Le pietre di Orfeo e di Sant’Alberto Magno

Sant’Alberto Magno (1200-1280), maestro di San Tommaso D’Aquino, era uno studioso di minerali e a lui si devono importanti scoperte nell’ambito della chimica. Vi era una leggenda che gli attribuiva il possesso di un automa con aspetto umano in grado di camminare e di parlare. Della sua opera ne sono rimasti solo dei frammenti, ma fra questi resta la descrizione di 95 minerali frutto di un’osservazione diretta. Fu propio lui a coniare il termine “minerale” che non era mai stato usato prima né dai Greci, né dai Romani, né dagli Arabi.

Nel suo “De mineralibus” vengono descritte le proprietà delle pietre: l’acquamarina fa sparire la paura del nemico. L’agata rende invincibile l’uomo che la indossa. Anche il berillo indossato infonde paura a qualsiasi avversario. L’eliotropio bagnato con il succo della pianta e posto in un recipiente pieno d’acqua, diventa con il sole color del sangue, come durante un’eclissi, perché la pietra fa bollire l’acqua formando una nube che rende più densa l’aria attorno e copre i raggi del sole in modo che questo appare più scuro. Quando la nube sparisce lascia goccioline di rugiada e con l’aiuto di certe formule rende invisibile l’uomo che lo porta. L’onice portata al dito è causa di depressione, tristezza e avarizia. L’opale fa diventare invisibili perché possiede la capacità di offuscare la vista. Se si getta un topazio nell’acqua bollente si può toccare l’acqua senza scottarsi. In realtà questi sembrano più gli scritti di un occultista che di un Santo.

Alla stessa epoca di Alberto Magno appartiene il Lapidario di Alfonso X il Saggio (1221-1284), un trattato che descrive un gran numero di pietre preziose. Gli fu attribuito l’appellativo di Saggio perché fu un grand’uomo di cultura. Creò centri di ricerca da cui uscirono importanti opere storiche, giuridiche, scientifiche e letterarie. Scrisse anche alcune opere: i “Cantigas de Santa Maria“, raccolta di odi poetiche; il “Libro de las siete partidas” un importante testo giuridico. “Le Tablas astrònomicas o alfonsìes” (Tavole alfonsine) parlano di astronomia. I suoi libri di scacchi non sono stati superati per secoli.
Fra il 1276 e il 1279 scrisse “il lapidario“, quattro volumi in cui si occupò delle pietre e dei metalli, in totale esaminò circa 500 pietre, con le loro corrispondenze astrologiche. La fama dell’opera durò a lungo e 300 anni dopo, Filippo II, dopo aver letto nei suoi scritti che chi portava sempre con sé un cristallo di quarzo era protetto da qualsiasi pericolo, si fece intagliare una pietra che sfoggiava sempre sul suo cappello.

Infine Jan De Mandeville nel XIV secolo compose un Lapidario in latino in cui descriveva il rituale necessario perché le pietre recuperassero i loro poteri. Dopo il Medioevo la compilazione dei lapidari si tradusse in una semplice copiatura dei precedenti. In seguito ci fu un tentativo di razionalizzare i temi legati al potere delle pietre. Dal XX secolo a oggi stiamo assistendo ad una ripresa dell’interesse intorno alle pietre e i cristalli.

A Orfeo, mitico cantore greco della Tracia considerato il creatore della religione misterica dell’Orfismo, si attribuisce il “Perì lìthon” (Le Pietre), opera in cui stabilisce chiaramente la superiorità magica e terapeutica delle pietre:

“La terra nera produce il male per gli uomini sventurati, ma allo stesso tempo produce il rimedio per ogni male. Così, la terra genera i serpenti, ma genera anche i mezzi infallibili per curare i loro morsi. È dalla terra che provengono tutte le specie di pietre, in cui si trova un potere prodigioso e molteplice. Tutte le virtù delle radici sono proprie anche delle pietre. Le radici possiedono una grande forza, ma quella delle pietre è molto superiore, fino al punto che la terra le crea incorruttibili e non invecchiano mai. La radice muore, non resta verde che per un breve tempo, mentre vive, si possono raccogliere i suoi frutti, ma una volta morta, che sperate di conservare di lei? Fra le erbe che incontrate in primavera alcune sono utili, altre dannose, ma difficilmente troverete pietre pericolose, e tuttavia esistono tante pietre quante erbe”.

Maura Luperto