Era il 2015 e avevo appena scoperto le piattaforme per scrittori, un territorio completamente inesplorato pieno di storie scritte da coetanei con gusti simili ai miei, perciò passavo molto tempo a leggerle.
All’epoca andava di moda descrivere il colore degli occhi dei personaggi usando metafore floreali, e quindi c’era chi li aveva “color del nocciolo in fiore”, chi invece possedeva “iridi intense, dello stesso colore dei fiordalisi”, o altrimenti delle pervinche.
Col senno di poi quelle metafore erano più efficaci di quanto pensassi, soprattutto considerando che spesso e volentieri i colori suddetti erano associati agli occhi dei protagonisti, tra i quali sarebbe scoccata la famosa scintilla, ben richiamata dal significato dei fiori citati.
Il nocciolo, il primo che abbiamo nominato, ha due significati principali: saggezza e riconciliazione.
In entrambi i casi ci si rifà alla mitologia e sono due i miti direttamente collegati al nocciolo.
Nel primo, gli esseri umani sono nel mezzo di una sanguinosa guerra gli uni contro gli altri e Apollo e Mercurio scelgono di intervenire per porre fine al comportamento bestiale; per farlo, Mercurio dona parte del guscio di una tartaruga ad Apollo, che ne ricava la lira, e il dio delle Muse ricambia con un bastoncino di nocciolo.
Scesi sulla Terra, Apollo placa gli animi con la musica mentre Mercurio, usando il bastoncino di nocciolo, scioglie la lingua degli uomini permettendo loro di avere scontri verbali, anziché fisici.
Quindi il nocciolo significa riconciliazione e pace perché usandolo si è posto fine a uno scontro, d’altra parte è anche simbolo di saggezza perché anziché ricorrere alla violenza è possibile sfruttare la retorica. Nelle storie spesso ci sono diverbi tra innamorati, che con un po’ di saggezza riescono a riconciliarsi.
Nel secondo mito, che si rifà alla cultura norrena, si racconta di un salmone che mangia nove nocciole cadute nel Pozzo della Saggezza, divenendo così portatore egli stesso della saggezza e chiunque ne mangerà le carni otterrà questa dote.
Per il fiordaliso si torna dagli antichi romani, dove la dea Flora trova morto il proprio amato, Cyanus, mentre costruiva per lei una ghirlanda di fiordalisi, così la dea gli dedica quei fiori dello stesso colore di cui lui porta il nome e il fiordaliso inizia a rappresentare la delicatezza dell’amore, ma anche delle giornate primaverili, quando il cielo è di un azzurro morbido e ci sono i primi fiori sbocciati.
Per finire abbiamo la pervinca.
In antichità veniva usata sulle tombe dei bambini per via del colore sui toni del violetto, che spesso identifica la giovinezza, l’inesperienza o la nascita in generale, ma a partire dal ‘700 viene associato ai “dolci ricordi” e dobbiamo questo nuovo significato a Rosseau.
Pare che il filosofo avesse incontrato il fiore durante una giornata con la sua amata Louise de Warens, ma che non gli avesse prestato molta attenzione a causa della miopia. Dopo più di trent’anni Rosseau ritrovò la pervinca e, anche se non l’aveva vista bene, venne trasportato indietro ai “dolci ricordi” della prima volta in cui ci si era imbattuto.
Silvia Costanza Maglio