Libertà, Gratuità e Open Source

Software gratuito, programmi liberi, servizi gratuiti… quante cose belle ci riserva Internet!

Apparentemente.

Sono quasi quarant’anni che frequento la rete e purtroppo mi accorgo che c’è sempre più confusione su questo tema, almeno per quanto riguarda l’ambito informatico.

La grande rete, Internet, il mondo dei PC, degli smartphone, dei gadget, del cloud… e di tantissime altre cose, componenti tecnologiche a cui ci siamo abituati, la cui presenza ed utilità è data per scontata, ma che pochi padroneggiano veramente.

Anzi, la sensazione è che con il passare degli anni sempre meno gente sia consapevole degli strumenti informatici che utilizza.

Vero, nessuno è obbligato ad essere un ingegnere o un informatico…

Ma queste tecnologie toccano aspetti che riguardano la nostra libertà, la riservatezza dei nostri dati.

Inutile fare spallucce, siamo abituati ad ottenere gratuitamente servizi, a leggere notizie senza più sborsare un centesimo, trasmettere e pubblicare informazioni in assoluta libertà sulle nostre pagine dei social network… gratuitamente…

Gratuitamente?

Nulla di più falso. E lo dico con cognizione di causa perché è il mio lavoro.

Quell’immensa macchina che è la rete mondiale, macina ogni giorno miliardi di euro che qualcuno evidentemente sborsa, eppure, a parte il costo della connessione, quando e se la paghiamo, nessun altro costo ci tocca direttamente.

La realtà è semplicissima: quando un servizio viene erogato gratuitamente, la merce di scambio è il nostro anonimato. Spesso, per entrare in un servizio “gratuito”, dobbiamo rinunciare a tale anonimato e qualificarci, concedendo l’utilizzo dei nostri dati personali.

Così cediamo la nostra libertà di essere anonimi.

La faccenda in realtà è ancora più subdola.

Non stiamo solo “cedendo” il nostro anonimato, c’è un ulteriore livello di libertà che stiamo perdendo: oltre ai nostri dati, diamo il consenso esplicito a controllare i nostri dispositivi, infatti la rete è sempre meno libera e sempre più vincolata, anche se non tutti se ne accorgono.

Ovvio, direte, con tutti i terroristi, pedofili, truffatori che ci sono, ben vengano i controlli!

Ma non mi riferisco a quei controlli, sacrosanti e necessari.

La libertà che stiamo perdendo riguarda il controllo degli strumenti che utilizziamo: con la scusa della riservatezza, della necessità di crittografare i dati, vedi home banking, utilizziamo tecnologie sempre più complesse CHE NON POSSIAMO CONOSCERE E VALIDARE.

E non ce ne accorgiamo anche perché sono poche le persone realmente competenti in materia; io stesso, da tecnico, mi rendo conto di non poter conoscere fino in fondo gli strumenti che posseggo, anche volendolo.

Perché?

Perché tali tecnologie sono spesso protette da copyright e talvolta anche da brevetto.

Con la scusa della salvaguardia della proprietà intellettuale, ci stiamo riempiendo di tecnologie di cui non sappiamo nulla perché non le possiamo controllare.

Per spiegarmi meglio faccio una breve digressione.

Nel settore del cibo e della nutrizione, altra mia passione, sappiamo tutti che c’è un forte movimento di opinione anti OGM. La maggior parte degli attivisti contesta le caratteristiche di queste tecnologie perché possono produrre alimenti non naturali, con grosso impatto sull’ecosistema e forse anche in qualche modo “tossici”.

Questa posizione, legittima e in gran parte vera, è un falso problema… o meglio, è un problema secondario che potrebbe in teoria essere anche risolto da una ricerca scientifica attenta alla qualità dei prodotti.

Il vero problema, che è sostanzialmente lo stesso che ritroviamo nelle tecnologie informatiche in uso, è la presenza dei vincoli imposti dai brevetti su queste tecnologie.

A causa dei brevetti sugli OGM non è possibile conoscere e/o controllare fino in fondo le caratteristiche di tali prodotti.

Questo è il punto di partenza: la proprietà intellettuale è un cavallo di Troia grazie al quale già ora non abbiamo pieno accesso a molte tecnologie d’uso quotidiano, in primis i PC ed i telefonini.

Il problema è noto da tempo, vox clamantis in deserto è quella di Stallman, un tempo ricercatore nel settore dell’intelligenza artificiale al MIT, che aveva già preconizzato il problema sin dai primi anni 80, quando fondò il movimento Open Source con il progetto GNU.

Sì, già il famoso acronimo ricorsivo da lui proposto: G.N.U. significa infatti “G.N.U. is Not Unix”, il giochino della ricorsione serviva a sottolineare infinite volte che il progetto o movimento di Stallman non doveva essere confuso con il software proprietario per antonomasia di quei tempi: Unix.

Perché il software proprietario, l’azienda proprietarie di tale sistema, gli aveva rubato la sua libertà di creare, di studiare, di sviluppare, di crescere.

Voglio dare una buona notizia: grazie a Stallman e al movimento Open Source, esistono oggi strumenti realmente gratuiti e realmente liberi con cui riscattare le nostra libertà.

Occorre un minimo di consapevolezza e di sacrificio, parlo di strumenti software come Libre Office, o il sistema operativo Linux che uso ormai da 20 anni, tutti questi strumenti non hanno un secondo fine e tutelano le nostre libertà e la nostra privacy.

Li vogliamo conoscere? Li vogliamo utilizzare? Vi interessa sapere come tutelare la vostra libertà?

Approfondiremo i concetti della filosofia Open Source nelle prossime puntate.

HGD