Tarocchi

È quasi impossibile risalire all’origine dei tarocchi. Le varie leggende che accompagnano questi affascinanti arcani ne fanno risalire la nascita nei tempi antichi, passando per la Kabbalah ebraica, fino al periodo egiziano, da quello indiano all’assiro fino a perdersi nel mito.

Le prime tracce certe di qualcosa di simile ai tarocchi risalgono alla Cina. Nel 1120, un funzionario della Corte donò all’Imperatore 32 tavolette di avorio inciso che componevano un gioco chiamato “Mille volte diecimila”. Si trattava di tre serie di nove tavolette relative al cielo, alla terra e all’uomo. Sulle carte cosmiche sono raffigurati quattro segni rossi che corrispondono ai punti cardinali e sulle carte umane sedici segni relativi alle quattro virtù cardinali (benevolenza, giustizia, ordine, saggezza) ripetute quattro volte.

Ad esse si univano tre trionfi e due carte chiamate “il fiore bianco” e “il fiore rosso”. Il nome stesso del gioco ” mille volte diecimila” rimanda ad un concetto di infinito, di macrocosmo, tanto più che la somma dei segni del gioco rispecchiava il numero delle stelle note; le tavolette avevano quindi un simbolismo esoterico e rappresentavano la specularità del macrocosmo e del microcosmo che si ritrovava anche nell’I Ching. È questa la prima volta in cui compare sistematizzata in un gioco la concezione esoterica della vita.

Anche l’India possiede un gioco di questo tipo, ancora oggi in uso, le cui notizie risalgono alla fine del 500 quando il persiano Abul Fazl Allaui descrisse un gioco di 144 carte, diviso in dodici serie di dodici carte, che gli islamici ridussero a 96.

Nell’originale indiano, Dasavatara, ogni serie porta il nome di un avatar di Visnù e si compone di dieci carte numerali da uno a dieci più il re e il visir. Nelle prime serie l’ordine è ascendente e la carta più bassa è 1, nelle altre il processo si inverte, l’ordine è discendente e la carta più bassa è 10. Ogni serie porta l’emblema dell’avatar a cui si riferisce: pesci, conchiglie, denari, fiori di loto, coppe, archi, bastoni e sciabole.

Anche in questo caso il gioco si collega alla cosmogonia mitologica, particolarmente ricca e articolata nel pensiero indiano, salta nel tempo umano, in quanto i valori delle carte cambiano con il tragitto del sole; di giorno la carta più forte è quella che raffigura l’incarnazione di Visnù in Rama, dopo il tramonto questo valore passa alla carta che raffigura Krishna, nome che significa “il nero” ed ha una valenza anemica notturna, inconscia, complementare a quella di “uomo ideale” di Rama, diurna, egoica.

In occidente i primi mazzi di carte conosciuti sono più vicini alla simbologia cinese che a quella induista. Le Naibi risalgono al 1300, si tratta di un gioco di 50 carte divise in 5 serie di 10 carte ciascuna. Le serie corrispondono alle condizioni della vita: mendicante, servo, artigiano, mercante, gentiluomo, cavaliere, saggio, Re, Imperatore e Papa; alle Muse, con l’aggiunta di Apollo; alle scienze, alle virtù ed infine ai sette pianeti con l’aggiunta dell’ottava sfera, il Primo Mobile e la Prima Causa.

Il contributo della cultura islamica ed ebraica, portò ad una evoluzione delle Naibi: l’influsso della Kabbalah le trasformò nei 22 arcani maggiori, a cui si aggiunsero successivamente le carte numerali, comprendenti 4 semi, di probabile derivazione indiana, che identificavano 4 caste sociali.
Coppe – Clero
Bastoni – Contadini
Spade – Nobili
Denari – Commercianti

Secondo una notizia mai storicamente provata, la nascita dei tarocchi sarebbe avvenuta in Marocco precisamente a Fez nel 1200, dove alcuni studiosi avrebbero deciso di scrivere un libro figurato che servisse da guida ai saggi di tutto il mondo. Altri affermano che furono i crociati, nel 1121 a introdurli in europa. Altri ancora ne attribuiscono l’invenzione agli zingari giunti in occidente intorno al 1400.
Ma questo è del tutto improbabile perché già nel “Libro delle figure geroglifiche di Nicolas Flames compaiono allegorie che evocano gli arcani maggiori, elaborati in funzione di commento alla grande Opera Ermetica. Inoltre gli antichi sacerdoti ebraici profetavano usando i Teraphlium, pelli dorate con su incisi disegni simbolici.

Comunque il primo mazzo ufficiale dei Tarocchi nasce a Marsiglia intorno al 1400 e comprende solo gli arcani maggiori, con immagini simili a quelle attuali. Il rinascimento vede i mazzi più famosi: tra il 1432 e il 1466 Bembo dipinse il mazzo per i Visconti. Ma solo nel 1751 il francese Burdel perfeziona i 22 Arcani Maggiori e vi aggiunge i semi e le figure degli Arcani Minori, sviluppando quanto già iniziato col mazzo del Mantegna.

È proprio nella Francia del ‘700 che i Tarocchi assumono un’enorme importanza come chiave di lettura fondamentale della Filosofia occulta.
Court de Gebelin, dopo aver studiato per vent’anni il simbolismo dei Tarocchi, concluse che in essi si celava il famoso libro egizio tramandato da Ermete Trismegisto, autore del libro di Thot.
Questo libro inciso su 78 lastre d’oro sarebbe scampato all’incendio della biblioteca di Alessandria d’Egitto ordinato dal califfo Omar. L’ipotesi di Gebelin trovò una parziale conferma quando nel 1799 un ufficiale napoleonico trovò in una triplice iscrizione, incisa in greco, geroglifici sacri e volgari che permise di decifrare il libro di Thot.

Secondo Gebelin il termine tarocco sarebbe composto da Taro più Ros cioè via Regale, e sarebbe ad indicare il codice interpretativo della “strada regale della vita” cioè i segreti dell’iniziazione esoterica. Questa interpretazione è confermata dalla terminologia araba: Tarika cioè via dell’evoluzione.
Eliphas Levi invece legò i 22 arcani della Kabbalah, affermando:

Le figure cabalistiche del giudeo Abramo, che dettero a Flamel l’iniziativa della scienza, non sono che le 22 chiavi del tarocco, imitate dall’altra parte e riassunte nelle dodici chiavi di Basilio Valentino. Il sole e la luna vi compaiono nuovamente sotto le immagini dell’Imperatore e dell’Imperatrice, mercurio è il giocoliere; il grangerofante è l’adepto o estrattore della quintessenza: La morte, il giudizio, l’amore, il dragone o il diavolo; l’eremita o vecchio e infine tutti gli altri simboli vi si ritrovano con i loro principali attributi e quasi nello stesso ordine.
Non potrebbe del resto essere diversamente giacché il tarocco è il libro primitivo e la chiave di volta delle scienze occulte; esso deve essere ermetico, come è cabalistico e magico. Così nella riunione della dodicesima con la ventiduesima chiave, l’una all’altra sovrapposte, ritroviamo la risoluzione geroglifica della nostra soluzione dei misteri della Grande Opera
“.


Anche Papus, occultista di fine ‘800, studiò i tarocchi collegandoli alla Kabbalah, e lo stesso fece l’inglese Artur Waite, il quale introdusse una variante, collocando il Matto tra la prima e l’ultima carta e assegnandoli il valore zero, mentre Levi e Papus lo ponevano prima del Mondo, con valore 21.
Papus interpretava la parola Taro iscrivendola in un cerchio e, leggendola sia in senso orario che in senso antiorario ne ricavava per esempio la parola torah, oppure la parola Tarot che è l’Azoto dei saggi in Alchimia.

Dopo di lui Oswald Wirth, allievo di Stanislas de Guaita, occultista e alchimista, raffigurò il simbolismo delle carte e ne perfezionò il disegno, fissando nelle carte i dettagli così come li conosciamo oggi.
Da simboli di casta sociali si arricchiscono di valenze simboliche collegate ai 4 elementi e alle loro corrispondenti funzioni spirituali. Le spade sono collegate all’aria, i bastoni al fuoco, le coppe all’acqua, i denari alla terra. Non basta: le spade simboleggiano anche la volontà e la potenza, i bastoni il lavoro e i doveri civici, l’energia materiale e la fecondità; le coppe l’amore e il misticismo, l’elaborazione intima e le ricchezze spirituali; i denari le conoscenze e l’arte ed ogni attività creatrice che regola il mondo esteriore.
Quindi interrogando i tarocchi secondo la disposizione esoterica delle lane è possibile capire a quale livello di evoluzione sia arrivato il nostro spirito, la nostra anima e il nostro corpo, se ci sono degli squilibri tra le parti, quali prove dovremmo affrontare, qual è il nostro Karma, e se possiamo agire su di esso o meno.

Se i 22 arcani maggiori dei tarocchi forniscono agli occultisti la chiave della Regia Via iniziatica, l’alchimia, l’intero mazzo si offre all’interpretazione degli accadimenti della vita quotidiana del consultante, sul piano fisico, astrale e spirituale.
L’anello di congiunzione tra i Tarocchi e l’ambito astrale o psichico sono i quattro elementi: fuoco, terra, aria e acqua.

I 12 segni zodiacali sono raffigurati a 3 a 3 nei quattro elementi, proprio come gli arcani minori dei Tarocchi, secondo le corrispondenze:
– Ariete, Leone, Sagittario Fuoco Bastoni
– Toro, vergine, Capricorno Terra Denari
– Gemelli, Bilancia, Acquario Aria Spade
– Cancro, Scorpione, Pesci Acqua Coppe

Non a caso 12 sono i segni zodiacali, 10 i pianeti e 22 gli arcani maggiori. Sempre 12 sono le case zodiacali che si riferiscono alle nostre relazioni col vissuto, dal punto di vista esterno ed interno, e 12 sono le carte dei Tarocchi che vengono estratte e disposte a cerchio nella lettura a ruota.

Il proposito dei Tarocchi è trasmettere conoscenza e imparare ad accostarsi al mondo del Chaos, che alla ragione appare incoerente, ma che in realtà nasconde in sé le leggi profonde della vita, e i mattoni stessi che la costituiscono, perché, come insegna la tradizione esoterica:
Carbonio;
Idrogeno;
Azoto;
Ossigeno;
Zolfo
Sono gli elementi primordiali della vita.

Maura Luperto