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Trattamento e prevenzione dei principali disturbi gastrici

Oggi voglio parlarvi dei più comuni fastidi gastrici che tutti, chi più chi meno, abbiamo sperimentato. E no, non voglio infierire perché siamo nel bel mezzo delle festività natalizie e abbiamo abusato un po’ di tutto, dai dolci alle bevande gasate o alcoliche, dagli intingoli ai formaggi e agli insaccati. Questo sarà un argomento che affronterò più avanti, quando agli eccessi dei giorni scorsi avremo sommato quelli dei festeggiamenti per l’arrivo dell’anno nuovo (e soprattutto per la fine di questo benedetto 2020) e allora il nostro fegato ci manderà dei segnali, anzi ce ne manderà solo uno: “Help!”

Allora, ritorniamo al nostro stomaco.

Lo stomaco si trova all’interno della cavità addominale, posizionato sulla sinistra, tra l’esofago e l’intestino tenue. Svolge molteplici funzioni: continua la digestione di proteine e grassi, iniziata in bocca attraverso il processo di masticazione, scomponendoli in aminoacidi e acidi grassi; grazie all’elevata acidità, rappresenta un importante presidio di difesa nei confronti di microrganismi patogeni che possono essere introdotti mediante il cibo; produce il fattore intrinseco, indispensabile per l’assorbimento intestinale della vitamina B12 e del ferro.

Molti dei comportamenti che mettiamo in atto inconsapevolmente nella nostra vita quotidiana sono causa dell’alterazione della funzionalità dello stomaco: l’ansia e lo stress, l’abuso di farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS), uso scorretto di antibiotici, fumo e alimentazione non controllata sono tutti fattori di rischio in grado di interferire con la fisiologica produzione di acido cloridrico (HCl) a livello gastrico, stimolandola e provocando sintomi diversi a seconda della gravità della disfunzione provocata. Le patologie che interessano lo stomaco vanno infatti dalla dispepsia, ovvero difficoltà digestive, al bruciore occasionale, alla gastrite cronica, al reflusso gastro-esofageo fino all’ulcera e al carcinoma gastrico.

I farmaci più comunemente usati sono gli antiacidi e gli inibitori di pompa protonica.

Gli antiacidi sono sali di acidi organici che sfruttano la loro azione tampone, cioè agiscono neutralizzando l’acidità dell’ambiente gastrico, mentre gli inibitori di pompa protonica, i vari –prazoli (lansoprazolo, pantoprazolo, omeprazolo, esomeprazolo, rabeprazolo) bloccano la produzione di acido cloridrico. Entrambe le terapie dovrebbero avere una durata limitata nel tempo perché abbiamo visto che l’acidità dello stomaco è funzionale allo svolgimento della sua attività digestiva e di barriera nei confronti di agenti patogeni, ma la mia esperienza al banco purtroppo mi dice che non è così. Spesso, anzi, nella quasi totalità dei casi, i pazienti che iniziano a essere trattati con questi farmaci diventano cronici, con conseguenze negative a carico dello stesso distretto gastrointestinale.

Il cibo che introduciamo inizia a essere digerito in bocca, dove l’azione meccanica dei denti ne permette la frantumazione, mentre gli enzimi contenuti nella saliva si occupano della digestione dei carboidrati in molecole più piccole. Il bolo così ottenuto arriva allo stomaco, dove, come già detto, avviene la digestione delle proteine e dei grassi e la sua trasformazione in chimo. Questa trasformazione è necessaria affinché avvenga l’ultima parte della digestione, a livello intestinale, con la conversione del chimo in chilo, un liquido lattescente ricco di nutrienti che possono essere riversati nel torrente circolatorio e linfatico e così essere trasferiti a tutti i distretti corporei. Tuttavia, se la digestione gastrica non è efficace perché l’ambiente non è acido come dovrebbe, allora quello che arriva all’intestino non è un chimo correttamente digerito e neanche adeguatamente sterilizzato.

Le conseguenze di questa condizione sono: sovraccarico dei processi digestivi intestinali; infiammazione della mucosa intestinale; predisposizione a intolleranze alimentari; instaurazione di infezioni e parassitosi intestinali e alterazione del microbiota. Da notare che Helicobacter pilory, l’agente patogeno che causa l’ulcera, è un batterio che può essere introdotto attraverso il cibo, quindi, inibendo la capacità dello stomaco di sterilizzare ciò che introduciamo con l’alimentazione, paradossalmente ne favoriamo la colonizzazione.

Con questo non voglio dire che l’approccio tradizionale al trattamento delle patologie gastriche sia da evitare a priori, ma solo che va riservato alle condizioni che necessitano di questo tipo di intervento, per un tempo limitato e sempre e solo sotto controllo medico. Cioè, se avvertiamo un bruciore di stomaco, non è il caso di intervenire con farmaci a cui sono legati effetti collaterali tanto importanti così come è eccessivo chiamare i pompieri se vediamo un tizio che accende un fiammifero.

Veniamo ora ai consigli su come intervenire, sfruttando ciò che la natura ci offre a nostro vantaggio.

La centella e la rutina, grazie alla loro azione cicatrizzante e vasocostrittrice, favoriscono la riparazione delle lesioni della mucosa gastrica.

L’alloro contiene pectine e mucillagini che creano un film protettivo sulle pareti dello stomaco, proteggendola dall’aggressione di agenti lesivi.

Utile è anche l’assunzione di integratori a base di Boswellia, un antiinfiammatorio naturale che agisce inoltre inibendo gli enzimi che degradano il collagene.

Il cibo va dosato come fosse una medicina, lo sappiamo.

Preferiamo frutta e verdura di stagione ricca in β-carotene, ad azione protettiva sulle mucose, quindi zucca, carote, patate, barbabietole, banane, melone e albicocche.

Curiamo il benessere del nostro microbiota intestinale tramite alimenti fermentati quali yogurt, meglio se vegetali e senza zuccheri aggiunti, e cereali integrali, che stimolano la peristalsi e permettono il corretto svuotamento dell’alvo intestinale, prevenendo condizioni di disbiosi.

Integriamo con semi oleaginosi e oli vegetali ricchi in Omega3 e minerali come lo zinco, che hanno un’azione antiinfiammatoria e immunostimolante.

Evitiamo invece tutti gli alimenti che possono peggiorare la sintomatologia, quindi zuccheri raffinati, latte e latticini, carne sia bianca che rossa (in quanto la digestione delle proteine determina un aumento necessario della produzione di acido da parte dello stomaco), uova, tè, caffè, alcolici, spezie piccanti, cibi fritti e alimenti di per sé acidi o difficili da digerire, come gli agrumi e i peperoni.

Insomma, se soffrite di gastrite, feste o meno, cercate di fare attenzione o la sintomatologia peggiorerà.

Dal mio angoletto auguro a tutti di chiudere in salute questo 2020.

Dr.ssa Claudia Cocuzza