Sindrome del bambino scosso

La Sindrome del bambino scosso o shaken baby syndrome è una delle forme più gravi di maltrattamento fisico del neonato e del lattante e costituisce la prima causa di morte per abuso nel primo anno di vita, con una percentuale più alta entro i primi sei mesi.

Consiste nel violento scuotimento del bambino e provoca une serie di conseguenze che possono andare dal trauma cerebrale alle complicanze neurologiche, fino alla morte.

Ciò accade quando il bambino, tenuto per il tronco, viene scosso energicamente; in questo caso il capo subisce rapidi movimenti rotatori e, poiché è grande e pesante rispetto al resto del corpo e la muscolatura del collo non è ancora abbastanza forte da sostenerlo adeguatamente, il suo contenuto (cervello, cervelletto e midollo allungato) va incontro a rapida accelerazione e decelerazione con trauma contusivo contro le pareti della scatola cranica, lesione dei nervi e rottura dei vasi sanguigni con esito emorragico.

Nella maggior parte dei casi questi movimenti vengono effettuati senza una chiara consapevolezza del danno permanente che si può arrecare. L’inesperienza, la giovane età, il contesto socio-economico e il grado di scolarizzazione di chi si occupa del bambino sono infatti considerati tra i principali fattori di rischio.

Da non sottovalutare lo stato emotivo e la condizione psicofisica dei genitori, più frequentemente la madre: la privazione di sonno, il senso di inadeguatezza nei confronti di un essere umano che è completamente dipendente dalla mamma, tutte le responsabilità e i cambiamenti repentini dello stile di vita rispetto a quello precedente il parto possono indurre uno stato depressivo che potrebbe sfociare in raptus di violenza diretti verso il neonato.

Esistono delle evidenze cliniche che permettono la diagnosi di una shaken baby syndrome, anche se non sempre presenti:

  • Ematoma subdurale, ossia versamento di sangue nelle meningi, che può manifestarsi con nausea e vertigini fino a sintomi più gravi, come alterazioni dello stato di coscienza e il coma;
  • Edema cerebrale, cioè accumulo di liquido nel cervello, che si gonfia (edema) e comprime i capillari sanguigni bloccando così il flusso di sangue e l’arrivo di ossigeno; si manifesta con sintomi che possono andare dal semplice mal di testa fino agli attacchi di epilessia e alla perdita di coscienza;
  • Emorragia retinica, con la comparsa di minuscole macchie di sangue sulla retina, che possono venir osservate attraverso un oftalmoscopio.

Spesso però la sintomatologia può essere aspecifica e la diagnosi non sospettata per molto tempo: irritabilità o sonnolenza, vomito e inappetenza, difficoltà di suzione o della deglutizione, ritardo motorio o del linguaggio, disturbi comportamentali e aumento eccessivo della circonferenza cranica, e, nei casi più gravi, alterazione della coscienza, cecità, convulsioni, paralisi cerebrale, coma e decesso.

Come prevenire?

Le normali attività di gioco, come far saltellare un lattante sulle ginocchia o sollevarlo in aria, non possono causare lesioni; è importante, tuttavia, che i genitori e chi si prende cura dei bambini sappiano quanto uno scuotimento più vigoroso del capo possa essere pericoloso.

Discorso diverso è quello che riguarda una possibile depressione post partum o anche, senza entrare nell’ambito della patologia psichiatrica, una condizione di stanchezza fisica e mentale da cui possono originare atti di esasperazione e violenza nei confronti del neonato.

Io sono una mamma e ho ben presente cosa significhi non dormire, allattare ogni tre ore e anche meno, prendere sonno perché il piccolo ha mangiato e avvertire quel profumino che ti dice che il latte è stato digerito e che urge cambiare il pannolino; dimenticarsi l’ultima volta che si è usciti con le amiche o con il compagno, ritagliarsi il tempo per fare lo shampoo. Non continuo perché già la natalità in Italia è tra le più basse d’Europa. Dico questo perché tutte le neo-mamme hanno bisogno di aiuto e, se ci facciamo aiutare, non siamo “meno mamme”, siamo solo meno a rischio follia.

Chiediamo aiuto al nostro compagno, ai genitori, ai suoceri, alle amiche, a qualcuno di cui ci fidiamo, e, se ci rendiamo conto che la situazione ci sta sfuggendo di mano, parliamone con il medico o con il farmacista.

Se evitiamo di farli diventare un incubo, i primi mesi da mamma saranno meravigliosi.

#prendetevicuradivoi

Dr.ssa Claudia Cocuzza