Kefir: la salute tra amore ed anarchia

Molti lo confondono con lo yogurt, ma non è yogurt. Abbiamo visto nel precedente articolo che il kefir fermenta il latte vaccino a temperatura ambiente ma non solo, anche altri latti di origine animale come quello di capra possono essere utilizzati liberamente per ottenerne tutti i potenziali benefici.

È un dato di fatto che questa splendida bevanda ormai coinvolga milioni di appassionati estimatori in tutto il mondo, personaggi con cui talvolta ho dovuto ingaggiare vere diatribe sulle pratiche di produzione: di fatto ci sono molte scuole di pensiero, alcune delle quali derivate da pratiche tradizionali prive di fondamento scientifico.

Per alcuni il kefir è quasi una religione, non tutti condividono il mio approccio che comunque deriva da oltre vent’anni di esperienza oltre che da semplici nozioni di biologia.

Ad esempio questi sono alcuni argomenti per i quali ho incontrato opinioni contrastanti:

  1. il kefir è composto da microorganismi totalmente differenti tra di loro, alcuni dei quali sono lieviti (cioè funghi unicellulari), tali microorganismi concorrono a popolare il kefiran, ossia i grani, questi NON sono esseri vivi; inoltre sono commestibili, quindi non vanno buttati mai anche quando sono troppi, possono essere riutilizzati in mille modi. Parlando con alcuni biologi sono giunto alla conclusione che il kefiran sta ai batteri del kefir come la barriera corallina (costituita da carbonato di calcio, quindi non viva) sta ai polipetti che la abitano e che la creano grazie al loro metabolismo.
  2. Il kefir, specie se fa caldo, produce del siero ricco a sua volta di microorganismi, di minerali e altre sostanze, liquido che non va affatto buttato; la sua presenza non implica che il kefir stia soffrendo o che sia andato a male.
  3. Maneggiare il kefir con posate di plastica è una possibilità, non un obbligo, approccio che personalmente sconsiglio. L’utilizzo di tali utensili, finisce comunque per far entrare la plastica anche nel nostro cibo e quindi potenzialmente nelle cellule del nostro corpo.

E altre cose che per ora sorvolo, comunque ci tengo a segnalare la pratica errata di trattamento del kefir, trasmessa tradizionalmente, che consiste nello sciaquare i grani sotto l’acqua corrente. È uno spreco inutile perché buona parte dei batteri del kefir vengono persi con il lavaggio. Questo metodo è pericoloso perché indebolisce la coltura del kefir e la espone al rischio di colonizzazione da parte di muffe.

Non è yogurt

Ma torniamo a noi, in cosa differisce il Kefir dallo yogurt? E soprattutto, la smettiamo di chiamarlo yogurt?

Lo yogurt è un alimento dal mio punto di vista quasi inutile, realizzato mediante la fermentazione del latte operata da batteri appartenenti al genere Lactobacillus o Streptococcus, entrambi batteri termofili, batteri che si sviluppano in un ambiente caldo, intorno ai 42 gradi. Il microbiologo russo Il’ja Il’ič Mečnikov che isolò per primo il Lactobacillus bulgaricus e lo Streptococcus thermophilus, riconobbe che questi lattobacilli erano in grado di scindere il lattosio in galattosio e glucosio, rendendo così più digeribile il latte fermentato.

A differenza di quanto propagandato dalla pubblicità, questi due fermenti non svolgono alcun ruolo attivo all’interno dell’organismo umano: infatti essi muoiono appena entrano in contatto con i nostri succhi gastrici, non sopportandone l’acidità. Quindi l’unico vero vantaggio del nutrirsi di yogurt è solo la maggior tollerabilità rispetto al latte da cui è stato tratto, dato che buona parte del lattosio viene predigerita dai suoi batteri.

Il kefir invece è un vero probiotico, attivo a livello intestinale dato che è un vero e proprio ecosistema stabile, costituito da almeno una trentina di specie differenti tra batteri e lieviti, tutti capaci di transitare indenni perché capaci di resistere all’acidità dello stomaco e quindi in grado di arrivare ad integrarsi con la nostra flora batterica, il nostro microbiota intestinale, arricchendolo e rinforzandolo.

Cibo probiotico

Forse non tutti conoscono il significato di probiotico né tantomeno quello di prebiotico.

Presto detto: in parole povere probiotico è un alimento che introduce componenti biologiche attive e utili, i microorganismi “buoni”, al microbiota del nostro intestino, arricchendolo e rinforzandolo.

Lo yogurt vorrebbe essere un probiotico, ma spesso non ci riesce. Un esempio di yogurt realmente probiotico è quello al bifidus. Allo stesso modo lo yogurt acido che contiene il lactobacillus acidofilus è un altro probiotico, purtroppo è poco gradevole perché troppo acido…

e allora lo si riempie di zucchero, operazione che crea un grosso problema: questo tipo di yogurt è da evitare perché addizionato di una quantità troppo alta di zuccheri solo per renderlo gradevole al palato. Pochi sanno che l’unico yogurt che fa realmente bene è quello acido.

Prebiotico infine è qualsiasi alimento che rinforza la nostra flora intestinale nutrendola.

Sono cibi prebiotici i carciofi ed i topinambur, il fatto che producano meteorismo è l’effetto collaterale indesiderato che attesta il gradimento di tali cibi da parte della nostra flora batterica.

Veniamo infine al nostro amato probiotico.

Attenzione: il kefir del supermercato non è che una pallida imitazione del kefir autoprodotto, non è assolutamente confrontabile come risultati, talvolta è persino rovinato per colpa degli edulcoranti aggiunti solo per renderlo più gradevole.

Il vero e unico kefir viene prodotto solo nelle nostre case a partire dal kefiran ottenuto gratuitamente da altri appassionati. I donatori saranno felici di condividere il loro tesoro con chiunque lo desideri, perché a loro volta lo hanno ricevuto gratuitamente da qualcun altro.

Il kefir è anche gioia di donare e di ricevere.

Gli strumenti necessari

Ottenuti i grani da un donatore o donatrice, vi occorrono i seguenti strumenti:

  • Un barattolo di vetro pulito con bocca larga, con coperchio o tovagliolo di carta, stoffa o tulle con un elastico per tapparlo senza soffocare la coltura.
  • Colino di plastica o di vero acciaio INOX a maglie fitte.
  • Una bilancia elettronica da cucina se si vuol essere precisi (io non la uso mai, amo non essere preciso).
  • Un cucchiaio in plastica alimentare (sconsigliato) o in vero acciaio INOX.
  • Grani di kefir.
  • Latte (intero, parzialmente scremato, scremato, fresco o a lunga conservazione UHT, di mucca, di capra, di pecora, pare funzioni anche quello delattosato). In ogni caso, chi è appassionato salutista come il sottoscritto eviterà di usare i latti molto lavorati (scremati, delattosati e UHT).

Di solito i grani di kefir vi saranno forniti in un barattolino di vetro, coperti con latte.

Occorre scolare il liquido per prelevare i grani di kefir. Il processo di colatura è sempre lo stesso, anche la prima volta: svuotare il barattolino nel colino preventivamente appoggiato sul contenitore di plastica o vetro, aspettare che coli tutto il liquido schiacciando con il cucchiaio i grani contro le maglie del colino in modo da spremere bene il kefir formato durante il trasporto. Tale liquido filtrato è utilizzabile, anche se qualcuno consiglia di buttarlo.

Veniamo alla pratica

Prendete il vostro barattolo di vetro, mettetelo sulla bilancia e tarate il peso. Con il cucchiaio recuperate i grani appena filtrati dal colino e metteteli nel barattolo, controllate il loro peso in modo da regolarvi quanto latte mettere. Di solito il rapporto consigliato è di 1:10, se per esempio ho 20 g di grani ci vorranno 200 g di latte. Questa proporzione non è obbligatoria, può variare in base ai nostri gusti, esigenze o temperatura di casa che varia con le stagioni. Con la mia pratica di seconda fermentazione, ogni giorno produco 200 grammi di kefir, sufficienti per la colazione di due persone, ma di tale tecnica parlerò in altra occasione.

Riponete in un posto tranquillo il barattolo con i grani e il latte, coperto solo con il coperchio chiuso non ermeticamente, alcuni suggeriscono di mettere un tovagliolo di carta o di stoffa o un tulle delle bomboniere con l’elastico, in ogni caso il kefir ha bisogno di aria perché l’anidride carbonica che sviluppa durante la fermentazione deve poter uscire facilmente.

Il posto ideale per la fermentazione dovrà essere lontano da fonti di calore e da luce diretta del sole, al riparo da urti. Dopo 24/48 ore possiamo procedere a filtrare il nostro kefir fatto in casa, operazione che si svolge come segue: prendiamo il nostro barattolo e svuotiamo il contenuto nel colino, appoggiato preventivamente sul un contenitore di plastica o di vetro.

Aiutandoci con il cucchiaio favoriamo la separazione dei granuli dal liquido di kefir pressandoli contro le maglie del colino.

Il kefir filtrato assomiglia allo yogurt: si raccoglierà nel contenitore, potrà essere consumato subito o conservato anche per una settimana in frigo, in un barattolo chiuso ermeticamente. In tal caso, più giorni passano e più avrà un sapore forte, acidulo.

Mettete i granuli appena filtrati in un nuovo barattolo e aggiungete il latte nella proporzione voluta, ad esempio 1:10, per il nuovo ciclo di fermentazione.

All’inizio sconsiglio di prendere più di 50 grammi al giorno di kefir: il nostro corpo va abituato ai nuovi batteri e la cosa va fatta gradualmente. Dopo un mesetto si può tranquillamente arrivare a 250 grammi di kefir al giorno, dose che considero ottimale per mantenere un’ottima salute.

Solo se inizierete gradualmente prima o poi comincerete ad amare come il sottoscritto il kefir, gli effetti sulla qualità della vostra salute saranno presto evidenti: è una promessa.

HGD