I poteri divinatori delle pietre

Nell’Islam moderno si impiegano ancora oggi le proprietà ipnotiche provocate dallo scintillio delle pietre per ricreare l’atmosfera adatta alle profezie. Lo scrittore inglese Alfred J. Butler nel suo libro – Court Life in Egypt – descrive una scena di cui fu protagonista. Una specie di mago turco di nome Ahmed Agha, si presentò alla corte del kedivè e mostrò al visir una bacchetta d’oro -nella quale vi era incastonata una gemma- e un piatto d’argento su cui vi erano incisi alcuni versi del Corano. Il mago affermava che se si metteva il piatto sulla testa di un bambino di meno di dieci anni e si puntava la bacchetta verso una delle sue dita, il bambino avrebbe visto la pietra diventare bianca e avrebbe avuto una visione come risposta alle domande che gli venivano poste. Una sorta di veggenza.

Il kedivè, non ci credeva e volle fare una prova con una persona sconosciuta al mago, una bambina di otto anni senza alcuna istruzione. Immediatamente la bambina disse che vedeva la pietra diventare bianca e iniziò anche a rispondere alle domande che le venivano poste, descrivendo persone che non aveva amai visto e illustrando con precisione gli abiti dei figli dell’uomo che la interrogava. La scena si rivelò così vera che uno dei pascià offrì al mago cento sterline in cambio della bacchetta. Il mago naturalmente rifiutò e temendo per la sua sicurezza si allontanò precipitosamente.

Il Kitab manafi’ al-ahjar, opera scritta nel IX secolo, è uno dei pochi trattati arabi che parlano di pietre e di cristalli. Vi è scritto che gli arabi utilizzavano le pietre per scopi medicinali. In questo campo, il diamante era considerato l’unica pietra capace di curare i problemi del corpo e anche dell’anima. Lo smeraldo era un rimedio miracoloso contro i morsi dei serpenti e si poteva rendere cieco il rettile mettendo la pietra davanti ai suoi occhi. Inoltre era efficace per trattare malattie diverse tra di loro come l’epilessia, i dolori di stomaco e l’oftalmia. Il rubino irrobustiva il cuore, proteggeva contro la peste e i fulmini e, se collocato sotto la lingua, calmava la sete. La turchese era un antidoto contro il veleno dello scorpione e la giada teneva lontani i brutti sogni. L’agata, possedeva proprietà diverse a seconda del colore; quella bianca calmava il mal di denti e quella rossa con frange bianche fermava le emorragie.

Gli arabi si adornavano solitamente con pietre e cristalli riuniti a forma di elaborati gioielli che venivano considerati amuleti propiziatori. Le pietre avevano anche un profondo significato religioso, come la famosa pietra nera della Kaaba, alla Mecca, luogo di pellegrinaggio al quale ogni musulmano è tenuto a recarsi almeno una volta nella vita e che racchiuderebbe il rubino di Abramo.

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Questa leggenda è racchiusa in un’antica cronaca islamica che recita così: “Quando nostro signore Brahim (Abramo) ebbe costruito la casa di Dio – Bite Allah, cioè la Kaaba, il tempio della Mecca- l’arcangelo Gabriele gli portò un enorme rubino, che i peccati degli uomini avevano annerito. Non era una pietra comune, giacché aveva occhi, lingua e orecchie. Vedeva, ascoltava e il giorno della Bilancia (il giorno del Giudizio Finale) avrebbe testimoniato a favore di coloro che l’avevano baciata contro quelli che l’avevano derisa e oltraggiata”.

La conquista della Spagna da parte degli arabi lasciò, come traccia del loro passaggio, una grande quantità di idiomi e di parole che furono assorbite dalla lingua spagnola, e anche una buona parte della loro cultura, che i re cattolici e i loro successori cercarono di combattere in tutte le maniere. Però, una parte di tale cultura era già stata assorbita dal cristianesimo e rielaborata diffondendosi in tutta l’Europa medioevale, questo apportò nuova linfa vitale all’alchimia, scienza già diffusa in Egitto, Mesopotamia e Grecia. Un esempio di tutto ciò si può trovare nell’ampia opera scritta dal filosofo e teologo tedesco Alberto Magno poco prima della sua morte nell’anno 1280, in cui si trova tutto quanto si sapeva allora sul mondo delle gemme.

Benché scritta rigorosamente con i parametri della scienza, in tutta l’opera sono evidenti tracce delle credenze greche, romane e arabe.

Maura Luperto.