Molti di noi avranno notato la comparsa di strane bottigliette vicino agli yogurt etichettate con questo strano nome: “Kefir”.
Nonostante il significato della parola “kefir” derivi dal turco keif, che significa “sentirsi bene”, la sua origine si trova nel Caucaso, dove da millenni veniva prodotto a partire dal latte di mucca o di capra, mediante un processo di fermentazione dentro sacchi di pelle.
Ci sono molti miti e leggende su tale bevanda. Secondo uno di questi, il profeta Mohammed donò i grani di kefir ai fedeli mostrando loro come preparare la bevanda. Ma il Profeta avvertì che la bevanda avrebbe perso le sue proprietà curative se i suoi grani e la ricetta fossero stati dati ai miscredenti.
Ecco perché i cosiddetti “grani del Profeta” sono stati gelosamente custoditi, considerati parte della ricchezza di ogni famiglia e trasmessi come eredità sacra di generazione in generazione alla discendenza.
Per molti secoli i viaggiatori stranieri poterono assaggiare e godersi la deliziosa bevanda solo se offerta negli altipiani del Caucaso. A tal proposito pare che lo stesso Marco Polo abbia menzionato il kefir nel suo “Milione”, decantandone i poteri curativi.
Le storie sui poteri magici e curativi del kefir giunsero anche in Russia, dove, all’inizio del XX secolo, i membri della “Società russa di farmacologia” pensarono di procurarsi i famosi “chicchi di kefir” per studiarli al fine di rendere la bevanda disponibile per i loro pazienti.
Fu così che i dottori si decisero di rivolgersi al proprietario del caseificio di Mosca Nikolaj Balandov e lo incaricarono di procurare i grani, contando sulle sue capacità e sulla sua intraprendenza.
Nikolaj Balandov, consapevole della segretezza con cui veniva conservato il processo di produzione del kefir, escogitò un vero piano di spionaggio industriale: mandò la sua dipendente, la bella e giovane Irina Sakharova, in missione esplorativa alla ricerca del segreto del kefir nel Caucaso dove avrebbe dovuto incontrare il principe Bek-Mirza Bachorov al fine di sedurlo per convincerlo a donarle la ricetta ed i grani per produrre il misterioso kefir.
Il principe fu effettivamente deliziato da tanta bellezza e la ricevette con molti onori e se ne innamorò, ma non volle comunque concedere l’ambito segreto all’intraprendente ragazza. Perciò Irina, ovviamente risentita, se ne partì a mani vuote dalla corte per cercare fortuna in altri luoghi.
Nottetempo, il giorno dopo la partenza, Irina fu rapita da sicari e ricondotta forzatamente alla corte del principe. Portata al suo cospetto, costui si scusò per il trattamento e le spiegò che il suo rapimento era parte del costume tradizionale del suo popolo di “rubare una sposa” e infatti le offrì di sposarla.
In realtà il rapimento era stato previsto sin dall’inizio, infatti un’audace missione di salvataggio organizzata dagli agenti di Balandov giunse in tempo per salvare Irina dal matrimonio forzato, infatti era un atto illegale nella Russia dello Zar di cui faceva parte il territorio caucasico, anche se commesso da un principe.
Per farsi perdonare e non essere accusato di rapimento, il principe Bek-Mirza fu costretto di dare a Irina quello che voleva: i grani e la ricetta per produrre il kefir.
Così, i misteriosi “grani di kefir” arrivarono in Russia e nel 1909 iniziò l’utilizzo diffuso del kefir in tutta la nazione.
Sappiamo che in origine il kefir era prodotto con latte di mucca o di capra in sacchi di pelle appesi vicino all’entrata delle tende. Tutti quelli che varcavano la soglia potevano berlo direttamente dal sacco, a patto di rabboccare successivamente con latte fresco la parte sottratta, secondo la tecnica della “fermentazione continua”. Di fatto con tale processo era impossibile produrre kefir in grandi quantità, quindi si cominciò a produrre il kefir con la “fermentazione a lotti”, mediante l’uso di opportuni recipienti ove il kefir veniva lasciato maturare per 24 o 48 ore.
Tuttavia, da quel momento, il kefir divenne un punto fermo quotidiano della dieta sovietica tanto che anche oggi il 25 Marzo in molti luoghi rurali si tiene ancora la “festa del Kefir”: è talmente importante che lo ritroviamo citato in canzoni e racconti ove si decantano le sue molte proprietà curative. È conosciuto persino come un valido rimedio per i postumi di una sbornia.
Ma cos’è il kefir? Fa davvero bene?
Conto di tornare in futuro sull’argomento, per il momento mi limito a dire che il kefir è ricco di vitamine del gruppo B, acido folico e proteine facilmente digeribili: in sostanza tutte le proprietà del latte da cui viene prodotto vengono amplificate grazie ai molti ceppi batterici buoni che lo compongono, i quali agevolano il benessere intestinale arricchendone la flora batterica.
Tuttavia non è una panacea, ad esempio non è consigliabile berlo a coloro che hanno ulcere allo stomaco. Questa antica bevanda è presente in Europa da almeno 60 anni, io stesso ne faccio uso da moltissimo tempo, ma ci tengo a sottolineare che il kefir del supermercato non è affatto il kefir che la bella Irina riuscì a estorcere al principe Bek-Mirza.
Il vero kefir, con tutti i suoi grani detti anche kefiran, si trova oggi solo tramite donazione, a tal fine suggerisco a chi sia interessato di cercare su Facebook uno dei tanti gruppi di appassionati fermentatori, ove molte persone sono disponibili a donarlo senza chiedere nulla in cambio.
Ho moltissimo da dire su questa bevanda e su come sfruttarla al meglio per ottenere quello che io ritengo sia un vero “elisir di lunga vita”. Ne riparleremo.
HGD