.
«No, aspetto un po’…»
«Anzi, no… va bene, lo leggo va…»
Apro il libro, scorro le prime righe, sarà il mio ultimo viaggio a Vigata.
E arrivo a Marinella.
«Salvo che fu?» gli domando «Mi pari nanticchia strammatu.»
Mugugna.
Hanno ammazzato Riccardino.
Ma non voglio parlarvi di questo, perché Riccardino non è solo un romanzo, Riccardino è una sfida.
E cosa fa Andrea Camilleri?
Entra dentro le pagine del libro e diventa personaggio:
… ma il divertimento finì appena che squillò il tilefono e Caterella parlò.
«Dottori, c’è il profissori e autori, quello che abita a Roma, che ci voli parlare di pirsona pirsonalmenti.»
[…]
«Passamillo.»
«Montalbà, tu non me la conti giusta» esordì il profissori.
[…]
«Perché?»
«[…] Stai facenno ‘n modo che i miei lettori pensino che non ci sto chiù con la testa? Che mi sono completamente rincoglionito? Il che è pericolosamente verosimile, dato che tra qualche mese faccio ottanta anni.»
«Congratulazioni e auguri. Senti sono in ufficio e ho da fare […]. Mi fai il piacere di essere più chiaro?»
«Sarò chiarissimo. Mi stai facenno scriviri sulla storia di Riccardino un romanzo di merda.»
È una gara Riccardino, una gara tra lo scrittore e il suo personaggio.
E credo sia questo il senso del dipinto in copertina… scoprire chi è il pupo e chi il puparo.
È un lungo addio Riccardino, un addio che non avrei voluto leggere, non ancora.
Un saluto malinconico per noi lettori.
Grazie, Maestro.
Maria Elisa Aloisi