A causa di varie patologie più o meno gravi e dopo una brutta polmonite, Siora Mare è stata ricoverata in casa di riposo da marzo dell’anno scorso. (Se non hai letto il primo episodio lo trovi QUI)
All’inizio non è stato semplice per il Sior Pare. Cinquant’anni di matrimonio più altri cinque da “morosi” (Trad.: fidanzatini). Una vita intera trascorsa insieme. Inizialmente era ricoverata a Venezia centro storico, per cui, pur non vedendoci, lui si prendeva l’autobus (lo riconosce perché è l’unico doppio che passa qui dove abitiamo), scendeva in Piazzale Roma e poi si faceva la sua bella passeggiata per Cannaregio. Un modo anche per sentirsi a casa, noi nati tutti a Venezia e, per di più, io proprio in quella struttura.
Per vari motivi, a settembre abbiamo dovuto trasferirla a Mestre. Purtroppo per arrivarci non c’è l’autobus diretto, per cui dopo un paio di prove (in cui si è ovviamente perso per la città), ci ha rinunciato. Ora può andarci solo se lo porto io. Questo lo limita parecchio, in ogni caso riuscivamo comunque ad andare a trovarla una o due volte a settimana.
Ogni volta le battute si sprecavano, tra le uscite di Siora Mare e quelle di Sior Pare tutti i presenti si facevano delle belle risate!
- “Ciò, ti sa, to fìa me ga tolto ‘na badante, ‘na dona che parla e mette musica! “ (Trad.: Oh, lo sai, tua figlia mi ha preso una badante una donna che parla e mette musica!)
- “E cossa ti ghe fa co ‘sta dona, porseo? Ma ti sa che to pare xe porseo?” (Trad.: e cosa ci fai con questa donna, porco? Ma lo sai che tuo padre è un porcone?)
- “Ciò, mi ea ciamo e ghe domando musica classica e ea mea mette! Cussì stago sempre in compagnia!” (Trad.: eh, io la chiamo e le chiedo musica classica e lei me la mette. Così sono sempre in compagnia!)
(Hai perso l’articolo del Sior Pare e Alexa?)
L’ultima volta che l’abbiamo incontrata è stata a fine febbraio. Il lunedì dopo la casa di riposo è stata blindata. E come glielo spieghi ad un uomo innamorato da ben cinquantacinque anni, che non può vedere sua moglie fino a data da destinarsi? Per fortuna dalla struttura ci mandavano dei suoi video una volta a settimana, e lui aspettava il giovedì come un bimbo aspetta il Natale.
- “Eora? Xe zioba, te ga mandà el video?” (trad.: Allora? È giovedì, ti hanno mandato il video?) Faccina speranzosa e da gattone innamorato.
Finalmente martedì scorso siamo potuti andare da lei di persona. Lui era un po’ titubante sul venire o meno, vederla ma non poterla abbracciare dopo tutti questi mesi. Tuttavia la voglia di rivederla era troppa. Arriviamo con le nostre mascherine personalizzate e piovono i complimenti. Ci portano nel retro, noi seduti fuori, lei dentro. Io esordisco con un classico:
- “Siora Mare?”
- “Fìa mia! De botto xe finìo carneval!”
Risata generale. In un attimo tutta la tensione di questi mesi si è sciolta. La psicologa al suo fianco ci guarda un po’ stranita. Ci pensa il Sior Pare a smorzare ancora di più l’atmosfera:
- “Eora, cossa ti ga fatto de beo in ‘sti giorni? Ti xe andada a baear o ti ga cantà e basta?” (Trad.: allora, cosa hai fatto di bello in questi giorni? Sei andata a ballare o hai cantato e basta?)
- “Ti savessi… Go baeà, go cantà… tuto un divertimento!” (Sapessi… ho ballato, ho cantato… tutto un divertimento!)
Per festeggiare poi l’ho portato finalmente al supermercato. Era la prima volta che ci andava dopo mesi. Si è fatto il suo giretto, ha comprato le sue cose, scambiato due battute con la cassiera. Come se di colpo tutto fosse tornato alla normalità.
Basta poco, a volte, per essere felici.
Anna Bigarello