Sarà che mi sto invecchiando, ma ogni rumore che sento mi spaventa.
Nel senso che mi preoccupa, perché io non sono tipo che si spaventa, tze. Che poi, questo fenomeno non succede solo a me, ne abbaiavo ieri con gli amici all’ovale dove ci incontriamo la sera per stare un po’ liberi.
Eravamo i soliti: io, Lapo, Ringo, Tigre, Mikasa, Macchia e Viola, e come sempre correvamo come se ci rincorresse qualcuno. Bahò, ma correvamo da matti, con Ringo e Tigre che, levrieri di tutto rispetto, accarezzavano l’erba per quanto erano veloci.
Il richiamo di Orazio, l’umano di Ringo (che un po’ gli somiglia, sostiene Macchia), ormai lo conoscevamo… “Forza venite che ho gli spuntini alla carne di cervo”. Non conoscevo la parola “cervo”, ma da quando avevo assaggiato quegli stuzziCANI, buonissimi, non me la sono più scordata.
Sicché la corsa aveva preso direzione per Orazio, concentrando le nostre energie su quella bustina che continuava ad agitarci sotto i nostri musi come fosse piena di arachidi di Super Pippo, il mio supereroe preferito.
«Seduti».
E ci siamo seduti: «Raga’, famoli felici, sennò famo notte» avevo detto guardando gli umani intorno a noi, che ridevano come barboncini appena rasati e pettinati prima di sfilare a un concorso.
Inutile dire che lo spuntino aveva appena sfiorato i denti, prima d’essere ingoiato senza masticare.
«Venite che vi do l’acqua» grida Rossella che, assieme a Manuela svuota le bottigliette nelle ciotole.
«Raga’, arifamoli felici, va…».
Dopo di che, in ordine sparso, eravamo tornati alle nostre cose: io mangiavo la terra di una buca scavata qualche giorno prima, Ringo rincorreva la pallina, Mikasa stuzzicava Tigre, e Viola e Macchia una faceva pipì e l’altra brucava l’erba.
Tutto era normale, la tranquillità si fiutava nell’aria, la brezza leggera di quella sera d’estate ci faceva stare bene, ma poi, all’improvviso, dalla parte di un gruppetto di giovani umani, l’inferno: miccette scoppiate senza motivo.
Io non so voi come definite paura e fastidio in un’unica parola. Per noi è BAUUU, con tre “U”. E ogni “u” ha un significato: la prima, vuol dire “che ve possa pijà ‘ncorpo anche a voi”; la seconda “li mortacci vostra”; la terza “ce ‘o sapete ‘ndo ve li metterebbe quei crauti, ve?”. Ma, fortuna loro, gli umani non capiscono la lingua canina.
Fatto sta che quella bella serata estiva, è stata interrotta all’improvviso e, soprattutto, ha fatto scoprire gli altarini. Noi maschi, che ci atteggiavamo a veri “machi”, in realtà abbiamo dimostrato di essere dei fifoni, e le femmine, che erano sempre pronte con le loro battutine sulla somiglianza ai nostri umani, si sono rivelate proprio uguali a noi.
E che comunque, nelle riunioni del CANsiglio di Canitavecchia, abbiamo istituito un gruppo per lo studio di abbai che possano essere compresi anche dagli umani. Non lo so se ci riusciremo mai, ma da un primo passo iniziano i viaggi più straordinari.
BAHO’, però, adesso BAUsta che è meglio se non ci penso troppo alle miccette, sennò m’impaurisco di nuovo.
Alla prossima, se vorrete…
Ernesto Berretti (sotto dettatura di Shagghi)