Pirati dei Caraibi. Jack Sparrow e la Perla Nera. Il film che ha avuto così tanto successo e il suo celebre pirata, hanno preso ispirazione dal Corsaro e Pirata più famoso al mondo, Henry Morgan. Il vero Pirata dei Caraibi.
Di origine gallese, partì come marinaio e, agli ordini della corona inglese, attaccò e saccheggiò per anni navi e possedimenti spagnoli nel mar dei Caraibi.
Se pensiamo ai Caraibi oggi, a isole con nomi e lingue inglesi, spagnole, olandesi, francesi, si ignora che proprio i Pirati hanno cambiato il loro volto e la loro storia.
E quello che spesso non si conosce, è che migliaia di pirati fecero della Giamaica la loro base. Quando si pensa alla Giamaica, non è la prima cosa che ci viene in mente.
Così Henry Morgan, agli ordini dell’allora governatore della Giamaica (isola che poi divenne la sua casa), in breve tempo divenne l’immagine dei Pirati che conosciamo oggi.
Nella serie “Pirati dei Caraibi”, si parla proprio del codice dei Pirati scritto da Morgan, tanto che, negli anni, molti altri film si sono ispirati alle sue avventure, come il Corsaro Nero. Che dire poi, del tanto amato Rum. Il “Captain Morgan” Rum è famosissimo, proprio perché porta il nome di uno dei pirati più conosciti di tutti i tempi.
Tra i vari attacchi alle navi e ai possedimenti Spagnoli ai Caraibi, c’è l’attacco a Portobello a Panama, dove si impadronirono di tutte le ricchezze possibili.
La conquista e distruzione di Panama City, che ai tempi era la zona più ricca (oro e argento in abbondanza) e strategica per gli Spagnoli, visto il passaggio per le Americhe.
Le navi inviate da Morgan arrivarono e attaccarono per prime, sulla bocca del fiume Chagres (per intenderci, dove molti anni dopo fu poi costruito il Canale di Panama). La nave di Morgan, con altre quattro navi, raggiunse Panama ma si infranse sugli scogli e affondò con il resto della flotta.
La Satisfaction, la nave di Morgan, è stata individuata nel 2011 a Panama e, dato che la ricerca è stata finanziata dalla compagnia di rum che porta il suo nome, il tesoro più grande, espresso da alcuni, sarebbe stato quello di trovare Rum di 400 anni.
Morgan, sebbene avesse le “lettere di corso” (autorizzazioni), per attaccare i possedimenti spagnoli nei Caraibi, si rifiutò di smettere di fare il “Pirata” dopo i trattati di pace tra Inghilterra e Spagna e per chiari motivi politici, fu preso, rispedito in Inghilterra e imprigionato, guardate un po’ dove “alla Torre di Londra”.
Come Anna Bolena, anche lui fu rinchiuso nella Torre, con la differenza che lei fu decapitata e invece il Corsaro Morgan, per i “servigi” fatti alla Corona Inglese, fu rilasciato, insignito di cavaliere e rispedito in Giamaica facente funzione di Governatore.
Paradossalmente, in Giamaica, ebbe l’ordine di condannare i Pirati e tradì, negli anni, molti altri corsari, arricchendosi ancora di più. D’altra parte, era un Pirata. Morì in Giamaica e, come da “copione”, di una causa legata a un suo grande piacere: “il Rum”.
La città che Morgan saccheggiò e distrusse, è oggi “Panama Viejo” (Panama Vecchia), nel 1500 il primo insediamento Spagnolo che guardava al Pacifico.
Oggi è un sito archeologico che ci ricorda il passaggio del Pirata Morgan.
La città di Panama fu ricostruita a sud, a pochi chilometri di distanza, con “Casco Antiguo” o “Casco Viejo” (il quartiere antico) o “San Felipe” e la parte moderna e finanziaria (una delle prime nelle Americhe), molto conosciuta per gli investimenti e definita negli anni un paradiso fiscale ma noi di questo non ci occupiamo, perché al momento, di fiscale, ho solo il codice.
Casco Antiguo è bellissima, adesso patrimonio Unesco: me ne sono innamorato.
È stata costruita circondata da mura, per proteggersi da possibili futuri attacchi pirateschi. Viste le conquiste e le colonizzazioni, ha un’architettura mista, caraibica, coloniale, francese e l’art deco si nota subito.
Quando si passeggia per Casco Antiguo, se si riesce a staccare lo sguardo da turisti, si percepisce quasi il via vai di navi, battaglie e colonizzatori.
Se si pensa dov’è situata Panama e al suo punto strategico tra America del Nord e del Centro Sud, come porta tra i due Oceani, si capisce quanto questo Paese abbia subito e quante influenze abbia ricevuto.
Terra Spagnola, saccheggi inglesi, annessione alla Colombia e interessi Nord Americani fino alla tanto meritata indipendenza.
Da vedere, la Cattedrale di Santa Maria, il Teatro Nazionale e la famosa chiesa di San Josè con il suo incredibile altare d’oro. Una delle poche ricchezze a essersi salvata dal Pirata Morgan. La leggenda racconta che il prete fu più furbo del pirata (non mi riesce difficile crederci), dipinse tutto l’altare di nero (è parecchio grande) e disse che il vero altare era già stato rubato. In più, convinse Morgan, come nuovo conquistatore, a farsi dare del denaro per sostituirlo. Il prete e il pirata.
Da Casco Antiguo, si vedono i grattacieli della Panama finanziaria. Bello il contrasto dalla Cinta Costera, verso il Mercato de Mariscos, le barche dei pescatori e i grattacieli.
Al Mercado de Mariscos si può mangiare tutto il giorno pesce fresco appena pescato. Il Ceviche è molto popolare e di una bontà difficile da descrivere.
Piatto originario e “patrimonio” del Perù, fatto di pesce marinato con il limone. Se non siete vegetariani e vi piace il pesce, vi consiglio di buttarvici. Assaggiate lo yucca, le “chips” di platano.
Nel pomeriggio o dopo cena, per rinfrescare la serata, ci sta il Raspao. La granita locale, scavata direttamente dal blocco di ghiaccio del venditore, che con gioia vi indicherà come renderlo ancora più buono, con i gusti tropicali e, tanto per non farsi mancare niente, un po’ di latte condensato.
Un pomeriggio, passeggiando per le vie di Panama City, ho incontrato delle ragazze vestite con l’abito tradizionale Panamense, “la Pollera”. Un costume di origine spagnola che nel tempo, di generazione in generazione, ha cambiato il suo aspetto. Abiti più formali sono quelli bianchi, ricamati e con veli. Colori sgargianti, fiori e nastri, ornano gli abiti e le sue rappresentanti.
Era fine settembre, durante il Festival di Mejorana, l’evento folcloristico più importante a Panama.
C’è poi il famoso cappello di Panama, di cui sono innamorato da sempre. A ogni attore a cui ho visto indossarlo, con camicia bianca, bretelle e abito in lino chiaro, dava sempre un’aria così elegante.
Alla fine, è una di quelle cose che vuoi comprare da tanto e poi quando sei lì, ci pensi. La mente umana. Mi dava un’aria troppo da anziano e poi ho deciso che essendo originario dell’Ecuador sarebbe stato forse giusto comprarlo lì. Chiaramente poi, mi sono pentito. Quei famosi acquisti che non fai perché ci pensi troppo e poi vorresti tornare indietro ma è tardi. Sarà per la prossima volta.
Oltre che per il suo cappello, Panama è senza dubbio famosa in tutto il mondo, per un’opera un po’ più complessa e unica, il Canale di Panama.
Il Canale, la “porta” che collega l’Oceano Atlantico con l’Oceano Pacifico, è un’opera ingegneristica di laghi e canali artificiali con tre bocche. I primi a pensare a una porta sull’istmo di Panama furono gli Spagnoli, per agevolare le navi a raggiungere il Perù, fonte di ricchezze per l’Impero Spagnolo.
Cominciò con uno studio inglese nel 1800 sul fiume Chagres, per poi passare a ingegneri francesi, che cominciarono l’opera, visto che avevano già costruito il Canale di Suez (tra cui il famoso Gustav Eiffel) che però, per motivi logistici, economici e problemi naturali, fallirono e alla fine venne portato a termine dagli Americani a partire dal 1900.
La foresta pluviale panamense ospitava serpenti, ragni, insetti e in particolare le zanzare, portatrici di malaria, febbre gialla e malattie tropicali, così, quando vedrete il Canale di Panama, ricordatevi di quei migliaia di poveri operai, che morirono – circa 22mila – per costruirlo.
Dal Paseo de las Bovedas si arriva a Plaza de Francia, dove un obelisco e una piazza circolare con 10 targhe ci ricordano i nomi e la storia del Canale di Panama. C’è anche il nome del medico cubano che scoprì il germe della febbre gialla e da lì una cura.
Dal Paseo de las Bovedas si può scorgere il Ponte delle due Americhe. L’unico ponte a collegare per molti anni l’America del Nord con quella del Centro-Sud. Le navi si accodano al Ponte delle due Americhe e da lì cominciano l’entrata nel Canale. Chissà cosa penserebbero tutti quegli operai, a vedere oggi il loro lavoro compiuto.
Con la mia perenne curiosità e voglia di conoscere, mi sono fermato a parlare per un bel po’ con una Signora che mi ha spiegato la storia dei Guna (o Kuna), i nativi Panamensi e Colombiani. Panama (e la Colombia) è uno dei Paesi dove vivono ancora molte popolazioni indigene, sette sono ancora le tribù, tra cui gli Emberà (di cui ho visto oggetti d’artigianato favolosi) e i Guna.
Vivono in riserve autonome a Panama e in alcuni piccoli villaggi in Colombia. Come mi spiegava ormai la mia amica, c’è anche una comunità che vive proprio a Panama City. La maggior parte vive in 378 isole: in alcune, i turisti sono invitati ma si vive senza elettricità e secondo gli usi dei nativi. Sono le Guna Yala o le isole San Blas, veri Paradisi incontaminati.
La loro storia ricorda purtroppo tutte quelle dei popoli nativi conquistati, colonizzati ed emarginati. La loro lotta e rivolta nel 1900, per non voler adottare la cultura Spagnola. I Guna alla fine si separarono dalle autorità panamensi e solo dopo una mediazione americana, che aveva contribuito alla creazione della Repubblica di Panama (non senza interessi chiaramente), si riunirono.
Finalmente arrivò un accordo e con l’aiuto del governo panamense venne creato il territorio autonomo di Guna Yala, dove i suoi abitanti nativi da quel giorno hanno potuto vivere secondo le loro regole.
I Guna non usavano vestirsi e dipingevano il loro corpo con disegni geometrici molto colorati. I missionari europei li spinsero a coprirsi (#iostoconinativi) e così i Guna decisero di copiare i disegni con cui dipingevano il loro corpo sulle stoffe con cui si sarebbero coperti.
Nacquero le “Molas”. Sono bellissime e fatte a mano. Io ne ho comperate un po’ e oltre alla bellezza e alla loro storia, aiuterete anche il popolo Guna.
Panama: terra di indigeni, foreste, pirati, colonizzatori, isole paradisiache, opere uniche, interessi mondiali, l’unione tra le due Americhe, storie e culture intrecciate da nord a sud del mondo.
Un luogo di “passaggio”, che invece con forza e orgoglio, mi ha fatto vedere la gioia di poter restare ancora un po’.
Andrea Colombera