Giulia: Ciao a tutti! Benvenuti a questo nuovo appuntamento con la rubrica Piccoli Lettori… come me!
Argo: Bau! Ciao! Di cosa ci parli oggi?
Giulia: Amici, aprite bene le orecchie! Oggi parliamo di Le Montagne della Follia, il mio romanzo preferitodi H.P. Lovecraft!
Argo: Bau! Beeeello!
Giulia: Ah, l’hai già letto?
Argo: Sì: prevedendo che oggi ce lo avresti presentato, mi sono portato avanti.
Giulia: Bravo, Argo!
Argo: Dai, dai, dai, cominciamo subito!
Giulia: L’Antartide ha sempre affascinato uomini di tutte le epoche, per il velo di mistero che la ricopre. Una terra fredda, cupa, distante dal resto del mondo. Nel 1930, un gruppo di ricercatori americani della Miskatonic University approdano su quel continente, intenzionati a svelarne tutti i segreti. Sin dal principio, gli studi forniscono notevoli risultati. In particolare, il ritrovamento di un frammento di ardesia dalle striature verdi spinge le ricerche verso nord-ovest, dove imponenti vette nere nascondono un altopiano. La singolarità di quel territorio salta subito all’occhio: dappertutto sorgono costruzioni ciclopiche di forme che non rispettano le regole della geometria euclidea. Niente del genere era mai stato trovato. E sarebbe stato bene che mai fosse accaduto.
Argo: Wow! Oggi sono Argo Marco Polo!????????????
Giulia: E io sono Giulia Jeanne Barret! ????????
Giulia e Argo: Il mondo non avrà più segreti, per noi! ✋????????
Argo: Dunque, signorina Berret, continui pure la sua analisi.
Giulia: Il linguaggio è coerente con il periodo di stesura del romanzo: è molto diverso da quello che un autore contemporaneo utilizzerebbe; ci sono termini strettamente appartenenti al campo della geologia e della biologia. I periodi sono formati da frasi di media e lunga estensione, che impediscono una lettura scorrevole.
Non sono presenti sequenze dialogiche: l’intera opera è formata da lunghe sequenze descrittive, nelle quali si narrano i fatti.
Argo: E cos’ha da dire, riguardo al narratore?
Giulia: Il narratore, che corrisponde a uno dei membri della spedizione, racconta in prima persona ciò che ha vissuto, in un lungo flashback. A volte, infrange la quarta parete, il separé tra il narratore e il lettore, e si rivolge direttamente al pubblico, commentando la vicenda. Questa tecnica si chiama “meta narrazione”.
Argo: Ottimo, mademoiselle!????
Giulia: Passerei, se non le dispiace, mister, alla descrizione dell’opera manga.
Qualche anno fa, la casa editrice italiana J-Pop ha pubblicato una graphic novel in stile manga, a cura di Gou Tanabe, tratta da Le Montagne della Follia…
Argo: “Graphic novel”?! E che cos’è?
Giulia: Si tratta di una storia a fumetti autoconclusiva; può anche essere composta da più uscite, in linea generale, non più di quattro. È rivolta, solitamente, a un pubblico adulto…
Argo: Quindi questa non è adatta a noi?????
Giulia: Mister, se magari pazientasse un po’, avrebbe tutte le risposte. I Piccoli Lettori possono leggere questa miniserie senza problemi: non contiene brutte parole o scene violente! Ritornando a noi: ha la struttura di un romanzo, a differenza del fumetto, che è più semplice.
Argo: Wow! Ehrm Ehrm … degno di approfondimento. Mi ci dedicherò al termine della nostra intervista! Ci sono delle differenze tra la graphic novel e l’originale?
Giulia: Sì, ovviamente. Tutte le sequenze descrittive vengono sostituite con serie di immagini e quelle d’azione con i dialoghi, che nell’originale non sono presenti.
Il prologo qui è costituito da quello che in cinematografia chiameremmo teaser: il lettore viene subito posto di fronte al problema da risolvere e conosce le ambientazioni, grazie a una parte della vicenda presentata prima dell’inizio della narrazione.
L’epilogo corrisponde al prologo dell’originale.
Argo: Capisco… ora, se non le dispiace, avrei altro a cui pensare. Scappo!
Giulia: Amici, mister Argo Marco Polo se n’è andato di corsa per svolgere non immagino quale lavoro. È meglio andare a controllare! Ciao!