Giulia: Ciao a tutti! Benvenuti a questo nuovo appuntamento con la rubrica Piccoli Lettori… come me!
Argo: Ciao, amici! Giulia, hai detto che questa settimana ci sarebbe stata una sorpresa. Qual è? Qual è? Qual è?
Giulia: La settimana scorsa ho accennato a ciò che avremmo fatto nei seguenti appuntamenti: analizzare alcuni dei racconti più famosi di Lovecraft. Però, non vi ho detto che li avremmo anche confrontati con i loro adattamenti manga, tutti a cura del maestro Gou Tanabe e pubblicati, in Italia, da J-Pop!
Argo: Wow! Ma che cos’è un manga? E da dove viene questo Gou Tanabe? Dal nome sembra che sia di molto lontano!
Giulia: Argo, non ricordi che ne abbiamo parlato qualche tempo fa?
Argo: Non ho il più vago ricordo!
Giulia: Prima o poi mi farai impazzire! Un manga è un fumetto giapponese, solitamente caratterizzato dallo stile enfatico e fantasioso dei personaggi, raffigurati con acconciature elaborate e occhi grandi; dalla particolare grafica e dal verso di lettura, che va da destra a sinistra e dall’ultima alla prima pagina. Di conseguenza, Gou Tanabe è un fumettista giapponese.
Argo: Ora ricordo! I manga di cui ci parli rispettano tutti i criteri?
Giulia: No: lo stile dei disegni è fortemente influenzato dall’occidente; quindi, i personaggi sono raffigurati come nei fumetti a cui siamo abituati. Ma il verso di lettura e la nazionalità dell’autore lo rendono un manga.
Argo: Okay, sono proprio curioso! Con che racconto cominciamo?
Giulia: Vi presenterò le opere quasi nell’ordine in cui sono state scritte, seguendo la crescita di Lovecraft e della sua carriera, dall’inizio alla fine. Quindi, oggi vi parlo di tre dei primi racconti con cui l’autore esordì: Il tempio, Il mastino e La città senza nome, tutti raccolti in un solo volume manga.
Argo: Che paura, ho già i brividi! Perché Gou Tanabe ha scelto di mettere insieme proprio questi tre racconti?
Giulia: Oltre il periodo di scrittura, che va dal 1920 al 1922, hanno molti elementi in comune. Nessuno dei personaggi è uno stregone o uno studioso di scienze occulte: conoscono il mondo dei mostri casualmente. L’incontro con la mostruosa civiltà li cambia radicalmente e li porta a una veloce decadenza psicologica. Per spiegare ciò che vedono, cercano di formulare ipotesi logiche, ma che non rispecchiano la realtà. Da romanzo a manga differiscono pochi particolari, che non alterano la storia.
Trattandosi dello stesso periodo, neanche lo stile di scrittura cambia. Dietro tutti e tre i racconti troviamo un Lovecraft alle prime armi, con una penna ancora “acerba”: del suo mondo immaginario c’è solo un progetto provvisorio, che nel tempo subirà molte modifiche; i personaggi, umani e fantastici, non sono completi e i loro ruoli non sono ancora ben definiti. Le classi dei mostri non sono formate e le ambientazioni fittizie non sono state inventate.
Argo: Allore le storie sono raccolte secondo una logica! Quale racconto preferisci tra i tre?
Giulia: Tutte e tre le opere lasciano qualcosa, sebbene in modo diverso. Un punto non comune è il carattere dei personaggi. Quello che più mi ha colpito è il protagonista de Il tempio, perché è coraggioso, rigido, orgoglioso, e patriota, come lo stereotipo dell’ufficiale tedesco impone. Non accetta di arrendersi e preferisce morire per la sua patria e, fino all’ultimo, cerca di giustificare razionalmente le sue scoperte sull’esistenza dei mostri: non ammette contraddizioni alla scienza. Un altro elemento che mi è piaciuto è il finale aperto: una scena “aperta” su mille conclusioni che lascia il lettore all’apice della suspense e dà spazio alla sua immaginazione.
Ovviamente, i riferimenti fatti in Il mastino a Il mastino dei Baskerville di Sir Arthur Conan Doyle non potevano che sorprendermi. I due protagonisti appaiono come lo Sherlock Holmes e il Watson: un uomo coraggioso e cinico, e il suo alter ego, un sognatore inquieto e pauroso, che narra la storia. Completano l’opera l’ambientazione europea e la maledizione del mastino.
Argo: Adoro i riferimenti! Mi piacciono di già. Ho sonno, andiamo a dormire?
Giulia: Volentieri! Fa troppo caldo. Ciao, amici!
Argo: Ciao!