Coach to coach: Frank Vitucci nel giorno dei quarti

Italia – Australia: “15 secondi, ma è importante segnare nei primi cinque”. E la palla a spicchi obbedisce al commentatore di Eurosport. 86-81 a 8.8 secondi dalla fine. Mannion coast to coast: 86 a 83. “Occhio che non ce la butti sulla schiena. Ci siamo? Forza, ragazzi!”. Ecco l’ultimo time out di Meo Sacchetti, nella partita persa di poco contro il team australiano. Lo stesso coach che era a detta di molti “a rischio esonero” prima di Serbia Italia, ora è alle Olimpiadi. Una partita solida, quella del giovane team azzurro, di fronte a una delle favorite del torneo di basket. Forse è mancato qualche rimbalzo, ma la squadra c’è.  

E che c’è l’ha dimostrato proprio oggi, battendo la Nigeria 80 a 71 con una gran bella rimonta: la nazionale di Sacchetti è ufficialmente tra le otto squadre migliori al mondo.

Frank Vitucci è miglior allenatore della Serie A con Varese nel 2013 e quest’anno con Brindisi. Nel gennaio 2010 viene esonerato dal ruolo di capo allenatore della Benetton dopo sette anni di “onorato servizio” allo staff biancoverde. Succede il finimondo, con attestati di stima e affetto anche da oltreoceano. Perché Frank Vitucci è, tutti gli effetti, un Signore. Di nome e di fatto. È prima di tutto una persona corretta, pulita. E un grande coach. Dal 14 dicembre 2017 guida la New Basket Brindisi. Il contratto, in scadenza nel 2019, è stato prolungato fino al 2022. Inevitabile parlare dell’avventura azzurra con una riflessione sulla vita di un coach.

Il basket italiano alle Olimpiadi, “mille anni dopo”, a tu per tu con uno dei coach più amati a Venezia e Treviso ma anche in tutta Italia.

“Grazie, troppo. Meglio parlare della nazionale. È un bel risultato, ottenuto da una squadra che ha giocato una grande partita contro la Serbia. Eravamo un po’ sfavoriti, e come spesso capita da sfavoriti tiriamo fuori il meglio, senza grandi prime donne però con un grande spirito di squadra. Un po’ come ha fatto l’Italia del calcio agli Europei. Poi il fatto di partire da underdog, come dicono gli Americani, ha dato la spinta per andare più in là. Basti pensare a quando siamo stati favoriti, vedi qualificazioni alle Olimpiadi in casa, a Torino, con una squadra più forte di questa e con un sacco di aspettative: abbiamo ciccato clamorosamente la qualificazione. A distanza di qualche anno, invece, con una nazionale in partenza meno forte e appunto sfavorita, proprio perché si giocava in casa dei “maestri” Serbi, abbiamo portato a casa il risultato”.

“Però questo successo non dev’essere come il tappeto che copre il pavimento rotto. Perché il movimento ha delle difficoltà, quindi questa dev’essere occasione di spinta in avanti nel lungo periodo. Per fare qualcosa per questa pallacanestro che latita dal punto di vista della formazione, della visibilità mediatica. Questa volta sarebbe un’occasione da non perdere assolutamente. Altra cosa, per me importante, è che magari sarebbe la volta buona di smetterla con i Serbi che sono più bravi di noi, la spiegano, la raccontano, che non è assolutamente vero. I Serbi sono bravi quanto gli Italiani ma sicuramente non di più. I fuoriclasse son fuoriclasse in qualsiasi Paese nascano”.

Una domanda al coach su un altro coach, quello che secondo parecchi colleghi era già con il piede fuori dallo spogliatoio e adesso è alle Olimpiadi.

“Infatti, c’era quasi l’aspettativa che non sarebbe andata in porto, questa qualificazione. Se da una parte è giusto che ci si prepari l’alternativa, anche nei club funziona così, alla vigilia di Italia Serbia è stato proprio brutto. Io sono contento che Sacchetti sia andato avanti. Ma sono soprattutto contento per la nazionale, che non è un club”.

Cosa ti aspetti da questa Olimpiade? Quali sono gli avversari più ostici? Dove potremmo arrivare?

“La formula consente di darci la possibilità di andare avanti. E siccome questa squadra ha un grande spirito, una grande voglia e appunto da underdog ha dimostrato di fare benissimo, non ti posso dire dove arriverà veramente, però sono sicuro che non torniamo a casa subito”.

In quel di Puglia come ti trovi? Hai intenzione di stabilirti lì vita natural durante?

“In quel di Puglia stiamo bene, ci vogliono bene e ci trattano bene. Il futuro degli allenatori, poi, come ha dimostrato la vicenda Sacchetti, non si può mai dire. Ci manca un po’ Venezia però stiamo bene. La gente è cordiale, serena, generosa, ha tante belle qualità. Poi bisogna un po’ adeguarsi ai suoi ritmi, com’è giusto che sia. Ogni tanto mia mamma mi chiede ‘ma non c’è una squadra più vicina?‘ e io rispondo sicuramente non ce n’è una più lontana”.

cricol