Il sogno di Giacobbe

Nella cosmogonia delle antiche culture (la dottrina che cerca di spiegare l’origine dell’Universo), venerare le pietre, in quanto simbolo di unione tra la terra e il cielo è una questione primaria. Ne troviamo testimonianze anche nella Bibbia. Nel capitolo XXVIII della Genesi troviamo il racconto di Giacobbe, figlio di Isacco e nipote di Abramo. Giacobbe fugge verso Aran (Mesopotamia) per sfuggire a suo fratello Esaù che lo voleva morto perché gli aveva strappato con l’inganno il diritto di primogenitura. Lungo il cammino, vive un’esperienza che la Bibbia racconta nel seguente modo:

” – Essendo giunto in un certo luogo, e volendo riposarsi dopo il tramonto del sole, prese una delle pietre che stavano per terra e, ponendola sotto la testa, dormì in quello stesso luogo. E vide in sogno una scala che poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; e vide anche alcuni angeli che vi salivano e vi scendevano. E in cima alla scala vi era il Signore, che gli diceva: ” Io sono il Signore, il Dio di Abramo, e il Dio di Isacco, tuo padre. La terra sulla quale sei coricato la darò a te e alla tua discendenza”.
Alla mattina, svegliatosi dal sonno e intuendo il potere della pietra che si era posto come guanciale, Giacobbe la alzò, la piantò sulla terra a mo’ di menhir o di stele e sparse dell’olio sulla sua sommità, e pronunciò queste parole: “Questa pietra, che ho innalzato come tempio, sarà chiamata Casa di Dio”.- “


Ecco che le pietre assumono un significato importante anche nelle religioni pagane. Presso i druidi, gli antichi sacerdoti celtici, per esempio, veniva insegnato al popolo che nelle pietre si trovava la spiegazione dell’esistenza, perché soltanto le pietre restano inalterabili per un tempo tanto lungo che all’uomo, condizionato dalla sua breve esistenza sulla Terra, sembra un’eternità.