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La sensazione di ribrezzo è una richiesta di vitalità

Tra i miei pazienti c’è una giovane neo laureata in psicologia che sta facendo il tirocinio in un istituto che si occupa di bambini con disabilità. Nell’ultimo incontro mi racconta che mentre veniva da me, per strada un signore anziano aveva sputato per terra e aveva centrato le sue scarpe provocandole un senso di schifo indicibile: mentre descriveva l’accaduto continuava ad avere brividi di ribrezzo.

Io leggo sempre i messaggi che la vita ci presenta, da qualsiasi situazione provengano, faccio presente alla mia paziente che potrebbe leggere l’accaduto come un messaggio. Infatti poco dopo lei, riflettendoci su, inizia a raccontare che ci sono stati nelle ultime settimane altri segni analoghi. Si era imbrattata la giacca di fango, le si era liquefatto un cioccolatino nella borsa sporcando tutto il contenuto e il giorno prima un bambino dell’istituto le aveva sputato addosso.

Prendiamo spunto dalle fiabe in cui di solito compare un Orco, una strega, oppure un Mostro con cui il protagonista deve confrontarsi. Quando si raccontano le fiabe con questi contenuti ai bambini, osserviamo che non provano schifo al contrario sono decisamente attratti dai mostri.

Pian piano che diventiamo meno mentali, la sensazione di ribrezzo si allontana. Quindi diventare come gli eroi delle fiabe vuol dire accettare le nostre emozioni più violente, come ad esempio il ribrezzo, vuol dire non cercare di evitarle. La vita ci presenta situazioni spiacevoli a volte per farci diventare più consapevoli, più naturali e quindi più noi stessi. Possiamo diventare dei bravissimi e validissimi professionisti, ma se perdiamo la nostra naturalezza siamo destinati a diventare infelici, a vivere solo nella mente senza il corpo. Ed è allora che il mostro “Sé”, ci fa incontrare qualcuno che ci “sputa addosso”.

È necessario trattare ciò che ci accade come segnali della vita di cui dovremmo sorridere e vedremo il disagio svanire. Dovremo guardare il nostro ribrezzo come uno spazio per la nostra crescita, un modo per avvicinarci di più ai nostri istinti primordiali. Possiamo leggere l’accaduto come un messaggio del Sè che ci indica di non “volare” troppo in alto, di non utilizzare troppo la mente a discapito della naturalezza.

Esiste un esercizio che ha origini molto antiche e che veniva utilizzato nelle pratiche di alchimia taoista che se eseguito correttamente può aiutare a superare il disgusto.

Bisogna socchiudere gli occhi e lasciare depositare nella mente con delicatezza l’esperienza spiacevole, la scena che ha provocato la sensazione di disgusto. Bisogna lasciare che la scena si formi lentamente nella nostra mente e poi guardarla come se fosse la scena di un film, con distacco.

Quando si giunge al momento in cui ci si sente indifferenti, si orienta la mente su un ricordo d’infanzia, il bambino che toccava tutto, che giocava con la terra, che mangiava con le mani sporche, che leccava qualsiasi superficie e tutto era un piacevole gioco.

A questo punto bisogna sentire il corpo, quella parte del nostro corpo che è più in relazione con la scena schifosa e poi provare a trasformare il tutto in un profumo vivo, intenso, fortemente energetico e piacevole. Restare in questa sensazione fino a che si desidera.

Di solito, se l’esercizio viene vissuto intensamente, i giorni successivi, ci si accorge di possedere una carica vitale molto forte, una spinta all’azione, alla creatività sconosciute. Questo avviene perché l’energia che era bloccata dal senso di disgusto è messa a disposizione facendo in modo che la sensazione negativa si trasformi in vitalità.

Le persone che provano più di altri le sensazioni di schifo sono di solito coloro che soffrono di colite e che hanno un rapporto conflittuale con lo sporco e poi chi soffre di cefalea, soprattutto le donne che usano troppo la testa, che sono troppo razionali.

Maura Luperto.