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La Comare

Recita il Dizionario: Donna del vicinato, legata da rapporti di lunga amicizia o consuetudine, talvolta dispregiativo, con allusione diretta alla banalità e alla prolissa loquacità di tali rapporti.

La comare è una figura femminile frequente in Italia, con maggior diffusione nei paesi del sud, comunque in quei paesini sperduti dove non vi sono grandi spunti di svago e dove la povertà limita la capacità organizzativa degli abitanti in merito a feste ed eventi che, tuttavia, si svolgono in occasione di particolari ricorrenze (il Santo Patrono, raccolta della frutta, del grano, legumi, insediamento del nuovo Sindaco, anniversario storico, etc.).

Le usanze alquanto arcaiche di questi luoghi incontaminati vedono l’uomo lavoratore impegnato fuori casa per dodici-quindici ore al giorno, intento nella propria attività produttiva, la donna incaricata di accudire casa e allevare la prole, accompagnare i figli a scuola per poi andare a riprenderli, fare la spesa, preparare da mangiare per tutti, disbrigare le faccende di casa, insomma l’Angelo del focolare domestico a tempo pieno. Ma la consumata abilità e destrezza di queste donne fa sì che svolgano tali compiti in tempi record, cosicché riescono a ritagliarsi quelle due o tre ore al giorno di tempo libero per dedicarsi all’hobby preferito e imprescindibile. Quale?  La TV? no, perché non ce l’hanno. Lo shopping? No, il paese è rurale e non vi sono negozi fashion né esposizioni consumistiche. Il cinema? No, perché il parrocchiale proietta solo di sabato sera la stessa pellicola per sei mesi di seguito. Niente di tutto questo. La spazio quotidiano tanto atteso è previsto alle 16 in Piazza Centrale, non lontano dalla Chiesa del Borgo: il mega raduno delle comari. Le signore si dispongono in circolo al centro della piazza. Il cerchio si allarga sempre più man mano che le donne giungono dai diversi punti del paese.

– Avete saputo di Antonio, il fornaio? – esordisce Luisa, la più grande, più chiacchierona e malalingua di tutte e sempre la prima ad arrivare e ad “iniziare le danze”.

– Antonio? quello che ha sposato la “straniera” 15 anni più giovane di lei? – chiede Mariangela, avanzando un velato giudizio, quasi una previsione pessimistica – cosa gli è successo?

– Sì, lui! Cioè… Io non vorrei dire… meglio che non parlo! – replica Luisa, avanzando la sua preterizione e ostentando un inverosimile rispetto nei confronti della vittima designata, quindi aspettando il primo invito a continuare:  l’invito giunge puntuale e inesorabile:

– Daiiii su, racconta! Sappiamo mantenere un segreto, saremo mute come tombe! Che ha fatto Antonio? É sempre così compìto ed educato, un vero signore! – avanza l’invito Paola, sostenuta dal coro delle altre comari.

– Va bene, ma sia chiaro che io non v’ho detto niente! – ribadisce Luisa facendosi il segno della croce e alzando gli occhi al cielo, quasi a voler chiedere perdono per ciò che sta per dire – Ebbene amiche, Antonio va con la moglie di Giuseppe, il verduraio!

– Davverooo? Ma chi? Vanda  la smorfiosa, che la da a tutti perchè il marito più non offre? – spettegola Vittoria, curiosa, servendo causa ed effetto su un vassoio d’argento

– Proprio lei! – conferma Cristina – Li ho visti che camminavano fianco a fianco ieri sera in passeggiata, si scambiavano ampi sorrisi poi sono entrati al bar di Giacomino e lui le ha offerto una zuppa inglese e un tè!

– E allora? – chiede stupita Maria, la più timida e meno maligna – tutto qui? Non ci vedo niente di male!

– Sei proprio ingenua Maria – commenta Franca ridendo – stamattina in negozio ho visto che lei ammiccava e lui le strizzava l’occhio: sono amanti!

– Non ci posso credere! il mondo va al contrario, non ci sono più le persone oneste – aggiunge un’altra

– Che tristezza quella povera moglie, perderà l’autostima. Poveri figli! verranno ridicolizzati – continua un’altra ancora.

Come un incendio divampa l’insano pettegolezzo, si spande su fatti e personaggi ai danni di illustri conosciuti. Il gruppo di comari nel frattempo si infoltisce e le ultime arrivate vengono via via aggiornate sugli avvenimenti più recenti.

Ma la giornata volge al tramonto e, ad una ad una, le donne si congedano per rientrare alle proprie abitazioni, in tempo per assolvere i rimanenti doveri casalinghi della giornata.

Il vuoto lasciato da ognuna viene presto chiuso dal cerchio chiacchierante che si ricompatta e non perde occasione per gettare fango sulla comare appena fuoriuscita:

– E questa che ha parlato, ma chi si crede di essere? Sputa veleno e giudica sulle persone quando lei si faceva il droghiere mentre la moglie partoriva in ospedale! – Tuona Luisa, la “capo-comare“, allorché Donatella si è allontanata a una distanza tale da non poter sentire. Il chiacchiericcio comaresco riprende senza sosta su vizi nascosti, manifesti ancorché inventati, della povera Donatella. Analogamente viene tacciata ogni comare “colpevole” di abbandonare il gruppo anzitempo, secondo i canoni vigenti  e mai sanciti. Allorché il crepuscolo subentra al tramonto le chiacchiere viaggiano a velocità sempre più sostenuta,  il gruppo si sfoltisce sempre di più, il cerchio si stringe assumendo via via forma geometrica poligonale decrescente nel numero dei lati, fino a far quadrato con le quattro comari d’apertura. Sono le diciannove, orario vicino al limite massimo cui possono spingersi le faccendiere, ma nessuna di loro vuole abbandonare il campo, conscia di essere il prossimo bersaglio di critica post-abbandono.

Le diciannove e dieci.

– Beh, si è fatto un po’ tardi… che dite? – Maria avanza l’idea di sciogliere il gruppo, confidando in un consenso collettivo

– Ma no è ancora presto per noi… – risponde Luisa con decisione, bleffando spudoratamente.

Passano altri cinque minuti e Maria deve cedere. Saluta e si congeda anche lei. Lentamente si allontana, cercando di captare eventuali voci sul suo conto. Raggiunge la distanza limite-udito e, appurato che le confabulazioni comaresche non la riguardano, accelera finalmente il passo verso casa.

Ma le tre comari superstiti, attente, non appena Maria supera la “distanza di sicurezza”, in coro:

– E proprio lei ha parlato!

Poi riprende l’assolo di Luisa:

– Visto? La santarellina finta ingenua? La moralista, zitta zitta, veste tutta attillata, tacchi a spillo, labbra sensuali con rossetto alla Marilyn Monroe, trucco forte, passeggiando lungo la via centrale del Borgo per far sbavare i nostri mariti! Alla gogna dovrebbe essere messa, lei e i suoi “che male c’è” !

Fra una sparlata e l’altra l’orologio del campanile batte inesorabile sette rintocchi grandi e due piccoli. Per le tre comari è l’ora di rientrare senza altri indugi, ma nessuna di loro ha il coraggio di sganciarsi per prima dal triangolo: le altre due avrebbero di che sparlare alle sue spalle. Finché fra due comari scatta l’intesa da uno sguardo complice:

– Beh amiche, è stato un grande piacere si sta facendo buio e il mio maritino sta per rientrare. Se non gli avrò preparato la cena per le venti sarà furioso. Ma ho ancora tante cose da raccontarvi, non vorrei interrompere il discorso e lasciarvi da sole e…

– Non preoccuparti Mariangela, vengo via pure io, facciamo la stessa strada, così ci facciamo compagnia, ciao Luisa, a domani!

Le due comari complici così si tirano fuori dall’impiccio. Durante il cammino del ritorno avranno modo di sparlare della capo-comare rimasta orfana in piazza, bocca ancora aperta, sorriso calante, mentre saluta mestamente rassegnata. Luisa volta loro le spalle, inizia il cammino testa bassa verso il casolare, ma non ha un marito e dei figli che l’aspettano e nemmeno appetito. Indugia su un pensiero: “Codarde! Temevano sparlassi di loro, linguacciute come serpenti! Ma non possono sparlare di me, sono immacolata!”. Vorrebbe seguirle e origliare a distanza, ma la sua abitazione è dalla parte opposta del paese e il buio incombe. Anche in un paese tranquillo, una donna non circola mai da sola quando è buio, soprattutto una zitella. E il pericolo non è il vile potenziale aggressore, ma le malelingue che osservano dalla finestra e che domani inventeranno una storia sulla passeggiatrice notturna, e questo, per una comare incallita, è il peggior incubo.

“Chi parla male degli altri con te, parlerà male di te con gli altri”, recita un proverbio di mia invenzione, forse sulla falsariga di mille altri proverbi simili. Nei paesini dove l’ignoranza regna sovrana succede spesso, specialmente nel Sud-Italia, dove le aberrazioni di tale fenomeno giustificano perfino il delitto d’onore. Ma non succede solo nei paesini: la necessità di spettegolare e mettere in cattiva luce gli altri per invidia, gelosia, esibizionismo e quant’altro non è mai stata soffocata né dalla cultura né dal progresso: oggi il pettegolezzo e le malelingue regnano disturbanti e indisturbati su un palcoscenico che amplifica tale fenomeno a dismisura: il Social Networking.

Vincent

Scrittore, Musicista, Informatico