La scorsa settimana abbiamo accennato all’importanza del sole, quale alleato della nostra salute, e soprattutto alla necessità di esporsi correttamente al sole.
Le norme di comportamento dettate dal buon senso sono fondamentali ˗ leggi: al prossimo che mi porta un neonato abbrustolito faccio togliere la patria potestà˗ ma a queste va associato l’utilizzo di una protezione solare adatta alle nostre esigenze.
I solari sono indicati da un valore, detto SPF.
SPF sta per SUN Protection Factor e indica la quantità di radiazione solare a cui possiamo esporci prima di scottarci; è correlato, quindi, a un parametro biologico individualmente variabile, che è appunto l’eritema solare, ma anche a un parametro fisico scientificamente misurabile, che è la quantità di radiazione solare che raggiunge la pelle. Con buona approssimazione possiamo dire che una protezione 50+ fa passare attraverso la pelle solo 1/50 delle radiazioni a cui siamo esposti, ovvero ne blocca il 98%; una protezione SPF 30 permette il passaggio di 1/30, schermandone il 97%, e così via.
Quindi, se applichiamo una protezione 50+, non significa che non ci stiamo abbronzando, ma che la nostra pelle rischierà l’eritema con un’esposizione in durata di 50 volte superiore rispetto a quella a cui si ustionerebbe se non avessimo messo nulla.
Una buona protezione solare, inoltre, deve riportare l’indicazione del SPF sia per i raggi UVA che per gli UVB, con un rapporto ottimale tra filtri di 1 a 3; infatti, sebbene la quota UVB raggiunga prima la pelle e sia quella a cui è associato il danno immediatamente visibile, ossia la scottatura e l’eritema, i raggi UVA risultano essere più nocivi sul lungo termine, perché sono in grado di penetrare più in profondità, tanto che si sta studiando la loro correlazione con l’insorgenza di patologie anche gravi, come il melanoma.
Ricordiamoci che la nostra pelle memorizza il danno arrecato dal sole, soprattutto da parte delle radiazioni UVA, quindi proteggiamo noi stessi e i nostri bambini, per non dover scoprire in futuro di avergli fatto inconsapevolmente del male.
La protezione solare va applicata in media ogni due ore, ma se facciamo il bagno o sudiamo conviene ripetere l’applicazione anche più spesso.
Infine, lo schermo contenuto all’interno del prodotto solare può essere di tipo chimico o fisico.
Gli schermi fisici sono a base di ossidi, soprattutto ossido di zinco e titanio, che non assorbono le radiazioni UV ma le riflettono. Sono più difficili da stendere e lasciano una patina bianca, ma garantiscono una protezione maggiore. Ne è consigliato l’utilizzo da parte di persone con pelli atopiche o particolarmente sensibili.
Gli schermi chimici sono molecole in grado di assorbire la radiazione UV trasformandola in calore. Sono i più diffusi e garantiscono, oltre un’ottima protezione, anche una facilità e velocità di stesura che agevola la riapplicazione, quindi sono comodi soprattutto per i bambini.
Come sempre, lungi da me voler ritenere esaurito l’argomento, vi raccomando prudenza e consapevolezza.
#prendetevicuradivoi
Dr.ssa Claudia Cocuzza