Giulia: Ciao a tutti! Benvenuti a questo nuovo appuntamento con la rubrica Piccoli Lettori… come me!
Argo: Ciao! Giulia, è da molto che non ci presenti un giallo. Quando ne leggerai uno?
Giulia: Sapevo che, prima o poi, me lo avresti chiesto: il giallo è il genere preferito di ogni Piccolo Lettore! Quindi, per ricominciare in grande, ho letto un grande giallo: Sherlock Holmes e la formula di Hyde di Enzo Verrengia!
Argo: Ma l’autore della serie non è Arthur Conan Doyle?
Giulia: Sì, ma molti scrittori contemporanei, seguendo le sue orme, stanno portando avanti la serie.
Argo: Un autore può morire, ma il suo personaggio, se animato da abili successori, resterà per sempre in vita. E questo ne è un perfetto esempio, amici.
Giulia: Ottima riflessione!
Argo: Scrivere un episodio di Sherlock Holmes è sempre stato il mio sogno più grande!
Giulia: Perché non provi? Basta solo che tu sia dotato di una grande immaginazione… e di un buon vocabolario!
Argo: A cosa mi servirebbe il vocabolario?
Giulia: Holmes vive tra il XIX e il XX secolo, in cui il parlato era molto diverso dal nostro: erano diffusi termini “morti” al giorno d’oggi. Un successore di Doyle deve usare un linguaggio coerente al periodo storico, così non stravolgere la natura della serie. Per questo è molto utile l’aiuto di un vocabolario.
Argo: Quindi anche il romanzo di cui stai per parlarci sembra scritto all’inizio del ‘900. È difficile per un Piccolo Lettore?
Giulia: Ci sono vocaboli non comuni, appartenenti allo slang della malavita londinese o ai campi della nautica e … . Ma niente riesce a frenare un Piccolo Lettore!
Argo: Ora puoi dirci di cosa parla?
Giulia: Certo! È una placida mattina londinese. Il dottor Watson e sua moglie sono a passeggio nei Kensington Gardens. Dal nulla, scoppia una violenta tempesta di fulmini, senza una goccia di pioggia, tale da mettere in subbuglio l’intera città. Il giorno seguente, Watson si reca in Baker Street, nell’ufficio di Sherlock Holmes, per conoscere la sua opinione sull’accaduto. Contrariamente alle ipotesi degli scienziati, che attribuiscono l’evento ad assurdi fenomeni cosmici, secondo Holmes ha una matrice artificiale: sospetta che dietro tutto ci sia lo zampino di Edward Hyde, i quali esperimenti hanno in passato messo a rischio l’umanità…
Argo: Il personaggio di Stevenson, di cui ci hai parlato la settimana scorsa?!
Giulia: Sì, proprio lui. In questo episodio il Re dei Detective dovrà fronteggiare il Re del crimine!
Argo: Uno scontro epico!
Giulia: Questo romanzo è molto interessante. È ben contestualizzato sia a livello storico che geografico: siamo a Londra, nel 1893, durante il colonialismo. Ciò è indicato, in primo luogo, dalle sequenze descrittive, che ci fanno conoscere l’aspetto, la storia e il ruolo dei personaggi e di quello che li circonda.
Argo: Approfondisci.
Giulia: I personaggi sono adatti alla storia: sono perfetti londinesi, in smoking, cappotto e bastone da passeggio. Dialogano tra loro con la raffinatezza che solo un Inglese può avere: il linguaggio è in bilico tra il formale e l’informale. Non manca il tipico tradizionalismo, tanto che rispettano perfino l’ora del thé!
Le ambientazioni sono descritte in modo conciso, senza entrare nel dettaglio. Tuttavia, il lettore non viene confuso e le immagina perfettamente: nella sua mente si forma nitida l’immagine di una Londra ottocentesca.
Le sequenze descrittive si fondono equilibratamente con quelle d’azione: non occupano troppo spazio, affaticando il lettore. Anzi, supportano la narrazione e la rendono veloce e incalzante.
Argo: Wow! Cosa ci dici riguardo al narratore?
Giulia: Il narratore, come in tutti gli episodi di Sherlock Holmes, è Watson, che narra in prima.
Il romanzo è basato su un singolare uso della metanarrazione: oltre a rivolgersi direttamente al lettore, Watson parla dei personaggi come se fossero reali. Per esempio, afferma di essere lui stesso lo scrittore degli episodi di Sherlock Holmes, mentre Arthur Conan Doyle, che fa parte della storia, è solo il suo agente letterario. Allo stesso modo, sostiene che Hyde sia un personaggio reale, le cui gesta sono state in seguito messe per iscritto da Stevenson. Ciò si verifica anche con altri personaggi.
Argo: Originale, non avevo mai letto nulla di simile. Mi piace!
Giulia: Inoltre, Watson fa riferimento ad alcuni romanzi della saga, che attribuisce alla sua penna, commentandoli con opinioni personali. Vengono citate anche opere di altri autori.
L’autore fa uso di questo espediente anche nel prologo: finge che il romanzo sia solo la traduzione di un antico manoscritto inglese, che lui ha ritrovato e adattato in italiano. Supporta la finzione descrivendo l’aspetto e la storia del fantomatico manoscritto.
La narrazione è arricchita da una prolessi e da un’analessi.
Argo: “Prolessi” e “analessi”?! Che cosa sono?
Giulia: La prolessi è quella che gli anglofoni chiamano flashforward: l’anticipazione di una parte della narrazione. L’analessi è l’esatto opposto: la narrazione di un evento avvenuto in precedenza…
Argo: Un flashback!
Giulia: Sì.
Vi saluto, amici. Alla settimana prossima!
Argo: Ciao!