A prima vista si presenta quale cognome accompagnato da etichetta altisonante, qualcuno che conta, un professionista. Invece si tratta di un soprannome, appioppato a un personaggio particolare nel suo genere, non infrequente, capace di una dialettica convincente nel suo essere intuitivo e, a volte, profetico ancorché indovino. Un personaggio che non si stupisce in alcun modo, che non conosce la sorpresa, in una parola: non è mai impreparato alla successione degli eventi.
Il suo nome è Antonio, Tony per gli amici, un simpatico professionista siciliano, laureato in legge con il massimo, tanti amici, gran lavoratore, sposato. Anni di tirocinio, praticantato, gavetta, sacrifici, a 38 anni è già un avvocato di successo, 28 cause vinte al suo attivo. Ma per la sua indole, il suo carattere, la sua cultura, si sente come prigioniero nella gabbia contadina del paese dove vive e dove è nato. Il suo sogno: Roma, centro della Storia, antica patria del Foro. Il sogno presto si traduce in realtà: la moglie, insegnante, ottiene il trasferimento e in meno di un mese i coniugi sono a Roma, nuova aria, nuova vita. Tony apre uno studio in pieno centro e riesce a far decollare al top la sua professione nella Caput Mundi.
Tutto sembra procedere per il meglio, o così crede il nostro Tony, ma, al decollo della sua attività lavorativa, si contrappone un tracollo di amicizie e rapporti umani. Mentre la moglie è riuscita a socializzare con i vicini e con i colleghi della nuova scuola, lui non riesce a tenere un nuovo amico per più di un mese. Eppure si dice che i romani facciano amicizia molto facilmente, a qualunque età, sono compagnoni e simpatici.
- Tony! ti va di prendere un caffè con noi? – esordisce un collega in Tribunale durante una pausa comune
- Certamente Carlo! vieni offro io – accetta di buon grado Antonio
- Come ti trovi, Tony, oramai sei qui da sei mesi, so che hai un gran successo!
- Non mi posso lamentare, anzi! finalmente mi son liberato di quel sud di invidiosi e porta-sfiga dei miei ex-clienti, ex amici ed ex colleghi!
- Davvero? e cosa ti è successo? Se posso sapere e se non ti disturba raccontarlo
- Ohhhh! non capivano per esempio quando una causa era persa in partenza, io cercavo di convincerli che sarebbe stato inutile perdere tempo e soldi
- E loro?
- Loro non volevano sentire ragione, arrivavano perfino a minacciarmi se non avessi accettato di rappresentarli
- E poi? come andava a finire?
- Finiva che perdevano la causa e dovevano pagare anche le spese legali alla controparte
- Scommetto che poi ti davano la colpa! – Ipotizza Carlo, sicuro della sua intuizione
- È così. Volevano pure i soldi indietro!
- Ma no! E tu? Glieli ridavi? Spero di no!
- Certo che no! Facevo loro firmare il regolare incarico a rappresentarli e spiegavo loro quello che firmavano
- Perché? Non sapevano leggerselo da soli?
- No. Firmavano alcuni con la croce altri con la X
Carlo esplode in una grande risata, spalancando gli occhi increduli verso Tony, poi aggiunge:
- Ma dai! Non mi dire che erano analfabeti!
- “Sono” analfabeti, gente umile e gentile, grandi lavoratori, ma analfabeti. Si arrabbiavano poi quando perdevano la causa, come del resto avevo loro paventato. Non immagini quanti “Te l’avevo detto” ho seminato in quel paese!
- Non ci posso credere, ma poi, alla fine, ti pagavano?
- Le prime volte no, poi ho imparato a farmi anticipare le spese, siglando nero su bianco. Mi avevano soprannominato “Dottor Turissi“!
- È il cognome di qualche personaggio illustre del tuo paese?
- No, è dialetto siciliano. Poiché per parlare con loro dovevo spesso usare il dialetto, quando perdevano la causa, come da me previsto, dicevo loro “Tu rissi iu!”, cioè “Te l’avevo detto io!”.
- Oddio, quindi ti sei portato dietro questo nomignolo, per quanto tempo?
- Per sempre. In quei posti quando ti appioppano un’etichetta la porti con te per sempre. Per tutti ero diventato il Dottor Turissi, l’avvocato delle cause perse
- Ma, Tony, vincevi qualche causa?
- Eccome! Tutte quelle aventi basi solide per vincere, quelle per i professionisti, per la gente di cultura e altolocata, persone con cui si può discutere serenamente sulle probabilità di vittoria o di sconfitta in un processo
- Senti, Tony, ti andrebbe di venire stasera al Teatro con noi? La figlia di Rinaldo, il Notaio, partecipa ad una rappresentazione teatrale, è la protagonista!
- Rinaldo? Ah sì, Rinaldo, il Notaio… vabbè, ci vengo va! – risponde Antonio mal velando un tono di sussiego e sufficienza, che non passa inosservato ai colleghi
Antonio torna a casa, palesemente contrariato saluta la moglie:
- Tony! Cos’è quella faccia? Un incontro ravvicinato con una tarantola?
- Peggio, Maria, peggio! Lo dicevo io! Lo dicevo io! Prima o poi…
- Che sarà mai successo? dai, a me puoi dirlo!
- Stasera dovremmo andare a teatro a veder recitare la figlia di quel troglodita di Rinaldo, te lo ricordi?
- Rinaldo? Ma sì! Rinaldo, tuo compagno di studi! È qui a Roma anche lui?
- Sì, purtroppo, e fa il notaio, il livello di carriera più basso per un laureato in Giurisprudenza! Si è laureato con il minimo ed è andato a rimestare scartoffie, prima al paese e poi a Palermo. Adesso è a Roma. Io lo sapevo che l’avrei avuto nuovamente fra le…
- No Tony, ti prego. Niente parolacce! Ma che ci sarà di tanto grave andare a vedere la figlia che recita in teatro? Magari è brava e…
- Impossibile – la interrompe Tony – tale padre…
- A proposito di figli… Ho una sorpresina per te, anzi per noi… Indovina?
- Davveroooooo? È quello che penso, Maria?
- Sìììììììì! Aspetto un bel maschietto!
- Lo sapevo io! Lo sapevo! L’avevo detto che avremmo avuto un maschietto! Che bello! Posso sopportare anche la figlia di Rinaldo a teatro stasera!
- Sei incorreggibile! Ma ti adoro così come sei!
I due si recano al Teatro e, con grande sorpresa di entrambi (soprattutto di Tony), la ragazza recita meravigliosamente. A fine performance, il pubblico plaude l’esibizione con una meritata standing-ovation.
- Te l’avevo detto che era brava, lo sapevo io, non ha preso niente da quella capra del padre – urla applaudendo Tony cercando di farsi sentire dalla moglie, seduta accanto a lui
- Certo, amore, certo, l’avevi detto, l’hai sempre detto! – risponde Maria annuendo e alzando gli occhi al cielo, rassegnata e abituata al rituale “profetico” del marito.
Il modo di fare di Antonio, giudizi facili, preveggenza di circostanza e tanti altri piccoli e fastidiosi spigoli del suo carattere, allontana gli amici e deprime la moglie, specialmente adesso che è in dolce attesa.
Passano i giorni, i mesi, Maria studia un modo per scuotere il marito Tony dal suo candore di innocuo inconsapevole fanfarone che però è causa isolamento e indifferenza da parte di amici vecchi e nuovi.
- Avevano ragione i miei genitori! “Non andare nel continente, sono freddi e ti ignorano”, mi dicevano, ed è così!
- Tony, marito mio, cerca di capire, qui siamo a Roma, non c’è il provincialismo delle nostre parti. Siamo in una grande città e a nessuno importa di giudizi e pettegolezzi. Non è così che puoi coltivare i tuoi amici. Poi non riesci a perdere il vizietto del sapientone…
- Ma che dici Maria? Tutto il mondo è paese. Io le persone le guardo in faccia, le studio e le inquadro! Difficilmente mi sbaglio. Prevedo quello che sta per succedere e, guarda caso, ci indovino sempre!
Maria, dopo l’ennesimo vano tentativo di rinsavire il marito, accondiscende facendo buon viso a cattivo gioco. Sa di parlare con un muro. Adesso deve pensare al suo bambino che sta per nascere e, per fortuna, trova un marito pronto per essere papà.
Finalmente, al nono mese arriva il gran giorno. Antonio viene chiamato dall’Ospedale. Passeggia avanti e indietro nella sala d’aspetto del Reparto Natalità insieme ad altri futuri papà, ma è il più nervoso di tutti. L’attesa lo divora.
- (Sarà l’orgoglio di suo padre, grande, forte, intelligente) – pensa fra se e sé.
Ferma ogni infermiera che transita nelle vicinanze per avere notizie, ma niente.
- Dottor Turissi? È qui il dottor Turissi? – urla un’infermiera aprendo la porta che separa le sale parto dalla sala d’aspetto
- Ma… come Turissi… dovrei essere io… mia moglie si chiama Maria… io mi chiamo Antonio…
- Sì è lei, dottor Turissi. Suo figlio è nato, fra meno di mezz’ora potrà vederlo!
- Grazie, infermiera! Può anticiparmi qualcosa, non so, le dimensioni, il peso l’aspetto…
- Ma certo dottor Turissi…
- Mi chiami pure Antonio, o Tony se preferisce… – la interrompe indispettito
- Va bene dottor Antonio Turissi, il suo bimbo è un bel maschione di 5 chili…
- Lo sapevo, l’avevo detto io! Tutto suo padre!
- Poi ha due belle guanciotte, spalle larghe e molto robusto…
- Fantastico! Lo dicevo io che sarebbe nato un bel fusto!
- Capelli già folti e lisci, due splendidi occhi castano-scuri…
- Come dicevo sempre, farà impazzire le donne!
- Stavo dicendo appunto, due occhi color castano-scuro a mandorla una carnagione giallognola, nasino schiacciato, in ottima salute!
- Lo dicev… come ha detto scusi? Occhi a m… mandorla… carnagione giallognola… ha l’ittero?
- Ma no, dottor Turissi… scusi, Antonio! È il suo colore naturale, sono i tipici tratti somatici orientali! Non è contento? Ha un figlio speciale, e sicuramente “l’aveva detto”, giusto?
- Ma io… non… ma è sicura che sia mio figlio? Sicura che la donna che l’ha partorito sia mia moglie?
- Certamente! Sicurissima! E gli ha dato anche un nome in carattere: Tu Riss Yo. Bellissimo vero? Tra poco lo potrà prendere in braccio! A dopo, la chiamo io!
Antonio è furente. Vorrebbe urlare, prendere a calci tutto e tutti. Non riesce a capacitarsi di ciò che sta succedendo. Cos’avrà mai fatto la moglie di nascosto? Si dà un pizzicotto sulla guancia: il dolore conferma che non sta sognando.
- Mia moglie mi deve troppe spiegazioni. Non ci posso credere. Forse i caratteri recessivi… ma non ho antenati cinesi né indiani, né mongoli… forse Maria… ma no! Impossibile!
E rimugina incessantemente per i successivi venti, trenta, quaranta minuti, mirando quella maledetta porta che non si apre. Ormai è rimasto solo. Tutti gli altri neo-papà sono andati via, è rimasto solo col suo dolore, con la sua agitazione, con la sua frustrazione e con la sua curiosità ancora non soddisfatta.
Finalmente la porta si apre, l’infermiera lo invita a vedere il suo bambino!
- Venga dottor Antonio, adesso può vedere la sua meraviglia e prenderla pure in braccio
Non esita un attimo e senza dire una parola scatta in direzione dell’infermiera tallonandola mentre percorre un lungo corridoio, svolta a destra, poi a sinistra, poi ancora a destra e finalmente raggiungono la stanza dove la moglie riposa con il cucciolo in braccio. L’infermiera lo invita a entrare elargendole un grande sorriso e facendosi da parte.
Antonio ancora infuriato entra, vede la moglie, ma rimane sbigottito.
- Non è un amore, Tony? Come la chiamiamo? Che ne dici del nome Alma?
- Una fe… una fe… feeeeeeee – non riesce a pronunciare il sostantivo invaso da sorpresa e stupore.
Rivolge lo sguardo verso l’infermiera che sta ridendo a quattro ganasce: lei lo guarda, gli fa l’occhietto e si dilegua, continuando a ridere e scuotendo la testa. A questo punto Tony capisce: è uno scherzo.
- Avevi bisogno di una piccola lezione per limare il tuo Ego, marito mio. L’avresti mai detto che avremmo avuto una femminuccia così bella?
Antonio capisce all’istante che moglie e infermiera avevano architettato una bella commedia, al fine di smontare il suo ego vestito di superbia e presunzione. I suoi “te l’avevo detto” (“tu rissi” in dialetto siciliano) ricevono un duro colpo, così pure l’autostima dell’ingenuo vanaglorioso protagonista di questo racconto.
Accetta di buon grado la lezione ricevuta, sorride alla moglie e prende in braccio la bimba, felice come una Pasqua.
- Mi chiedevo come facessi a sapere che fosse un maschietto agli inizi della gravidanza, ma ho pensato che la medicina moderna fa miracoli…
- Infatti, io non lo sapevo, ma tu “l’avevi detto” – gli sorride amorevolmente Maria – Ti piace il nome che le ho dato?
- Sì, Alma è un nome bellissimo – dice Tony sospirando e incassando il duro colpo – una sorpresa che non avrei mai immaginato, lo ammetto. La educheremo alla sincerità e all’umiltà e soprattutto non dovrà mai avere la presunzione di anticipare il futuro, come dico sempre…
- Cos’hai detto, Tony? Ancora…
- Scherzooooo! Ci sei cascata! Da oggi l’avvocato Turissi è morto e sepolto. Rinasce Antonio Girardi!
Così si conclude questa storiella, tratta da una storia vera vissuta negli anni ’60 nella Patria di Pirandello. Ma credo sia la storia di molti di noi che spesso avanzano intuizioni geniali senza basi a sostegno, o manipolano i fatti in maniera da farli corrispondere al loro giudizio, di fatto superficiale. Come disse lo scrittore, aforista e poeta siciliano Gesualdo Bufalino (15/11/1920 – 14/6/1996): “Più micidiale dell’Impostore, che crede alle proprie imposture, è il Veridico, innamorato delle proprie verità”.
Ve l’avevo detto, no?
Vincent
Scrittore, Musicista, Informatico