Quindici giorni fa mi è capitato un giro in Vespa in una delle location più belle del Veneto: l’Alta Marca Trevigiana.
Il Presidente della Regione Veneto Zaia sarà felice ma io non posso accontentarmi, quindi ho fatto un po’ di domande al mio gentile accompagnatore, vespista incallito di anni 46 che chiameremo Marco, un po’ perché è il suo vero nome (ciao Fracca!) un po’ perché mi gira così.
Mi ha fatto scoprire una subcultura che non conoscevo e che condivido con piacere con voi.
Quando nasce e come si sviluppa questa tua passione per la Vespa?
Credo che, se tu faccia queste domanda a cento vespisti diversi, è probabile che tu abbia cento risposte diverse!
Personalmente la mia passione si sviluppa veramente da molto, molto piccolo: avevo cinque, sei anni quando mio papà mi portava in giro per le colline con la sua Vespa Super degli anni ‘60 e quindi ce l’ho sempre avuta nel cuore. Poi, quando andavo a trovare i parenti, ce l’aveva anche mio zio e facevo giri anche con lui.
Purtroppo non ho mai avuto il motorino, la mia famiglia non era ricca e non mi ha regalato il motorino a sedici anni; io non sono mai stato abbastanza dotato di denaro per comprarmela, quindi la mia prima Vespa arriva più tardi. Quella che ho tutt’ora l’ho comprata nel 2000 e qualcosa… nel 2005 mi pare, non ricordo più, comunque un bel po’ di tempo fa, però tardi rispetto alla possibilità di possederne una, insomma, perché avevo già più di 25 anni. Quindi la passione è nata grazie al babbo e si è sviluppata con il parentado e poi con gli amici, perché comunque la zona del Trevigiano è molto florida, basti pensare che una quindicina d’anni fa, una ventina d’anni fa, è stato organizzato anche un importantissimo evento, il World Vespa Week: pensa, un raduno mondiale organizzato a Treviso! Tutt’ora dicono che sia stato quello meglio organizzato.
Come sono regolati e cosa fanno club e associazioni in Italia?
Ci sono due grosse macro categorie, ovvero chi appartiene a un percorso subculturale come Mod o Skin, dalle cui radici derivano anche gli “scooter boys”, gente che alla fine degli anni ’70, primi anni ’80, figli della musica e della moda anglosassone di quel periodo hanno sposato o avevano già la passione per la Vespa, o comunque hanno sposato anche la passione per la Vespa e hanno preso uno stile molto riconducibile a quello inglese; negli anni ‘80 in Inghilterra voleva dire avere per forza una Vespa o una Lambretta e quindi chi fa parte di tutta quella corrente, di quello stile, di quel modo di vivere, ha una visione di respiro ambientalista.
Chi non fa parte di quella schiera ha un altro modo di vivere le cose. Ci sono queste due macrocategorie che sono, appunto, i Vespa Club, strettamente legati al Vespa Club Italia, che nasce tantissimi anni fa: è quello più radicato e longevo, raccoglie persone più legate alla Vespa originale, alla tradizione, alla viteria originale, al colore originale, al registro storico, alla Targa d’Oro e a manifestazioni che sono molto family friendly; organizzano gare con regolarità, fanno tanti chilometri. Non sto dicendo che sia gente sprovveduta o che siano attendibili o meno. È un modo di concepire la Vespa più sportivo, più pulito, più tranquillo.
Poi c’è invece la parte “scooter boys”, rubando purtroppo un termine inglese, dove abbiamo un altro grosso gruppo che nasce dalle ceneri della Federazione Scooteristi Italiani Associati, se non sbaglio, e raggruppa gente che appunto arriva più dalla subcultura Mod, Skinhead, eccetera che, oltre allo scooterismo, ha altre passioni: musica, look o un determinato atteggiamento che non poteva esprimere all’interno del panorama punk.
Quindi, parallelamente, c’è questa realtà che dai primi anni ‘80 organizza raduni ed eventi in maniera molto più forte, più “ruvida”, gente che fa raduni di più giorni, sta fuori la notte, si ubriaca ascoltando musica ska, punk, northern soul. È un approccio più ribelle, meno classico, c’è più fermento, più vita, a mio parere.
Vuoi per educazione, vuoi per scuola, vuoi per attitudine, vuoi per amicizie, io mi sono avvicinato più a questo secondo gruppo, pur non essendo iscritto e pur vedendone tanti limiti e tante pecche, anzi, detto fra noi, a volte mi fanno un po’ ridere, però insomma, onore e merito a tutto quello che hanno fatto e costruito.
La Vespa è un mezzo palesemente vintage, perché sceglierla al giorno d’oggi?
Oggi come oggi non saprei. Io l’ho scelta vent’anni fa e credo che sia il fascino del classico. Un po’ come vedere un’auto d’epoca, una moto d’epoca, insomma. Personalmente, ma è una questione di gusti, credo che un vecchio Maggiolone susciti in tante persone sensazioni diverse rispetto a una nuova Golf o a un Maggiolone di quelli nuovi, o anche la Cinquecento nuova che, per carità, è un’utilitaria validissima, ma una “500” vecchia ha un profumo, una storia, un una poesia che è completamente diversa.
Credo che tanta gente sia affascinata soprattutto da tutti quei gruppi, sia quelli più classici sia quelli più sgangherati e più pazzi. Entrambi sono affezionati a un mezzo che nasce alla fine degli anni ‘50, anzi alla fine degli anni ’40… se non erro la prima Vespa era la “Vespa ‘48” quindi stiamo parlando di molto tempo fa. Gente che è legata al percorso storico del veicolo, ma credo che tutti gli appassionati di auto e moto d’epoca vivano questa sensazione.
Difficile dire perché scegliere oggi un mezzo simile. Io non credo riuscirei a essere sereno e a vivere determinate emozioni in sella a uno di questi “scooteroni” di plastica moderni, senza marce, dove acceleri e vai quasi come fosse un videogioco. C’è un sapore completamente diverso. C’è a chi piace e a chi no, insomma, ma questo è il mio punto di vista.
Beh, non mi resta che ringraziare l’amico Fracca per la scorribanda a base di birre e Vespa (bevete responsabilmente e non mettetevi alla guida con un grado alcolico superiore alla legge, mi raccomando) e rimandarvi alla prossima puntata della rubrica!
Anna Castelli
Photo Credits: Alexander Schimmeck su Unsplash