Si chiama Rebecca, è una donna ricchissima. Una vita di successi, un matrimonio riuscito, marito ingegnere, brillante figlio unico, Guido. Intelligentissima, figlia di un luminare della ricerca medica e di un’ereditiera di nobile lignaggio, ha raggiunto tutti i traguardi della vita, senza fatica alcuna, aiutata soprattutto dalla posizione sociale e ben instradata dalla famiglia.
- Papà! Abbiamo guadagnato oltre due milioni di euro, superando le nostre più ottimistiche aspettative! Non sai quanto ti voglio bene e ti sono grata di avermi dato la vita. Buon Natale!
Così Rebecca riferisce per telefono al padre ultrasettantenne, contestualmente agli auguri, felice del risultato ottenuto dalla somma delle sue attività: il lavoro, i proventi del forno dato in gestione a una famiglia in pieno centro di Roma, le proprietà immobiliari date in locazione, gli utili riportati dalle attività finanziarie, investimenti e via discorrendo.
Ma quando rientra a casa, dopo una (mezza) giornata di (tutt’altro che) estenuante lavoro passata in biblioteca, riprende il continuum del suo menage familiare tutt’altro che felice. Il primo bersaglio è il marito:
- Filippo! Quante volte devo dirti che la tua scrivania dev’essere sempre in perfetto ordine, oppure tieni chiusa la porta del tuo studio! Che figura ci facciamo con gli ospiti?
- Ma cara… stavo facendo prendere aria solo qualche minuto, oggi non abbiamo ospiti e…
- Sì, sì, li conosco i tuoi minuti! Potremmo avere visite in qualsiasi momento, quante volte te lo devo ripetere? Sbadato e sciattone come sei ci lasceresti pure le mutande su quella scrivania, in bella vista…
- Ma che dici.. non è mai successo!
- Certo! Perché ci sono io, sempre attenta e vigile, metto sempre a posto ciò che lasci fuori! Quelle poche volte che ti lascio fare il bucato non riesci ad accoppiare i calzini. Se ti lasciassi fare, andresti a lavorare con una scarpa marrone e una nera, e nemmeno te ne accorgeresti
Poi è la volta del figlio:
- Guido! Cos’è questo votaccio in italiano?
- Ma… mamma… ho preso sette e mezzo, un buon voto…
- Sette e mezzo? E lo chiami un “buon voto”? Non pretendo il dieci, ma almeno otto, meglio ancora nove! La nostra gloriosa famiglia “de Vigentibus” porta il vessillo della cultura e del successo da ben sette generazioni! – strilla nervosa e sempre più agitata.
- Scusa, mamma, me so’ sbajato solo ne la grammatica…
- E non parlare romanaccio, perdinci! Qui si parla i-t-a-l-i-a-n-o! così farai meno errori!
Rebecca, affranta e prossima a un crollo di nervi, va in cucina, si dirige alla volta del frigo ove spera di poter mitigare i suoi “guai” tuffandosi in un gustoso spuntino , ma:
- Avevo detto alla domestica di fare la spesa. Perché il frigo è semi-vuoto? Quella scansafatiche…
- Cara, non ricordi? È il suo giorno di libertà e nessuno ha pensato…
- Lo so, lo so! Qui l’unica che pensa sono io. Doveva fare la spesa ieri! Ma qui se non controllo io nessuno si accorge di niente. Può crollare il mondo, possono arrivare le cavallette, invaderci gli alieni, e loro? Loro tranquilli, nel loro mondo incantato, tanto penso a tutto io! Ma neanche una fetta di prosciutto è rimasta?
- L’ho mangiato tutto io mamma! Tornato da pallavolo avevo una fame! Non c’era nient’altro e ho pensato…
- E hai pensato che si sentiva troppo solo! Ognuno pensa solo a se stesso in questa casa! Lo so! Sono sempre io a dovere pensare a tutto e a tutti! E non ho diritto neppure a un piccolo spuntino! Non ce la faccio proprio più!
- Ma… cara… non avevi detto l’altro ieri che avresti evitato i “fuori pasto” perché ti fanno ingrassare? Per questo Guido…
- … Ha pensato di ingrassare al posto mio! Sì l’ho dettoooo! – urla Rebecca oramai completamente fuori di sé – ma l’ho detto per dire! E sto morendo di fameeeee
- Rebecca… amore, dai! Fra poco è ora di cena, ti porto al ristorante, così…
- Ma quale amore e amore se son dieci anni che non facciamo sesso!!! “Andiamo al ristorante” dice lui! Tanto ci sono i soldi della mogliettina ricca che risolvono tutto, vero? Non eri nessuno, prima di conoscere me, senza mio padre non avresti mai ottenuto quella posizione di prestigio all’Università. Se continuiamo così andremo in fallimento, altro che ristorante! Oddioooooo! Chi è più infelice di me? Come sono sfortunata! Voglio morireeeeee!!!
In piena crisi isterica Rebecca va a rinchiudersi nel suo angolo di privacy insonorizzato, ritagliato nei 450 mq di appartamento, diviso in tre livelli, a piangere e urlare il suo immenso dolore per la terribile sequenza di sventure che affliggono continuamente la sua persona, fortemente provata dagli eventi familiari. Marito e figlio riprendono normalmente le loro faccende, incuranti delle intemperanze della “capofamiglia”, sapendo che presto o tardi le passerà.
Due isolati più in là, dove il quartiere bene di Roma sfuma verso il quartiere popolare, un’altra famiglia ha il suo bel daffare con i conti di fine mese da quadrare. Svetlana, sfinita dalle fatiche della giornata del suo lavoro da domestica, telefona al marito:
- Pronto Sergio? Ciao amore! Anche oggi fra le mance e lo straordinario ho racimolato 50 euro di più! Non potevo impiegare meglio il mio giorno libero come cameriera al Bar Sport!
- Svetlana! Luce della mia vita! È fantastico! Io stasera farò due ore di ripetizioni al figlio del Maresciallo, e… possiamo ordinare quattro pizze e una birra alla pizzeria take-away vicina a noi?
- Sììììììì! È tanto tempo che non ci facciamo una pizza! Almeno quattro mesi!
- Dài, le ordino per stasera alle 21. Ci vediamo a casa fra poco.
I due coniugi rincasano quasi contemporaneamente. Sergio corre verso la sua scrivania per preparare la lezione al discente in arrivo, mentre Svetlana, sfinita ma sorridente, sbriga le faccende di casa e fa una doccia. Quella di oggi è una serata speciale e non dovrà cucinare.
Arrivano le 21 e, finalmente, anche le pizze.
- Sergio, questo è un mese fortunato per noi: abbiamo risparmiato più di cento euro, nostro figlio Andrea non ha preso insufficienze e, anzi, quest’anno non sarà rimandato in alcuna materia!
- E questa pizza Margherita è buonissima – aggiunge Sergio – forse la migliore di quest’anno!
- Papà, mamma, visto che sarò promosso merito un premio, giusto?
- Certo tesoro, tutto ciò che rientra nelle nostre possibilità, cosa desideri?
- Ecco, mamma, Giovanni ha organizzato un pigiama-party per domani… posso andarci anch’io?
- Ma certo! – risponde papà Sergio, previo sguardo d’intesa con la moglie, che ammicca sorridendo
Un atto premiante per il bambino che si è impegnato tutto l’anno per raggiungere un per lui difficile risultato scolastico, due genitori contenti che pregustano la notte di un venerdì di sesso sfrenato fino alla mattina del sabato.
Ma torniamo alla famiglia de Vigentibus, la cui preposizione con l’iniziale minuscola presuppone una discendenza nobiliare. Rebecca, al matrimonio, ha preferito conservare il cognome proprio, quello di discendenza paterna: suo padre è un luminare scienziato, pluri-premiato per le sue ricerche scientifiche in un campo della medicina. Inoltre il cognome del marito suona un po’ ridicolo: Lambda, Filippo Lambda. “Rebecca Lambda” suona proprio male. Qualcuno potrebbe intendere “Languida” e non potrebbe sopportarlo, immaginando lo sfottò di amici e amiche alle sue spalle.
Il sabato, in tarda mattinata, le due famiglie si recano al supermercato: gli uni per rimediare all’ammanco di provviste di qualche giorno prima, gli altri per rimpinguare le scorte alimentari di un mese di ristrettezze.
- Svetlana! Ma che piacere! che fai qui? – esclama Rebecca dopo un vano tentativo di schivare lo sguardo della domestica – Oh… perdonami, domanda ovvia! Fai la spesa, come me!
- Signora Rebecca! Buongiorno! Sì… faccio la spesa, certo e… aspetti! Le presento mio marito Sergio… Dov’é? Eccolo! Sergio! Sergioooo! Vieni!
- Buongiorno signora Rebecca, piacere di conoscerla! Mia moglie parla sempre bene di lei! – saluta Sergio avanzando un’energica stretta di mano
- Oh ma che gentile! – risponde Rebecca, sottraendo la mano, riservandosi di pulirla con l’Amuchina prima possibile, stringendo gli occhi insieme a un finto smagliante sorriso più largo della sua bocca
- Finalmente! – continua Rebecca – Svetlana mi fa conoscere questo grand’uomo di marito, complimenti! – conclude Rebecca, salutando invidiosa delle occhiaie eloquenti stampate sul volto dei due coniugi felici – Ci vediamo Lunedì dunque! Ciao Svetlana, arrivederci Sergio!
Il weekend in casa de Vigentibus. Filippo Lambda si è alzato e vestito di primo mattino con un pensiero assillante. È già seduto alla sua scrivania, al PC, intento nella risoluzione di un grave problema di strategia manageriale: ha esaurito i fondi per lo sviluppo della sua città e sa per certo che non può chiedere un altro aiuto finanziario a Cesare, gli verrebbe rifiutato e perderebbe credibilità.
Dopo un’ora trova la soluzione e urla “Eureka!”, svegliando figlio e moglie: finalmente il video-game gli permette di accedere al terzo livello “Ingegnere”, cosicché potrà decidere se governare in una città pacifica o entrare in guerra con un popolo vicino, quindi può stringere patti commerciali oppure dichiarare guerra, in base ai nuovi scenari che il gioco finalmente gli apre.
Filippo è entusiasta, si alza dalla sedia e ondeggia le mani verso l’alto, pugni chiusi, azzardando una goffa danza con la poltrona a rotelle. Non si accorge che la moglie lo sta osservando da un bel pezzo, incredula, dalla fessura della porta che ha dischiuso silenziosamente, fin quando non se la trova davanti, alla fine di una mal equilibrata piroetta, braccia conserte, sguardo interrogativo, sorriso compassionevole e rassegnato.
Filippo si ricompone come meglio può, mettendosi quasi sull’attenti. Rebecca lo guarda negli occhi con uno sguardo compassionevole, scuotendo la testa e non proferisce parola: non sa se attendere una spiegazione che non sarà mai plausibile o prenderlo direttamente a calci per poi chiedere il divorzio. Mentre si arrovella in mille pensieri, Filippo farfuglia qualcosa in sua difesa:
- B… buongiorno cara… ecco… stavo… al computer a vedere ehm… l’andamento della borsa… i trend… i titoli, le nostre azioni… non mi ero accorto che è già ora di colazione e…
- Ma davvero bravo! E dimmi, tra le nostre azioni, hai visto anche quelle della Ferrovia Mediterranea che abbiamo acquistato quattro mesi fa, ricordi?
- C… certo che ricordo! V… vanno benissimo, non potrebbero andare meglio!
- E per questo ballavi, di gioia, giusto?
- S…sssi! Ecco … s… stavo b… ballando per la gio… per la gio…
- Per la gioia di scoprire che non esiste alcuna Ferrovia Mediterranea, perché me la sono inventata io adesso, lo sorprende freddamente Rebecca con un’espressione di soddisfazione che nasconde il suo disgusto, compiaciuta per non essere esplosa nell’ennesima crisi isterica, anzi, elargendo un sorriso smagliante velato d’amarezza.
La poltrona a rotelle scivola sotto il peso di Filippo che perde l’appoggio e riesce a malapena a riprendere l’equilibrio, quindi prosegue la sua corsa finendo contro la parete. Filippo, ancora barcollante abbassa la testa, non trovando il coraggio d’incontrare lo sguardo accusatorio della moglie inviperita, che continua la sua arringa:
- Tu stavi giocando con il computer. Vediamo, vediamo se indovino, quel gioco che riescono a risolvere tutti tranne te: Caesar III, giusto?
- Sì! Ma oggi ci sono riuscito! Sono al livello 3… oooopsss!
- Ops, ecco cosa sei. Tu sei quell’incidente di percorso che mi è capitato dodici anni fa, chiamato matrimonio. Le nostre azioni sono crollate dell’80% caro, se non riusciamo a venderle prima che chiudano per eccesso di ribasso siamo veramente rovinati! Per fortuna c’é ancora papà!
Rebecca fa per andarsene, lasciando il marito inebetito e immobile, incapace di reagire. Prima di abbandonare lo studio, si volta verso di lui e incalza:
- Muoviti idiota! Non stare lì impalato! Ma che ho fatto di male per trovarmi con un marito così imbelle? Perché non ti fai l’amante come tutti i mariti ultracinquantenni che si rispettino, dopo il settimo anno di matrimonio? Ma noooo! Tu sei fedele! Certo! Servito e riverito, nessuna responsabilità, la pappa pronta tutti i giorni! Nessun obbligo, nessun dovere, manco quello coniugale! Ohhhh! Povera me! Sono la donna più infelice del mondo! Beh? Ancora lì? Dì qualcosa!
- A… andiamo a fare colazione caca… cara?
E mentre Rebecca abbozza per l’ennesima volta dopo aver perso di nuovo il suo self-control, vediamo cosa succede nell’altra famiglia durante il weekend:
- Ma non dovevi, Svetlana! Il caffè a letto no! Ma cosa ho fatto di così buono per meritare una mogliettina come te?
- Preferivi andare al bar? Sei mio marito e io ti coccolo. Ti dispiace?
- Certo che no, amore, ma così mi vizi e… potrei abituarmi!
Così, dopo le effusioni del mattino, la piccola famiglia si riunisce a tavola per la colazione, un rituale che, almeno la domenica, non deve mai mancare.
- Domani verrò a prenderti al lavoro con la nostra nuova auto – esordisce Sergio mentre inzuppa il suo plum-cake nel cappuccino
- Oh, sìììì, ma puoi? Ma sei sicuro non ti comporti alcun problema al lavoro?
- No, tranquilla. Ho preso un permesso. Voglio festeggiare con te la mia grande vittoria! Adesso non sono più un insegnante precario, ma di ruolo. Dopo dieci anni meritiamo un po’ di stabilità e… anche una macchina nuova e affidabile. La vecchia Punto, con i suoi trecentomila chilometri non ce la faceva più e prima o poi ci avrebbe lasciati per strada! Mi duole che tu non possa smettere di lavorare, il mio stipendio non sarebbe sufficiente…
- Non devi crucciarti tesoro: io voglio lavorare! Se un giorno tu dovessi lasciarmi per un’altra avrò un’autonomia e un domani… una pensione! – conclude scherzando Svetlana strizzando l’occhio all’amorevole marito
- È più facile trovare un ago in un pagliaio che una donna speciale come te, amore mio – la rassicura Sergio, sorridendole dolcemente.
La sua famiglia borghese sta vivendo un raro momento felice, rapportato alla condizione difficile trascorsa negli ultimi dieci anni. Adesso il mutuo, il figlio, le bollette e le rate per la macchina nuova non sono più incubi da fine mese. La benvenuta stabilità del suo lavoro di insegnante, rafforzata dal lavoro e dai sacrifici della moglie, consentono a questa bella famigliola una vita non agiata, ma dignitosa, senza debiti , grazie anche a un’attenta gestione delle spese.
Arriva il lunedì. Svetlana svolge alacremente le faccende domestiche in casa de Vigentibus. Il pomeriggio rientra Rebecca, affaticata più del solito, di pessimo umore.
- Svetlana! Mi aiuti?
- Eccomi signora de Vigentibus! Oh… aspetti le dò una mano, ecco lasci a me
Svetlana l’aiuta prontamente, prende i pesanti pacchi degli acquisti di Rebecca, sa già come e dove riporli.
- Vado subito a preparare il pranzo, signora de Vigentibus, così sarà pronto prima che rientri il dottor Lambda
- Svetlana, sono anni che lavori con noi e ancora mi chiami “signora de Vigentibus”? chiamami Rebecca, ti prego
- Va bene, signora Rebecca! Col suo permesso vado a preparare il pranzo
- Ok, Svetlana. Dopo puoi anche ritornare a casa, non c’é bisogno che torni nel pomeriggio, noi usciamo. Ti regalo la mezza giornata. Il tuo maritino ne sarà felice, giusto?
- Oh, sì! grazie signora Rebecca, oggi il mio maritino mi viene pure a prendere, con la nuova macchina
- La nuova macchina? Ma che bello! E… che macchina é?
- Una Fiat Tempra 1.6, nuova, un’occasione! Mio marito ha ottenuto la cattedra e così abbiamo potuto chiedere il finanziamento
- Sono veramente contenta per voi, Svetlana, ve lo meritate. Anzi scendo con te dopo, lo aspettiamo insieme, così lo saluto!
Il pollo è nel forno, la pentola comincia a bollire, gli spaghetti misurati sulla bilancia, pronti per essere messi a cuocere non appena l’ingegnere varcherà la porta di casa. Rebecca mette al minimo il fuoco sotto la pentola e spegne il forno, il pollo è ormai cotto e può rimanere in caldo nell’attesa.
- Andiamo a incontrare i nostri mariti, dunque, Svetlana, dài!
Le due donne sono sulla soglia portone del palazzo e l’attesa è breve: prima arriva il Suv di Filippo che prosegue verso il garage sul retro. Un attimo dopo giunge una Tempra color rosso fiammante che si accinge a parcheggiare. Le due donne gli vanno incontro.
- Bella macchina, complimenti professore, buongiorno!
- Buongiorno a lei, signora de Vigentibus! sono venuto a rapire mia moglie con il mio cavallino rosso!
Rebecca esplode in una risata compulsiva, ma cerca di contenersi e si congeda velocemente dai due:
- Simpatico tuo marito, Svetlana, adesso vado a buttare la pasta, mio marito è appena rientrato ed è affamato. A domani Svetlana, arrivederci Professor Sergio!
Mentre i coniugi rientrano godendosi il nuovo acquisto, Rebecca rientra in casa, cercando di mascherare la rabbia, una rabbia che non riesce a spiegarsi: ha riso fino a un momento fa, ma non era una risata di gioia. A tavola prende subito la parola:
- Hai capito, Filippo, ma ti rendi conto?
- Di cosa, cara? Cos’é successo cara? – risponde il marito un attimo prima di riempire la bocca con una ricca forchettata di spagetti
- Hai visto il marito di Svetlana? Ha comprato una macchina nuova, ti rendi conto?
- Fì, certo! (munch munch) fe lo meritano (munch munch) – ribatte a bocca piena , senza aver capito il senso della provocazione della moglie
- Una famiglia di incoscienti! Fanno sempre il passo più lungo della gamba! Non possono permettersi un’automobile del genere, non nella loro condizione sociale! Due anni fa la casa con il mutuo…
- Sì, ricordo, cara, ma hai garantito tu per loro, per l’ipoteca, ricordi? – risponde il marito, stavolta attento, dopo aver deglutito il boccone non ancora completamente masticato
- Sìììììì! ricordo! Troppo buona sono! Ma chi me l’ha fatto fare? Uno si prodiga per questi borghesucci e loro se ne approfittano! Vogliono condurre una vita da ricchi con i loro miseri stipendi borghesi! Ma cosa farebbero questi poveracci senza di noi che diamo loro lavoro, che veniamo loro incontro? E a noi chi ci aiuta? Sempre a combattere con il rischio d’impresa, a convivere le sorprese e con i debiti, noi che rischiamo ogni giorno il fallimento, ti rendi conto? Se le nostre azioni non risalgono o non le vendiamo dovremo vendere la nostra villa sul mare a Portofino! E quando finiranno i nostri beni? Come faremo? Noi stiamo attenti a tutte le spese, non andiamo perfino al ristorante e loro? Loro comprano la macchina nuova. E l’anno prossimo che sorpresa ci faranno? Un altro figlio? Tanto c’è la famiglia de Vigentibus che garantisce! Beata ingenuità. Ma che mondo! Adesso comandano i poveri, vero Filippo?
- Hai ragione cara! È proprio uno schifo! – esclama l’ingegnere dopo aver trangugiato un intero bicchiere di Barolo – di questo passo dove andremo a finire? Lo dico sempre anch’io!
Mentre Rebecca si arrovella nei suoi guai, sprizzando invidia e gelosia da tutti i pori, rotolandosi nella sua disperazione di donna frustrata, mentre Filippo finge di assecondarla nella sua tragedia di vita, i due coniugi comodamente in viaggio verso casa gioiscono della nuova prospettiva di vita. Appena arrivati a casa Svetlana informerà il marito di essere in dolce attesa, e Sergio ne sarà felice.
È troppo facile fare retorica con proverbi come “La felicità è nelle piccole cose” o “il denaro non fa la felicità”. “La felicità è un’arte“, afferma il Dalai Lama Tenzin Jatzo, è soggettiva e basata sulla capacità individuale o collettiva di saperla coltivare e poi apprezzare.
I ricchi spesso invidiano i poveri, difficilmente avviene il contrario, come in questo racconto, tratto da una realtà esistenziale tutt’oggi vigente. L’affanno recato dalla custodia e protezione dei beni materiali accumulati, spesso immeritoriamente, alimenta tale invidia.
Ricchezza è spesso sinonimo di avarizia, che altro non è che la paura di perdere le proprie risorse, che non sono mai abbastanza da garantire la tranquillità. Quella tranquillità che accarezza coloro che faticosamente superano la soglia di povertà, quando s’illumina quella luce in fondo al tunnel, quando le cose cominciano a girare per il verso giusto.
Nel modo di vedere di Rebecca, e di moltissimi come lei, il borghese è quel parassita che sfrutta i ricchi per godere di una vita al di sopra delle proprie possibilità.
Ma, se la matematica non è un opinione, la realtà è un’altra: nel mondo meno di due miliardi di individui consumano quattro volte più di dei restanti cinque miliardi e più, che languono in povertà e miseria.
Se sette miliardi di persone vivessero come un americano medio, non basterebbero otto pianeti come la Terra per soddisfare il loro fabbisogno. I numeri non mentono: mediamente un individuo che ha la fortuna di nascere fra quei due miliardi inconsapevolmente sottrae risorse vitali ad altri tre nel resto del mondo.
Sergio e Svetlana hanno la coscienza tranquilla: il loro misurato benessere proviene dalle loro fatiche e con esso il benessere di coppia, poiché la felicità parte da una coscienza tranquilla, e questo Rebecca, molto in fondo, dentro di sé, l’ha sempre saputo.
Vincent
Scrittore, Musicista, Informatico