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Cinque Amici in Birreria

Sono cinque amici, quattro ex compagni d’università e un quinto acquisito successivamente, ad una festa di compleanno. Si frequentano da oltre dieci anni, si incontrano spesso al bar, al ristorante, organizzano gite fuoriporta, condividono i problemi, le avventure, le disavventure, i progetti, i sogni, si raccontano tutto: un sodalizio durevole.

Andrea, il leader, il più acuto dei cinque, spigliato, spirito critico e fortemente ironico, 30 anni, organizza gli incontri e tiene quasi sempre banco. Le sue battute sono divertenti e inesorabili: coglie sempre nel segno.

Walter, l’esplosivo, un vulcano d’idee, sempre in movimento, molto dinamico, una ne fa cento ne pensa.

Ciro, il sognatore, gran lavoratore, ha un grande obiettivo: aprire un locale per conto suo.

Max, il tecnico, ha una soluzione per qualunque intoppo tecnologico o meccanico; un po’ come “quel gran genio del mio amico” descritto nell’omonima canzone di Mogol/Battisti.

Cristiano, il saggio, trova sempre il modo di convogliare le divergenze e mitigare gli spiriti ribelli che regnano in ognuno di loro.

I cinque amici chiacchierano allegramente del più e del meno mentre sorseggiano una gustosissima cioccolata in un bar all’aperto di Roma periferia. Ciro (il sognatore) cerca di cogliere qualche spunto di conversazione fra un sonnellino e l’altro. Il suo lavoro lo sfianca e lo consuma, giorno dopo giorno: lavora come cameriere in una birreria del centro di Roma e, spesso, è sottoposto a stressanti turni fino a notte fonda.

  • “Ciro, sveglia! La tua cioccolata è arrivata… circa mezz’ora fa! “– lo scuote Andrea  (il leader)
  • “Meglio, così non scotta!” – risponde Ciro svegliandosi di soprassalto, mentre stacca la schiena mal poggiata sulla rigida seggiola in alluminio forellato, stropicciandosi gli occhi
  • “Alla buon’ora, Ciro” – aggiunge Walter (l’esplosivo) dandogli una pacca sulla spalla, mandandogli di traverso il sorso di cioccolata appena ingerito e rischiando il trabocco della tazza ancora bollente – “allora? Quando apriamo ‘sta birreria?”

La conversazione verte adesso sul sogno di Ciro in via di concretizzazione, grazie anche al supporto dell’amico Walter in termini economici e di idee pratiche.

  • “Hai pensato dove aprirla?” – continua Walter
  • “Certo!” – risponde l’altro – “a Tivoli! Ho già individuato un locale che cede l’attività: era un fast-food che non andava. Sono sicuro che una birreria tira di più da quelle parti!”
  • “Sicuramente” – ribatte Walter – “poi vedrai, l’allestiremo come un pub, poi installeremo altoparlanti per diffondere musica jazz, tappezzeremo le pareti di quadri new-age, luci soffuse a led laterali crescenti  e poi…”
  • “E poi fermati!” – lo blocca Ciro – “Prima dobbiamo riuscire a trovare i soldi solo per rilevarlo, e, all’inizio, può rimanere così com’è, poi penseremo agli abbellimenti!”

I due discutono a lungo portando ciascuno le proprie argomentazioni, l’uno con mille idee futuristiche, l’altro con i piedi per terra, finché non giunge l’ora di chiusura.

Dopo poche settimane i due sono d’accordo, acquistano il locale e danno il via ai lavori di ristrutturazione. Finalmente il giorno dell’inaugurazione. Invitano tutti gli amici e parenti (circa 80 persone), birra, salatini  e dolcetti per tutti.

L’iniziativa sembra avviarsi a gonfie vele, il locale ha il pienone tutti i weekend e i profitti cominciano ad onorare l’investimento. Servono primi, pizza, hamburgers di carne di prima qualità, birra bionda, birra scura, birra rossa, tutti i giorni senza interruzione, dalle dodici a mezzanotte.

Ogni sabato si presentano anche gli amici, piccole e grandi comitive capeggiate dal trio Andrea, Max e Cristiano, che coniugano il piacere della cena con l’incontro con i due indaffaratissimi amici del gruppo dei cinque.

Il locale è sempre pieno. La numerosa comitiva gusta i buonissimi Hamburger di manzo in salsa rosa, invenzione di Walter, con patatine fritte non surgelate preparate da Ciro, ben accompagnate da una corposa birra ambrata. Il buon pasto col sapore d’amicizia dona ai ragazzi un’ebbrezza di piacere difficilmente ripetibile altrove.

Il tempo passa, settimane, mesi. Le comitive si dissolvono via via nel tempo, trenta, venti,  dieci, fino a limitarsi ai tre amici originali, i fedelissimi. Parallelamente anche la clientela si dirada, il locale da un po’ di tempo non fa più il pienone, anzi è disertato nei giorni feriali e comincia a languire anche nei weekend.

Che sta succedendo? La clientela non incalza come qualche tempo fa. Ciro e Walter adesso hanno più tempo da dedicare agli amici, siedono spesso al loro tavolo, ogni benedetto sabato. Ostentano tranquillità e allegria, ma gli altri tre sanno benissimo cosa sta succedendo, tuttavia non osano entrare mai in argomento per non urtare la suscettibilità dei primi due.

Per mesi e mesi Andrea, Max e Cristiano hanno dovuto sopportare tacitamente di essere serviti per ultimi; hanno dovuto veder passare avanti clienti arrivati dopo di loro;  hanno dovuto appurare la decadenza della qualità dei cibi e delle bevande; hanno tollerato la latitanza dei due amici-soci: sempre troppo indaffarati per due chiacchere, invero sempre presenti per le portate e per il conto. 

Adesso i due proprietari siedono più spesso e volentieri al tavolo dei tre, raramente distolti da ordinazioni subitanee e, come ai tempi dell’indissolubile quintetto, possono parlare del più e del meno, quasi senza interruzioni. L’argomento prevalente è la crisi, la penuria di risorse finanziarie, le tasse, il calo della clientela. Come scuotere i due soci in cerca di alibi che giustifichino la diserzione dal loro locale? Andrea ha un piano.

Il sabato successivo, in birreria, dopo aver effettuato l’ordinazione, Andrea confabula con gli altri due amici. Non appena arriva la porzione di hamburger, i tre si divertono a prenderne uno e a farlo rimbalzare per terra come una pallina di gomma. Walter, non appena si accorge del nuovo “sport” praticato dagli amici, si precipita al loro tavolo per fermarli.

  • “Ragazzi, cosa state facendo? Siete ammattiti?”
  • “Stiamo saggiando la consistenza dei tuoi hamburger Walter, vedi? La loro gommosità è tale che rimbalzano come palline da ping pong, ma sono molto più silenziose!” – dice Andrea ridacchiando
  • “Ma così mi fate scappare i clienti! Vi prego, smettetela!”
  • “Scappano comunque, Walter” – si inserisce Max – “tranne quelli laggiù, cui hai servito gli hamburger originali, gli stessi che ci servivi i primi tempi!”
  • “Beh… ecco… quelli sono nuovi clienti e… siccome le confezioni erano finite… il nostro grossista ci fornisce quest’altra marca, meno nota, ma ugualmente gustosa…”
  • “Vuoi dire “gommosa”, riservata ai vecchi clienti e agli amici” – conclude Cristiano, sarcastico
  • “Su, su, quante storie! Carino lo scherzo, sempre buontemponi eh? Dai, non pensiamoci più. Che dolce posso portarvi per dopo?”

I tre fanno la loro ordinazione e, alla fine del faticoso pasto, accompagnato da una birra insapore quasi quanto l’analcolica, arriva il dolce: una torta di ricotta con gocce di cioccolato, servita da Ciro in persona.

  • “Guardate ragazzi” – esclama Andrea prima che Ciro si allontani – “dev’essere buonissima! Ne ho comprata una identica la settimana scorsa al supermercato, è quella della Buitoni in busta”

Ciro, che stava rientrando in cucina, arresta il suo passo e torna indietro, al tavolo dei tre, furioso.

  • “Ma cosa urlate?  Noi non serviamo torte in busta,  né Buitoni né altro! Questa l’ho fatta con le mie mani!”
  • “Ha ragione Andrea” – ribatte Max – “forse questa è della Cameo, le gocce di cioccolato sono “a scomparsa””
  • 2Forse le ha mangiate Ciro mentre mescolava l’impasto già pronto “con le sue mani”” – aggiunge Cristiano, senza peli sulla lingua

Ciro cerca di contenere il disappunto, riprende la torta dal tavolo e avanza la sua giustificazione:

  • “Forse questa non è riuscita bene. Adesso ve ne porto una speciale, una torta al tiramisù preparata da Walter. Se avete un attimo di pazienza è quasi pronta e sarà sicuramente di vostro gusto!”
  • “Non stiamo nella pelle, Ciro, siamo curiosi e, quanto a pazienza, ne abbiamo veramente molta, tant’è che siamo ancora qui” – ironizza Andrea, suscitando le risa degli altri due

Ciro volta le spalle dopo un finto sorriso di circostanza e si allontana verso la cucina. Torna venti minuti dopo per servire  un grande vassoio, lo poggia delicatamente al centro del tavolo fra gli sguardi curiosi dei tre amici:

  • “Ecco, amici, un Tiramisù realizzato su misura per voi: a ognuno la sua fetta!”

Una bellissima e succulenta torta al tiramisù abbellisce il centro del tavolo e risveglia la vorace golosità dei commensali. Ma, mentre il coltello di Andrea sta per affondare  nel dolce, la sua attenzione si sofferma su un particolare: la torta è ricoperta da un velo di cacao, schiarito in alcuni tratti, ravvisando dei disegni. Richiama l’attenzione degli altri due sui disegni e finalmente si delineano tre settori, in ciascuno dei quali è raffigurata una bara. Ogni bara reca una scritta con il nome di ciascuno dei tre ragazzi.

  • “Ci vogliono proprio bene Ciro e Walter, vero ragazzi?” – esordisce Andrea ridendo
  • “Sì, un mondo di bene, “da morire”” – aggiunge Max
  • “Un modo per esprimere la loro amicizia… “oltre la vita!”” – conclude Cristiano

I tre scoppiano in una grande risata e, mentre divorano dolce, bare e scritte, complottano per la seconda parte del piano.

Una settimana dopo, sempre di sabato, i tre ragazzi sono là, alla birreria, si accomodano a un tavolo più grande.  Puntualmente arriva Ciro per raccogliere le ordinazioni, stavolta insieme al socio Walter.

  • “Bene amici, qual buon vento vi porta qui e cosa possiamo servirvi oggi?” – chiede Ciro, recitando la filastrocca rituale di benvenuto
  • “Oggi abbiamo deciso di venire da voi per mangiare qualcosa di buono” – risponde Andrea, col solito sorriso fra l’ironico e il beffardo, tuttavia convincente
  • “Qualcosa di Buono? Oggi? Qui?” – esclama Walter, stupito, guardando negli occhi Ciro, più stupito di lui – “Sarebbe la prima volta che vi sento dire che venite qui a mangiare qualcosa di buono!  Prego!”
  • “Pronti?” – dice Andrea mentre fa un segnale agli amici, che capiscono al volo e, tutti insieme simultaneamente, sfoderano un pacco dal proprio zaino. Max svolge il suo pacco e stende sul tavolo una mezza dozzina di fette di prosciutto crudo e un’altra mezza di mortadella. Cristiano apre la sua confezione contenente due caciotte, una di pecora, l’altra di capra e cinque mozzarelle di bufala. È la volta di Andrea, che estrae due barattoli di carciofini grigliati in agrodolce e un barattolo di acciughe.”
  • “Adesso puoi portarci del vino rosso, preferibilmente Lambrusco? Altrimenti va bene anche il vostro buonissimo vino della casa” – dice per tutta risposta Andrea, sfumando le ultime tre parole nel baritonale tragicomico, con il suo immancabile sorriso, stavolta meno convincente

Ciro e Walter mangiano la foglia e, senza smorzare il sorriso di circostanza, il primo risponde:

  • “Andrea, sai benissimo che non abbiamo vino, ma…”
  • “Lo avevamo previsto, caro Ciro, così abbiamo pensato di venire anche a bere qualcosa di buono!” – lo interrompe prontamente Andrea, facendo un altro cenno ai due amici al tavolo

Tutti e tre sfoderano dal proprio zaino una bottiglia di Pinot Noir da 0,75, quindi  Cristiano aggiunge:

  • “Bene, Ciro e Walter. Adesso tocca a voi: portateci il miglior pane e una caraffa della migliore acqua che avete e, se volete, potete sedervi anche voi, non a caso abbiamo scelto un tavolo da cinque: anche voi avete diritto di mangiare e bere qualcosa di buono!”

Ciro e Walter dapprima s’irrigidiscono, quasi offesi, poi si guardano l’un l’altro, capiscono e sorridono. Rivolgono poi lo sguardo ai tre amici con dolcezza, come a volersi scusare, si guardano nuovamente tra loro, annuiscono l’un l’altro con uno sguardo d’intesa e siedono volentieri al tavolo con gli amici, dopo aver servito pane e acqua, come nelle antiche osterie. I cinque amici mangiano, bevono e ridono contenti, come ai bei tempi.

I due soci conduttori hanno incassato la lezione inferta dai tre grandi amici che, in quanto tali, hanno loro evidenziato l’errore perpetrato nel tempo; errore che ha condotto l’impresa vicino al fallimento. Ciro e Walter chiuderanno presto la birreria a Tivoli, venderanno il locale con annessi e connessi  e riapriranno altrove, in un altro paese, certi di non ripetere gli stessi errori: non taglieranno più le spese sugli approvvigionamenti a scapito della qualità, bensì, dopo un periodo promozionale iniziale rivedranno i prezzi al rialzo quando la clientela sarà consolidata. Funzionerà? Non si può sapere a priori, non a caso tali avventure vengono chiamate “imprese”.

Di sicuro, soprattutto nei dintorni di Roma, “se vò magnà bbene”, anche spendendo qualche euro di più. Penalizzare la qualità non comporta recupero di profitto, ed è certamente la strada sbagliata da seguire. Adesso lo hanno imparato, e questo, grazie agli amici, i loro Amici, i veri Amici.

Vincent

Scrittore, Musicista, Informatico

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