Sono mesi che, a causa della pandemia, quella che era la routine che conoscevamo è stata interrotta.
Da che si era abituati al contatto interpersonale a “tu per tu”, in qualsiasi campo, ci si è dovuti riadattare prendendo le distanze e trovando modi alternativi di proseguire la frequentazione sia di individui sia di luoghi.
Se già il disagio poteva essere percepito nel proprio “sociale per scelta”, questo viene amplificato in quelle situazioni che obbligatoriamente ci pongono dinanzi alla necessità di comunicare con altri. Per lavoro, per studio e molto altro.
Un disagio che non solo dipende dalla situazione complessa in cui ci troviamo a livello globale, ma anche dalle difficoltà che d’improvviso si riscontrano con quel mezzo che dovrebbe agevolare determinati scambi: l’online.
La situazione di emergenza ha richiesto che se ne facesse un ampio uso e se inizialmente delle complicazioni sono inevitabili, adesso sembrerebbe si cominci ad affrontare la questione con maggiore consapevolezza. Eppure, all’inizio dei nuovi anni universitari i problemi sono ancora molti.
Alcune delle piattaforme non sono state adeguatamente predisposte, rendendo difficoltosa la frequentazione dei corsi, oppure in alcuni atenei, all’interno della stessa facoltà, se ne usa più di una, cosa che può risultare dispersiva per gli studenti, soprattutto per i nuovi immatricolati che hanno appena iniziato ad avere a che fare con un mondo totalmente diverso rispetto a quello da cui provenivano e che già in condizioni favorevoli risulta complicato.
Se poi si considerano i problemi di rete e sovraffollamento della stessa, sembra che anche la soluzione sia divenuta parte del problema.
Tuttavia si prosegue nella ricerca della strategia migliore per far sì che vengano date pari opportunità a tutti, soprattutto in sicurezza.
E se già quelli che ormai vengono considerati “adulti” a tutti gli effetti sono in difficoltà, per i più piccoli è anche peggio, tra i mezzi di trasporto strapieni che impediscono di mantenere la giusta distanza, gli orari differenziati su cui c’è ancora una certa confusione e sempre quella “bestia nera” dell’online.
In tutto ciò non si sa quando si uscirà da questa situazione, ci sono speranze ma non certezze, per forza di cose, e un altro punto dolente è la spaccatura tra negazionisti e chi invece ci crede e non intende correre rischi; una divisione che ne richiama tante altre nella storia, seppur la forma sia più pacifica ma non meno dannosa e, a seconda del punto di vista, rischiosa per le vite altrui.
In un periodo dove ogni scelta viene criticata e sembra non sufficientemente efficace, ad avere la peggio sono ancora una volta i rapporti con gli altri. Una situazione che con le sue peculiarità mette a dura prova la fiducia che in molti avevano già scarsa nel genere umano, quel genere umano di cui ciascuno di noi fa parte e del quale contribuisce a dare la denominazione.
L’online è uno strumento di invenzione umana che per funzionare richiede necessariamente l’intervento umano. I rapporti con gli altri, sono il prodotto dell’intervento di ciascuno ne faccia parte.
In quest’emergenza, solo chi ha le conoscenze più adeguate può attivarsi direttamente per una soluzione definitiva al virus, gli altri possono rispettarsi l’un l’altro cercando di non nuocersi rispettivamente alla salute, prendendo quelle precauzioni per alcuni insensate ma che nel dubbio è meglio attuare.
È come nella grande scommessa di Pascal riguardo alla fede. Nel dubbio, meglio crederci.
E nel frattempo cerchiamo di far funzionare quanto serve.
Silvia Costanza Maglio