Vi scrivo quando il fatto è accaduto da poche ore e da pochi minuti ho smesso di tremare.
Oggi avevo in programma di ritornare sulla nutraceutica, che tanto mi sta a cuore, come sapete.
Fa niente, ve ne parlerò la prossima settimana.
Oggi mi preme raccontarvi quello che è successo alla mia famiglia, in un giorno qualunque, durante un pranzo come tutti gli altri pranzi, e mettere per iscritto quello che avrei dovuto fare, perché io lo so quello che avrei dovuto fare ma che l’attacco di panico mi ha impedito di ricordare.
Lo scrivo perché qualcuno più lucido di un altro in certe situazioni, per fortuna, si trova quasi sempre ed è bene che questo qualcuno sappia dove mettere le mani.
È quello che ho detto a mio marito, dopo.
«Guarda come si fa, così, se dovesse accadere di nuovo, saprai cosa fare.»
Eravamo a tavola, io, mio marito, le mie bambine; stavamo mangiando un piatto di pasta mentre guardavamo il telegiornale.
A un certo punto sento che la piccola, cinque anni e mezzo, che è seduta accanto a me, cerca di tossire ma non sento nessun colpo di tosse.
Sta soffocando.
In un attimo siamo attorno a lei, mio marito la prende in braccio e la scuote, io le do dei colpi forti sulla schiena. Non penso che potrei farle male, vedo solo che ha serrato i denti e perde conoscenza per qualche secondo.
È il panico. Non so come, mio marito continua a scuoterla e a chiamarla, io riesco ad aprirle la bocca e a infilarle due dita.
Tiro fuori uno spaghetto lunghissimo, intatto, neanche spezzato.
Tossisce, finalmente.
Riapre gli occhi e piange.
Piangiamo tutti. Si becca pure una sberla sul culetto perché gliel’abbiamo detto mille volte di non ingozzarsi, di non riempirsi la bocca, di masticare prima di inghiottire.
È passata e questo è quello che importa.
Resta il fatto che io non abbia messo in pratica quello che sapevo di dover fare.
E allora lo scrivo, sperando che qualcuno se ne ricordi se dovesse essere presente a una scena del genere.
Le manovre di disostruzione vanno differenziate a seconda che abbiamo a che fare con un lattante, con un bambino o con un adulto.
Il lattante va disteso prono (a faccia in giù) sulle gambe dell’adulto che fa la manovra, con la testa in posizione neutra, non iper-estesa.
Bisogna alternare cinque pacche a fuga laterale sulla schiena, tra le scapole, a cinque massaggi intermammellari. Se si tratta di un neonato, il massaggio va fatto con due dita e dosando la forza, altrimenti si rischia di rompergli le costole. Se il piccolo perde conoscenza, si procede alla ventilazione (respirazione bocca a bocca).
Se si tratta di un bambino più grande o di un adulto, alle cinque pacche interscapolari si alternano cinque compressioni sotto lo sterno: abbracciamo il soggetto da dietro e spingiamo forte all’altezza del diaframma, dal basso verso l’alto, come per sollevarlo da terra.
Nel frattempo qualcuno altro fra i presenti fa bene a chiamare i soccorsi.
La prossima volta ritornerò a parlare di nutraceutica, ma oggi ho sentito che era giusto fare questa deviazione sul programma.
Dr.ssa Claudia Cocuzza