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Una task force per De Donno

Giuseppe De Donno in questi giorni mi ricorda molto Bono Vox degli U2, la band irlandese bersagliata dai media e dai fan. Oppure David Bowie, Elvis, Red Hot, Beatles. Ai tempi in cui se avessero potuto oscurarli, l’avrebbero fatto in molti. Godendoci pure. E ci hanno anche provato. Ma quando una cosa funziona, la gente se ne frega degli opinion leader. Perché una testa ce l’ha.

Così suo malgrado, molto suo malgrado, Giuseppe De Donno è diventato la rockstar del plasma iperimmune.

Da schivo medico di campagna, “ha dovuto prostituirsi alle televisioni” per far conoscere alle persone che una cura efficace al Covid-19 c’è, il suo concetto è vecchio come il mondo, o quasi, ma il protocollo studiato tra Pavia e Mantova (considerato che dai tempi della Spagnola un po’ di anni son passati) è molto efficace. Più efficace di altri. Soprattutto, si è messo il plasma in spalla e lo ha portato alla luce prima che finisse in cantina, sepolto nel silenzio assordante dell’indifferenza invidiosa e incattivita.

Ruggero Peretti, Giuseppe De Donno, Cesare Tapparo, Mirka Morandi

Perché un medico che “predica” l’universalità e la gratuità della cura disturba. Eccome se disturba.

Tra la corsa al vaccino e il plasma sintetico, questo dottor De Donno si collocava proprio male. Avete presente il sassolino nella scarpa? Peggio. In più, stava raccogliendo consensi come se piovesse. E chiamate dal Brasile, dalla Svizzera e chi più ne ha, più ne metta. Nel frattempo, il suo Paese un tantino lo ignorava, diciamocelo. Finché un giorno, nientemeno che il presidente della Repubblica intercede, affinché venga effettuata la cura compassionevole al plasma a un uomo che speranze ne ha proprio poche. E l’uomo guarisce. In qualsiasi altro posto del mondo, si sarebbe scatenato l’inferno mediatico. Tranne qui.

Lo sport nazionale diventa quello di trovargli dei difetti. Che, detta tra noi, a me chi vota De Donno, interessa proprio poco, lui salva vite.

Se non sei abituato, però, nelle montagne russe mediatiche si vive male.

E ci vuole un grande coraggio a essere se stessi, ma ci vuole ancora più coraggio a snaturare il proprio carattere schivo per un bene più grande, quello dei propri simili.

Il movimento che si sta creando alle spalle di Giuseppe De Donno idraulico (si è definito così in commissione senato) non ha alcuna intenzione di fermarsi. Anzi.

Da un paio di giorni la onlus Sos Diritti, spin off di Sos Tasse – che con Ruggero Peretti e l’avvocato Cesare Tapparo sta aiutando tanti cittadini in difficoltà, ha deciso di affiancare il doc pro bono.

Una task force a tutti gli effetti, per tutelare l’uomo e il professionista De Donno da squali e sciacalli, cosicché possa serenamente pensare di starsene ancora, dopo più di 80 giorni, per sedici ore filate in reparto, bardato come un palombaro a salvare la vita a tutti quelli che può, detrattori compresi.

Sono onorato di aver conosciuto e di aiutare una persona pura e umile come Giuseppe De Donno – dice Ruggero Peretti Sos Tasse ha aiutato tante persone che credevano di non avere alcuna via d’uscita. E invece hanno salvato case e attività”.

Nella serata del 19 maggio ho avuto il privilegio di incontrare e conoscere il dottor De Donno”, aggiunge Cesare Tapparo, l’uomo che ha vinto la causa delle quote latte per 450 allevatori:  “Sono rimasto abbacinato dal fulgore della sua persona, dalla nobiltà del suo pensiero e dall’umiltà della sua cristallina competenza. La purezza degli ideali e la passione che ispirano la sua azione, sono comuni denominatori che condivido con le mie battaglie giudiziarie a favore dei più deboli e vessati, contro i dettami oligopolisti e le prevaricazioni in genere. Perciò, con gioia, mi metto a disposizione del suo agire nella tutela della sua immagine e della sua focale crociata”.

Perché, mentre c’è chi pensa di lucrare sulla salute delle persone, c’è invece chi ritiene che fare il bene del prossimo sia quasi un dovere morale, in questo mondo assai controverso per quanto riguarda l’etica, i valori e i diritti umani.