Ricordi

Il mio maestro raccontava che tutte le sere, prima di dormire, immaginava scene paradisiache, luoghi magici in cui era felice, ma l’esercizio che gli riusciva meglio e gli dava più soddisfazione era quello dei ricordi.

L’esercizio che faceva era quello di chiudere gli occhi e lentamente lasciar affiorare nella mente quelle scene della vita in cui era stato felice.

Anch’io, poi, mi sono dedicata a un esercizio simile. A occhi chiusi viaggio dentro ai ricordi, però nelle scene mi vedo eternamente giovane, felice. E se a volte arriva un ricordo triste, allora cerco di allontanarlo dalla mente. Per me è come un elisir di giovinezza.

Credo ci sia una netta distinzione tra nostalgia e rancore. Identifico la nostalgia con il colore blu, e il rancore mi appare verde marcio.

La psicosomatica descrive i rancori come figli della bile, della rabbia: si associano a ricordi di scene in cui abbiamo conosciuto l’impotenza e l’incapacità di reagire. Si tratta di ricordi che abbiamo subito, di cui siamo stati vittime.

Ricordi di scene in cui le cose sono andate nel verso contrario di quello che volevamo o di ciò che ci aspettavamo. I rancori ci ricordano più che mai le nostre sconfitte e veicolano una carica di emozioni, impregnate di rabbia, tristezza, apprensività.

Alcuni miei pazienti hanno raccontato di stati rancorosi sopiti che, per mezzo della psicoterapia, sono emersi in modo prorompente, accompagnati da ricordi impregnati di infelicità. L’aiuto terapeutico è arrivato nel collocare dentro i ricordi tristi e spiacevoli, immagini di gioia.

Anche la nostalgia può rievocare il sentimento della tristezza: ma non è il disagio di un ricordo spiacevole. Si ha nostalgia di ciò che è stato bellissimo e che non è più.

La nostalgia è il sentimento dell’anima che viaggia alla ricerca della sua memoria più antica: io la identifico con il colore blu, perché contiene il segno della notte dove regnano sepolti i ricordi. Ma non è un blu cupo, piuttosto un blu luminoso, perché la nostalgia si impregna della gioia di vivere, di una scena addolcita da un ricordo che ha riempito la nostra esistenza, la nostalgia di un amore perduto, di un amico lontano, di un’infanzia perduta.

I ricordi di cui abbiamo nostalgia ci restituiscono porzioni di vita, in cui ci riconosciamo. Quelli del rancore appartengono invece al segno del mare nero, delle onde, della tempesta che stravolgono l’equilibrio psicofisico.

Quando un ricordo è spiacevole, non bisogna fare nessuno sforzo per cercare di cancellarlo o rimuoverlo. Bisogna invece spostare l’attenzione su un particolare della scena e immaginare di trasportarlo in un altro luogo, in un altro spazio.

Come succede in teatro, bisogna immaginare che entrino in scena altri personaggi, altre figure che vivono assieme a noi ricordi meravigliosi e ricchi di gioia.

Il risultato che si può ottenere è quello della trasmigrazione dei ricordi. E nei confronti dei ricordi spiacevoli, occorre cercare di trasformare il rancore in nostalgia.

L’esercizio si rivela molto utile nella vita di tutti i giorni, perché siamo troppo ancorati allo stress del quotidiano e del presente.

Ritrovare la memoria di ciò che siamo stati, ci rimette sul sentiero delle tracce della nostra identità.


Maura Luperto