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Voi come lo chiamate?

C’è un giorno più bello degli altri, ché dal balcone abbaio alle caNpane… «CaNpane con la “N”, correggi Erne’.»

«Ma no, è sbagliato. Si scrive con la…»

«Bahò, mo non cominciamo: lo vuoi capire o no che devi scrivere da cane?»

Allora, come stavo abbaiando prima di essere interrotto, c’è un giorno più bello degli altri perché oltre al baccanE con la “E” sul baUlcone, porto a spasso Ernesto e Rossella, insieme. Adoro scendere in ascensore con loro. Puntualmente fingo di volerli abbracciare: so bene che per non essere sporcati iniziano a scansarsi fino a quasi rimbalzare tra pulsantiera e specchio nel vano ampio quanto una cuccia scomoda.

Uno di quei giorni belli, tanto tempo fa, ho cAnosciuto Lapo… «Ma ci sei o ci fai? CAnosciuto, con la “A”…»

«E certo, devo scriverlo da cane…»

«Bauvo. CAntinuiamo

Eravamo giovani: due maschi adulti si sarebbero fatti rizzare il pelo e si sarebbero ringhiati addosso, ma a noi, a quell’età, poco c’importava. Rossella diceva che sembravamo due bambini che corrono insieme dietro a un pallone, guardandosi e ridendo. Ecco, io e Lapo eravamo così. E lo siamo ancora.

Ci siamo cAnosciuti una giornata in cui la palla enorme che abbaglia nel cielo mi faceva sudare la lingua. «Come la chiamate la palla enorme che abbaglia nel cielo voi umani?»

«Sole.»

«Sole. E sì, in effetti è più comodo.»

Era bello passeggiare sull’orlo della ciotola immensa e ancora più bello metterci le zampe dentro. Bello sì, anche se alla prima lappata ci è sembrata una gattiveria: porco gatto, tutta quell’acqua e non si poteva neanche lappare!

«E come la chiamate la ciotola immensa con l’acqua che non si può lappare

«Mare.»

«Bwow, molto più comodo.»

Mentre passeggiavamo, Ernesto continuava a fare foto a tutti i pelosi che incrociava mentre Rossella mi invogliava a socializzare con Lapo che sembrava già adulto anche se aveva meno di un anno. Anche lui un meticcio, tra uno spinone e chissà chi.

A fine passeggiata Rossella era tutta sudata a forza di starmi appresso senza frenarmi, e parlava da sola ripetendo “è un imbecille” o “se non ce lo manda nessuno, ce lo mando io”.

Erne’, adesso non smettere di scrivere: non offenderti, ma era evidente che ce l’avesse con te: non la smettevi di fermare gente per fotografargli i pelosi. Eri entrato nel loop saluto-fotografia-risaluto-annotazione dei nomi che poi leggevi a voce alta verso a casa, felice come se avessi vinto un osso di prosciutto…

«Be’, non esagerare.»

«Erne’ è buonissimo! Dovresti assaggiarlo. Dai, cAntinuiamo però.»

Tornati a casa, me ne stavo afflosciato sul divano cAnquistato durante una trasferta di Ernesto. Ho capito presto che per ottenere qualcosa dovevo abbaiare come se avessi avuto un piccione davanti. Più abbaiavo e più Rossella ci cascava: “Vieni qua, guarda che ti do”, oppure “zitto e fermo qui”. Certo che a volte arrivavo al limite e io stesso mi sopportavo a malapena. Ma alla fine avevo raggiunto l’obauttivo; anche il divano di fronte allo scatolo magico che regala suoni e movimenti era diventato mio.

«Come lo chiamate la scatola magica che regala suoni e movimenti?»

«Televisore.»

Bello, facile. Dal mio divano di fronte al televisore guardavo il via-vai di Rossella col bastone che urla e mangia tutto…

«L’aspirapolvere.»

Ernesto, invece, era tutto cAncentrato mentre portava le fotografie dei pelosi dalla sua reflex al computer…

«Erne’, non ti cAnfondere… quella è una parola straniera.»

«Computer?»

«Ti aiuto con lo sbaulling: ci-a-enne-pi-u-ti-e-erre, CANputer

«Ennò eh, questo non lo scrivo! Ma porco cane…»

«Bahò, dentro ci hai caricato tutte quelle foto di cani, è più che giusto che si chiami canputer! E poi, che offendi a fare?»

«Vabbe’, scusa, ti faccio un grattino. Dai continuiamo…»

«Ennò. Lo sai che non mi piace essere insultato. Adesso bausta che ho voglia di accucciarmi un po’.»

Alla prossima, se vorrete…