Prevenzione delle malattie cardiovascolari- I parte

Le patologie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte a livello globale; in Italia, rientrano tra le principali responsabili non solo di mortalità, ma anche di morbilità e invalidità.

In questa definizione rientrano sia le malattie che colpiscono il cuore che quelle che si rivolgono ai vasi sanguigni; le più temute, perché sono quelle dagli esiti più nefasti, sono l’infarto del miocardio e l’ictus, emorragico o ischemico.

Esistono dei fattori di rischio predisponenti all’insorgenza di una patologia cardiovascolare, alcuni di natura ereditaria (familiarità) o comunque non modificabili (sesso, età), altri invece sono legati ai comportamenti alimentari e di stile di vita che mettiamo in atto ogni giorno.

La conoscenza dei fattori di rischio è importante, perché ci permette di giocare d’anticipo nei confronti di patologie insidiose che raramente danno sintomi eclatanti, salvo poi deflagrare in eventi i cui esiti sono difficili da prevedere e arginare.

A questo scopo, ci sono degli esami diagnostici da eseguire in prevenzione che riescono a darci un’idea dello stato di salute del nostro sistema cardiovascolare.

Il primo è l’elettrocardiogramma (ECG), che mostra l’attività elettrica del cuore: è utile per individuare aritmie (ritmo troppo veloce ˗tachicardia˗, troppo lento ˗bradicardia˗ o irregolare), cardiopatia ischemia (causata da un ridotto apporto di sangue al cuore, per un restringimento di una coronaria, ad esempio), infarto del miocardio (si verifica quando l’afflusso di sangue al cuore si interrompe all’improvviso) e cardiomiopatie (dovute all’alterazione della struttura delle pareti del cuore, che possono ispessirsi o dilatarsi).

Ma perché l’apporto di sangue ˗e quindi ossigeno e nutrienti˗ al cuore può essere ridotto o addirittura interrotto?

Qui veniamo al secondo degli esami diagnostici che è utile eseguire di tanto in tanto, soprattutto se sappiamo di essere soggetti a rischio dal punto di vista cardiovascolare. Un semplice prelievo del sangue è sufficiente affinché possiamo tracciare il nostro profilo lipidico. Nel torrente ematico circolano ˗legati a specifiche lipoproteine˗ colesterolo e trigliceridi.

No, non sono l’origine di tutti i mali; lo diventano a causa di comportamenti sbagliati che adottiamo ˗a meno che non siamo affetti da malattie genetiche come l’ipercolesterolemia familiare, e allora a maggior ragione dobbiamo stare attenti a movimento e alimentazione˗ e che provocano lo sbilanciamento verso livelli nocivi di questi componenti. In particolare, diete eccessivamente ricche in carboidrati complessi e grassi saturi aumentano la quota di colesterolo legato alle lipoproteine LDL, le quali trasportano il colesterolo a livello tissutale, provocando il suo accumulo all’interno della parete dei vasi, che quindi si restringono (aterosclerosi).

Il colesterolo di per sé non fa male, anzi viene prodotto per circa l’80% dal fegato e partecipa alla sintesi ormonale, lo troviamo come componente delle membrane cellulari e come rivestimento delle strutture nervose; in condizioni di benessere dell’organismo, però, la quota maggioritaria è legata alle lipoproteine HDL, che trasportano il colesterolo in eccesso al fegato, dove diventa substrato per nuove reazioni metaboliche.

La cattiva alimentazione è responsabile anche dell’esubero di trigliceridi, i quali non sono direttamente coinvolti nella formazione di placche ateromatiche, ma spostano l’equilibrio HDL/LDL verso la frazione legata alle LDL.

A questo punto, come intervenire?

Siccome si è fatta una certa e anche il mio angolino deve chiudere, continuiamo questo discorso la prossima settimana.

Prendetevi cura di voi.

Dr.ssa Claudia Cocuzza