Sono sdraiata sul divano, un braccio sulla fronte e lo sguardo fisso al soffitto. Al mio fianco, il tablet giace inutilizzato, lo schermo sbloccato su circa sei diverse finestre di Internet, la cui cosa in comune è l’angoscia che mi stanno causando.
Sono le mie opzioni: ognuna ha pro et contra e io devo sbrigarmi a scegliere.
In base a cosa avrei stabilito, tutta la mia vita si sarebbe diramata di conseguenza. Non è una semplice scelta, è La Scelta, e questa consapevolezza è terrificante.
Giusto a mo’ di precisazione, sono le 3.30 del mattino e, per quanto abbia sonno, voglia chiudere gli occhi e rimandare la mia ansia a un altro giorno, non posso. E lo so.
Quindi proseguo imperterrita a rincorrere il filo dei miei pensieri, lo stream of consciousness, che potrebbe diventare steam of consciousness, per quanto sta svaporando il mio cervello.
Nel mentre, Hugh Laurie cantava “You can’t always get what you want”, la cui versione originale appartiene ai Rolling Stones. La canzone calza a pennello con la mia attività d’imperitura indecisione, in maniera quasi fastidiosa.
“Non puoi avere sempre ciò che vuoi” e, caspita, forse in questo caso davvero non posso. È un tormento. Uno strazio. Una tortura.
Non posso sbagliare, la vedo come qualcosa alla “one shot”: se sbagli, dritta sotto un ponte senza passare dal via.
Solo che non ci sarà alcun cartellino del Monopoli a intervenire, dopo.
Sollevo una mano e la sventolo davanti alla lampada che, assieme alla mia mente, rimane accesa; sull’anta dell’armadio si proiettano le dita di un’aliena.
Dualismo.
“Essere o non essere”.
Cuore o statistiche?
Il mio Super Io insiste per ascoltare quei meravigliosi numeri, così sicuri, così precisi, così apparentemente privi d’inconvenienti.
Dall’altro lato, l’Es si agita, stringendomi lo stomaco e tenendomi sveglia, perché ho già deciso, ma solo in teoria, quindi ecco lì che non riesco ad accettare quella strada che io stessa sto cercando di impormi con la ragione.
Altro che numeri! Ringhio interiormente, infarcendo quelle tre parole con tutto il sarcasmo di cui sia capace, poiché in un caso, i numeri avrebbero intriso la mia vita.
Altro che numeri!
Se seguo il cuore e poi sbaglio? E se ascolto le statistiche e poi mi ritrovato infelice per il resto dei miei giorni?
E se, e se, e se… ogni “se” è seguito da mille altri, senza alcuna risposta.
E allora a quel punto? È una bella situazione d’impasse e posso chiedere tutti i consigli del mondo, ma alla fine è con me stessa che devo fare i conti, con nessun altro.
Inizio ad astrarmi dalla situazione specifica, riflettendo ancora una volta sulle parole di tutti quei saggi che sono vissuti nei diversi secoli e che, paradossalmente, appassionandomi, mi hanno anche cacciata in questa situazione.
Niente è definitivo, niente è per sempre, tutto scorre.
Se anche scegliessi malamente, in un caso o nell’altro, sarebbe davvero così terribile? Così catastrofico? Ogni giorno ho prove del cambiamento che ciascuno può apportare alla propria vita, in qualsiasi momento.
Questa legge per la quale niente rimane immutato, perché non si dovrebbe applicare anche a me?
Io, che sto guardando da ore statistiche su statistiche, ho peccato involontariamente di superbia non credendo di rientrare nell’unica che avrebbe potuto assolvermi dai miei deliri.
Ma, in fondo, non è proprio così che si tira avanti? Sperando di essere l’eccezione alla regola, anche quando la regola sarebbe solo a favore nostro.
In questo momento è la mia volontà stessa, la nemica, più che la scelta da compiere: sto indugiando in uno stato di disagio causato da me medesima.
E proseguo!
Intanto Battiato inizia a intonare “Insieme a te non ci sto più”. Non c’entra direttamente con la situazione, ma una delle frasi mi incuriosisce e la estrapolo, adattandone il significato.
“Non sarà facile ma sai, si muore un po’ per poter vivere”: la vita non è forse anche questo?
Rischio (ponderato), incertezza, insicurezza, l’adrenalina del non sapere.
È giunto il momento di scegliere e il buio, adesso, non fa più paura.
Silvia Costanza Maglio