Ultimamente sono andata un po’ in fissa con i crisantemi grazie a un paio di libri che li contengono sia nel nome sia nella trama, e così eccoci qui a parlare di questi fiori che in Italia vengono associati al lutto.
I crisantemi crescono a partire dal mese di novembre e per questo vengono considerati adeguati come fiori da portare sulle tombe, visto che il periodo è quello della festa dei morti, d’altra parte in Oriente è solo nella colorazione bianca che (spesso ma non sempre) si associano al lutto, perché altrimenti nelle altre varianti hanno accezioni positive, ad esempio se la colorazione è rossa significa amore, gialla vuol dire giovinezza o bellezza, talvolta amore trascurato o non ricambiato; il viola è per i migliori auguri e se ne fa ampio uso ai matrimoni.
In Italia invece ho visto spesso sulle tombe sia i crisantemi bianchi sia quelli gialli, ma questi ultimi nel resto dell’Occidente vengono spesso associati alle nascite e alla gioia, riprendendo in parte la tradizione orientale.
Insomma, paese che vai usanza che trovi, e con i crisantemi in particolare bisogna fare attenzione.
Ultimo ma non ultimo, i crisantemi si usano anche in cucina e soprattutto in Oriente, dove vengono persino fritti, e si sa che tutto ciò che è fritto è gustoso, tuttavia mi è stato assicurato da una conoscenza che questo è un piatto davvero invitante che non fa solo scena, di quelli da provare almeno una volta nella vita, ed è quasi inutile dire che la ricetta è originaria del Giappone, dove il crisantemo – anche detto fiore d’oro – è tra i simboli imperiali e per questo tenuto in altissima considerazione (non a caso si usa nei festeggiamenti).
Attorno a questo fiore pare che ruoti una leggenda dalle dubbie origini, ma la provenienza secondo alcune fonti è sempre il Giappone: si racconta che una donna, poco prima di morire a causa di un malore invernale, consigliasse alla figlioletta di regalare un crisantemo alla Morte, in modo che concedesse loro più tempo da trascorrere insieme, tanti giorni quanti sono i suoi petali.
Allora la bambina, per ottenere più tempo possibile, strappa in più parti ciascun petalo dando al crisantemo la forma che conosciamo oggi.
Alla fine la Morte, colpita del gesto della bambina, concede a lei e sua madre di vivere insieme tanti anni quanti sono le strisce dei petali.
Arrivati a questo punto ci sono più interpretazioni, da un lato si conferma la versione italiana che vede i crisantemi come i fiori del lutto, dall’altro si spiega meglio il motivo per cui sono considerati anche fiori da grandi festeggiamenti, perché alla fine c’è stato il lieto fine e le due protagoniste, in un certo senso, hanno vinto la Morte.
Silvia Costanza Maglio