Nei secoli l’uomo ha imparato a rispettare gli esseri viventi. Questo almeno è quello che crediamo.
I Nativi Americani, quando uccidono un bisonte per sfamarsi, pregano su di lui e per rendere onore al suo sacrificio e ringraziarlo, non sprecano alcuna parte del suo corpo. Se potessimo essere tutti vegetariani sarebbe bellissimo. Se prima o poi, noi del mondo “moderno”, imparassimo anche a usare solo “pelli sintetiche” per coprirci, sarebbe una grande conquista.
Metto anche me in mezzo al gruppo di umani che, quando vede un fighissimo e comodo paio di scarpe, non vede l’ora di comprarle. D’altra parte siamo Italiani, la moda e la pelle, il gubbino in nappa, le scarpe, le borse, quegli articoli che quando li prendi in mano, sono morbidi e stanno così bene.
Il giorno in cui sono andato a visitare una conceria, qualcosa di sicuro mi ha turbato. L’odore è impressionante e lo sanno bene le persone che ci lavorano tutto il giorno. Quell’odore di pelle morta, di carcasse e trattamenti. Quando ho visto arrivare il camion con le pelli appena tagliate (ancora con la forma intera della mucca, a chiazze bianche e nere, come i tappeti che si usavano negli anni 70’) e il sangue che colava giù a nastro, per poco non vomitavo.
Eppure, anche dopo quella visita, uno “dimentica”, torna al suo tran tran quotidiano e un paio di scarpe se le compra lo stesso. Alla fine del giro e dei vari processi di lavorazione delle pelli, c’era della “segatura” che usciva da un tubo e finiva in un grosso contenitore. Mi hanno spiegato che era una parte delle pelli che venivano macinate per poi essere usate anche nei dentifrici per amalgamarli. Chiaro che più di qualcuno ha avuto un attimo di sbandamento e giurato che avrebbe preso il dentifricio solo in erboristeria (leggendo anche lì gli ingredienti). Purtroppo non ci rendiamo conto di quanto noi, specie “superiore”, io dico solo per i pollici, sfruttiamo gli animali.
Credo siano di gran lunga superiori e abbiano più cuore gli animali che gli esseri umani. Se almeno imparassimo dai Nativi.
Sono un grande amante degli animali, di quelli che non fanno una piega se nel film stanno per menare un essere umano. Ma se nello stesso film stanno per far del male a un animale, vado via di testa e mi copro gli occhi. Ho di sicuro più affinità con i cani e gli animali che con gli esseri umani e più maturo, più mi trovo meglio con loro o con chi condivide i miei stessi sentimenti.
Proprio per questo motivo, quando viaggi ti rendi conto di come siano trattati gli animali, secondo i Paesi in cui ti trovi e le diverse culture. Non comincio neppure a scrivere delle usanze e culture nei vari Paesi tra Oriente e Occidente, dove vengono consumate carni di animali che io considero quasi esseri umani e carni di specie che dovrebbero solo essere osservate nel loro habitat. Fortunatamente molte associazioni nel mondo stanno avanzando sempre di più (anche dopo la pandemia che stiamo vivendo) nel portare a una fine della consumazione di queste creature. Ho un’amica che vive con un maialino, che è bellissimo, quando vede mangiare del prosciutto, rabbrividisce.
Ho visto tantissimi cani e gatti partire con i loro padroni in aeroporto. Ho visto anche un pony e un maiale in aereo. È bello sapere che, fino a poco tempo fa, negli USA si poteva portare nella cabina dell’aereo un pony, come animale da supporto psicologico. Quindi oltre a cani e gatti, che possono aiutare alcuni passeggeri ansiosi, con problemi di panico o di salute come il diabete (questi cani sentono la pelle e la sudorazione e avvertono il livello di glicemia, dalle spiegazioni che ho ricevuto), ci sono ancora i maiali.
L’ultimo, povera creatura, non era stato fissato bene in cabina: quando l’aereo è atterrato, frenando, il maialino si è fatto tutto il corridoio correndo e “scagazzando” dalla paura. Questo lo dico perché chiunque viaggi con un animale da supporto, in particolar modo in aereo, si deve rendere conto della pressione, delle orecchie, della temperatura, quindi il nostro amico avrà bisogno di un po’ di attenzione in più.
I cani o gli animali nella stiva di un aereo sono un altro paio di maniche. Quante di queste creature fanno pipì dalla paura. È meraviglioso che i padroni portino con sé i loro amici pelosi: ricordatevi comunque che il viaggio, soprattutto se lungo, non è una passeggiata. Ogni compagnia ha delle regole specifiche. Non tutti gli aerei commerciali dove viaggiamo noi, sono equipaggiati al trasporto in stiva di animali. Il comandante viene sempre avvertito se trasporta animali in stiva, in modo che controlli che la zona sia pressurizzata e riscaldata. Bisogna sempre che il cane o il gatto abbiano abbastanza spazio nel loro trasportino, per potersi muovere e alzarsi in piedi. Quindi altezza e larghezza sono importanti.
Ci sono molti siti, anche quello della compagnia per cui si viaggia (sempre meglio scegliere, in questo caso, una compagnia di bandiera certificata e conosciuta) che spiegano quando e quanto devono bere e mangiare prima di affrontare il viaggio. Il veterinario poi indicherà quale tranquillante sarà meglio dare, se necessario, perché il peloso stia più tranquillo durante il viaggio. Coccole e amore sono indispensabili. Loro sentono tutto, tremano e se hanno già affrontato un viaggio in stiva, di media non sono contenti di entrare in un trasportino, essere lasciati soli, rumori nuovi, passare controlli, essere messi su carrelli con caldo o freddo, trasportati sotto l’aereo e caricati in stiva, dove se ci sono turbolenze, non possono accoccolarsi vicino al loro umano. Chiunque ne ha visti tanti, non farebbe mai andare in stiva il proprio amico peloso. Piuttosto ci vado anch’io.
Se la compagnia non prevede animali in cabina (di solito per un max di 10kg con il trasportino), c’è anche la possibilità di richiedere il cane, gatto o maiale (per chi in caso ce l’abbia) in cabina, vicino a noi, come Emotional Support Animal (Animale da supporto psicologico, il certificato viene fatto dal medico). Qui non ci sono trasportini, limiti di peso o grandezza, infatti c’era anche il pony.
In uno degli ultimi viaggi che ho fatto, c’era un super cagnone a bordo con il suo papà. Ho de problemi, lo riconosco, per me gli animali hanno la mamma, il papà, gli zii, i fratellini e sono uno di quelli che parlano con loro con la vocina da “deficiente”, che si ferma a parlare e fotografare anche il gallo alle Hawaii.
Questo cagnone, dal nome Duke, aveva un muso di una dolcezza infinita. Ero lontano da casa da venti giorni e non vedevo l’ora di baciare la cagnolina che mi aspettava a Venezia. Nel frattempo guardavo questo cucciolone. Era grande e non ci stava, “invadeva” il posto della persona accanto. Quando sono entrato in aereo, mi sono seduto al mio posto, lato finestrino. Vicino a me c’era una signora con un volpino.
Chiaramente appena seduto, il volpino è saltato sulle mie ginocchia, si è girato più volte su sé stesso e sistemato bello lì. La signora con: “Mi scusi, non capisco, le dà fastidio?” Fortunatamente a me no, anzi. Ma giustamente non siamo tutti uguali. Qualcuno può avere paura. Dalla parte opposta del corridoio, c’era Duke con il suo papà, ma per Duke fare il giro su sé stesso e mettersi sulle ginocchia di qualcuno, voleva dire prendere tre persone. In più era lato corridoio e le zampone uscivano e di sicuro al prossimo servizio in cabina, il carrello le avrebbe prese.
Alla fine, riunione fila passeggeri, spostato signora con volpino (super contenta) che era seduta in mezzo, al lato opposto corridoio e portato Duke e il suo papà dal lato dov’ero seduto io. Duke si è sentito subito più a suo agio. La ragazza seduta al nostro lato corridoio era sorridente. Lui ha guardato il suo papà poi mi ha annusato, guardato, si è mangiato i miei anacardi e poi mi ha fatto capire: “Grazie e volevo dirti che quando viaggio, guardo sempre fuori dal finestrino”.
Andrea Colombera