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La Capitale Latina degli Stati Uniti

La città di Miami è stata fondata da una donna. L’unica donna ad aver fondato una delle più importanti e grandi metropoli Americane. “Julia Tuttle, the mother of Miami”, che tra varie difficoltà, arrivò a comprare la terra sulla quale oggi sorge Miami. Fu poi la sua caparbietà e capacità negli affari a convincere e far arrivare la ferrovia fino al sud della Florida, contribuendo allo sviluppo della città e non solo. In una società ancora così maschilista (non che oggi si possa dire del tutto il contrario), alla fine dell’800, Julia Tuttle, riuscì a far sì che Miami fosse incorporata e riconosciuta come città. Gli abitanti erano 300.

Qualsiasi volo con destinazione Miami, porta all’interno la voglia di sole, spiagge, musica e spirito latini. Lo si respira immediatamente appena si arriva, l’inglese e lo spagnolo si uniscono come in una danza.

D’altra parte, siamo ufficialmente nella Capitale Latina degli USA.

Mi sveglio nella città in cui ormai vivono milioni di persone e il sole splende, niente di più normale a Miami. Apro le tende e una parte della camera diventa color oro. Che meraviglia, è ora di fare colazione. Uno dei piaceri più grandi quando si viaggia molto (sia per lavoro sia per piacere), è la colazione in hotel la mattina. Il famoso “buffet” o “abbuffet” come si suol dire. Dal dolce al salato è tutto lì, a disposizione. Ti trovi così a mangiare prosciutto e salame alle 7 o 8 di mattina, uova, pancetta e croissant e frutta (perché un po’ di frutta ci vuole), pane da toast e marmellata e poi torni comunque al buffet, magari per vedere se c’è uno yogurt. Non cambierà mai, la colazione in hotel è gioia pura.

Oltre ai famosi grattacieli di vetro, che riflettono la luce del sole abbagliandoci all’alba e al tramonto, Miami ospita molti quartieri dai mille sapori. Mi vesto ed essendo domenica, decido di fare una bella passeggiata per poi andare a buttarmi in spiaggia. Miami beach arrivo!

South beach, Ocean drive, la strada più “trafficata” e forse turistica di Miami. Ho amici che vivendo lì, non ci vanno quasi mai ma io, essendo un turista, amo passeggiare la mattina per l’Art Deco District e godermi gli hotels, i palazzi e le case degli anni ‘20 e ’30. L’aria che respiri ovunque tu vada è quella latina.

C’è un quartiere però, che ti porta al cuore di Cuba: “Little Havana”. La prima volta che ci sono andato mi ha portato il mio amico Jose e chiaramente ne sono rimasto affascinato. Il quartiere è nato nel 1980, potete passeggiare tranquillamente tra i ristoranti, i bar, i negozi e gli artigiani di sigari della Calle Ocho, respirando musica, cultura e cibo cubani, latino americani.  Il Tower Theater, un luogo storico, mi hanno spiegato, ospitava spettacoli, anche di dissidenti Cubani in fuga da Castro che raccontavano il ricordo della propria patria e il Domino Park, dove molti signori più o meno anziani si dedicano al gioco del domino.

L’atmosfera è magica e altrettanto nostalgica. Mi sono fermato in una libreria perché delle immagini fotografiche in vetrina mi avevano colpito. Migliaia di Cubani lasciarono Cuba dopo che Fidel Castro instaurò il regime comunista. Si vedevano le foto di Cubani nei primi anni 60, che venivano nel sud della Florida e appartenevano alle classi sociali più agiate. Le foto, a mano a mano che sfogliavo il libro, diventavano più “forti”. Immagini degli anni 90, dove migliaia di Cubani tentavano di raggiungere la Florida in barche e zattere, nella speranza di un futuro migliore e magari di ricongiungersi con un parente, un amico (e mi vengono in mente le immagini dei giorni nostri).

A causa di questo enorme esodo, non fu più permesso ai Cubani di entrare negli Stati Uniti come rifugiati e, se presi, erano portati nella famosa Guantanámo. Un mio amico di origine Cubana mi ha ricordato della “wet feet dry feet policy” (la politica dei “piedi bagnati” “piedi asciutti”). Nel momento in cui sbarcavi sulle coste Americane, dovevi correre e togliere i piedi dall’acqua. Se venivi preso con i piedi in acqua, anche sulla riva, non potevi essere accolto sul suolo Americano in quanto eri ancora considerato nelle acque tra USA e Cuba.

Oggi Miami conta più di un milione di abitanti di origine Cubana e una popolazione del 60 per cento di origine Ispanica, con Portoricani, Nicaraguensi, Dominicani, Colombiani, Peruviani… Leggendo la storia di Miami, cosa che non avrei mai pensato di fare, ho scoperto con mia sorpresa che i Nativi Tequesta, sotto il dominio Spagnolo, furono portati proprio a Cuba.  

Cubani e Latino Americani sono i “nuovi conquistatori” di questo splendido paradiso nel sud degli Stati Uniti. Un paradiso che migliaia di anni prima (ancora quando noi Europei non sapevamo di volerlo colonizzare), era abitato dai Nativi, in questo caso la tribù dei Tequesta.

La città di Miami, almeno qualcosa è rimasto del loro sacrificio, prende il nome proprio dalla tribù dei Mayaimi, nativi americani che vivevano sulle rive del lago Okeechobee, oggi il Miami River. Nella parte nord del fiume, erano avvenuti i primi contatti tra i Nativi e gli Spagnoli, che nel tentativo di colonizzare l’area, s’insediarono lì con le prime missioni ma se ne andarono vista la totale indifferenza alla conversione del popolo Tequesta. In futuro ci fu il passaggio della Florida (che mi piace ricordare sempre, era dei Nativi), dagli Spagnoli alla Gran Bretagna.

Ci si rende conto solo maturando (almeno io) della bellezza che comporta lo studio della storia, di chi è vissuto prima di noi e delle azioni che hanno portato a vedere il mondo così come lo viviamo oggi. L’ultima cosa che ti può venire in mente, mentre scendi dall’aereo a Miami, sono gli indigeni che vivevano in queste terre, presenti 10mila anni fa. I villaggi sulle rive del fiume, pinete, animali selvatici (che in Florida sono ancora ben presenti).

Quindi cosa succede a tutti noi, agli Europei “vecchi conquistatori” e anche a quelle persone che considerano questa città affacciata sul mar dei Caraibi, frivola e priva di cultura, quando nel pieno di un inverno, nebbia, pioggia e freddo, arriva un amico che dice: “E se andassimo a Miami”? Le reazioni che ho visto negli anni vanno da: “Siii, caldo, le palme (che sarà anche banale ma sono i miei alberi preferiti), sento già le ossa scaldarsi, mi riposo, mi faccio coccolare, i locali, il glamour, le feste e, attenzione, no, io mi annoio. Ma come? Miami è come un classico, non puoi sbagliare. È come quella maglietta o top estivi che ti metti e sai che non sbagli mai. C’è tutto quello che vuoi, solo che non lo sai.

A proposito di top, meritano una menzione ad honorem, gli “splendidi” e le “splendide” del volo per Miami, che a dicembre o gennaio, sono in aeroporto a Milano (per menzionarne una) in maglietta, cappellino, sabot di Gucci con pelo (che tengono d’inverno i piedini scalzi caldi) e immancabili occhiali da sole. Mi ricordo quella volta che salendo in aereo, in coda, una ragazza si lamentò del freddo che faceva vicino alla porta dell’aereo. Nevicava e piccoli fiocchi di neve entravano dal lato del finger (quel tubo che attraversiamo dal gate all’aereo) e si poggiavano delicatamente sulla sua spalla scoperta da uno splendido top di Gucci. Ma ancora poche ore e chi avrebbe avuto ragione?

Downtown, South Beach, Little Havana ma c’è un altro quartiere degno di nota, un quartiere meraviglioso che negli anni, come tutte le zone industriali è rinato: ”Wynwood”. Ci sono andato una sera a trovare un amico che ha aperto il locale “Astra”, dal cui terrazzo si vede downtown al tramonto. Un po’ di vita mondana ogni tanto ci vuole e il fatto che sia nel nuovo quartiere artistico e culturale di Miami è ancora più accattivante. Street art, graffiti e murales sono la regola. Gallerie d’arte, musei, bar, cafes e creatività, sono il cuore di questa zona. Una vera e propria Galleria all’aperto, con locali alternativi e “vivi” come piacciono a me e guarda un po’ chi trovo: ”la ragazza del top”! Com’è piccolo il mondo, lei chiaramente non ha la più pallida idea di chi io sia.

Dalla spiaggia al museo dedicato all’Olocausto (appunto l’Holocaust Museum), da un boccone a Little Havana o a South Beach seduti al bancone di Puerto Sagua al Moca, il museo d’arte contemporanea, dallo Shopping al Miami auto Museum dove trovate le più belle macchine americane. Poi potreste noleggiarne una e guidare giù, per la Overseas Highway, fino alle Florida Keys, con Key West e da lì, salutare Cuba.

Chissà cosa direbbero oggi, i Mayaimi, nel vedere le rive del loro fiume e la costa, dominati da grattacieli di vetro, motoscafi sfreccianti, lusso e movida, in quello che oggi è un altro tipo di paradiso, quello del divertimento mondiale.

“Welcome to Miami, Bienvenido a Miami”.

Andrea Colombera