Harry Potter, una visione per soli adulti

Snobbato Harry Potter per anni, mi son ritrovata a vederli tutti di fila con la scusa de “L’1 gennaio esce la reunion dopo 20 anni, la dobbiamo vedere, dicono che sia una cosa spettacolare, tutti riuniti dopo 20 anni” detto dalle labbra di una fan sfegatata.

E dopo i vari “Ma come fai a non averlo mai visto?!” e i “Non sai cosa ti perdi” mi son data al binge watching natalizio, con un certo moto di stupore.

Ci avevo provato più di una volta, a dir la verità, ma quel primo film non mi andava troppo giù, non riuscivo a seguirlo, per quanto fiabesco e magico volesse essere. Ma superati gli scogli del primo e secondo film, alquanto fanciulleschi e introduttivi al cuore del discorso che stiamo per fare, dal terzo in poi la storia è tutta in salita.

[Badate, stiamo parlando solo dei film, non dei libri. Nessuno spoiler, al netto di riflessioni su scene viste e riviste nei trailer, quindi don’t worry, se sei del team “Non ho mai visto Harry Potter” puoi continuare a leggere tranquillamente.]

I film sono ben 7, 8 totali visto che il settimo è suddiviso in due parti, e la storia di Harry Potter narra proprio la crescita di questo ragazzino e dei suoi amici che dagli inizi di questa scuola di magia di Hogwards diventano degli adulti.

La saga ci porta alla scoperta della storia di Harry, attraverso i suoi occhi, attraverso le sue magie e attraverso le avventure che lo portano inesorabilmente a crescere e scoprire chi è e chi non è.

Scoprire chi non è è fondamentale fin dai primi passi della saga, dalla scelta del cappello parlante e dell’appartenenza alla corrispettive “case”, da cui è formata la scuola di Hogwards fino alla fine. Harry Potter non è cattivo.
Per scoprire chi è, invece, ci vorrà del tempo, infatti Harry Potter fin dall’inizio viene sempre descritto per le profezie, o per quello che erano i suoi genitori, ma non per ciò che Harry Potter è realmente.

“Harry Potter! Presuntuoso proprio come suo padre!”

Severius Piton

L’ombra dei genitori, uccisi quando lui era un infante, lo accompagna per tutta la saga in quanto la sua storia è intrecciata inesorabilmente alla loro e, passo dopo passo, compiamo questo cammino di scoperta insieme a lui.

Lo vediamo lanciarsi all’avventura, al voler scoprire la verità celata dietro la sua famiglia, quell’eredità che l’ha marchiato così a fondo, segnandolo inesorabilmente al suo destino.

E in questa crescita di pathos, di età e di consapevolezze, quest’ombra nella personalità di Harry va via via ad affievolirsi, fino a vincerla totalmente e a sopprimere questo lato ereditato, profetico o meno, fino a far prevaricare e vincere ciò che lui è nella realtà, nella sua identità di uomo e individuo adulto.

Insomma, l’intera saga alla fine appare non solo come un percorso di crescita del piccolo Potter, ma come una vera e propria costellazione famigliare, in cui Harry riconosce le sue radici e si libera dei fardelli dei suoi antenati, dei costrutti profetici, per costruire un sé più consapevole e libero di quelle ereditarietà che ci accompagnano dalla nascita senza saperlo.

Bravo Potter, ce l’hai fatta.

Speriamo di esser tutti un po’ come te in questo.

Alessandra Collodel